Puigdemont risorge nel Parlamento dei deputati-carcerati
Invito al dialogo Il risultato delle urne permette al presidente di tornare al potere Il premier invitato a Bruxelles prende tempo: “Parlerò solo con il leader della Generalitat”
Isondaggi sul voto catalano erano incerti fino alla fine, poiché elaborati in una situazione eccezionale per le condizioni anomale di una parte dei candidati indipendentisti in prigione o a Bruxelles. Alla fine, il quadro che ne è uscito conferma i rapporti di forza delle elezioni del 2015, con analoghe percentuali di voti su un elettorato cresciuto fino a quasi l’82%: il 47,5% per lo schieramento indipendentista – Junts per Catalunya, Esquerra Republicana e la Candidatura d’Unitat Popular – con oltre 2 milioni di voti, contro il 43,5% del blocco costituzionalista – Ciutadans, Psc e Pp - per circa 1.890.000 voti. Nel mezzo, Catalunya en Comú con una percentuale del 7,5% per oltre 320 mila voti e 8 seggi, un risultato che non consegna loro alcun ruolo attivo nella formazione del governo. Soprattutto, il blocco di liste repubblicane, con 70 scranni, ottiene la maggioranza assoluta dei seggi. Una sconfitta senza appello per il Partido Popular e per Rajoy che ha applicato e fatto campagna sull’articolo 155 della Costituzione, commissariando la Generalitat catalana dallo scorso 27 ottobre.
ALL’INTERNO del blocco repubblicano, i rapporti di forza s’invertono rispetto alle previsioni e favoriscono JxCat, che guadagna 34 scranni: è passato il messaggio del ripristino delle istituzioni catalane e del ritorno del presidente legittimo su cui Puigdemont aveva incentrato la sua campagna; Esquerra realizza il suo migliore risultato ma si ferma a 32 seggi, risultando però decisivo nelle aree urbane. Insieme, le due liste totalizzano 66 seggi contro i 62 di Junts pel Sí del 2015. La CUP patisce la concentrazione del voto indipendentista sulle due liste principali e si ferma a soli 4 seggi, perdendone 6. Il partito di Arrimadas, Ciutadans, diventa prima forza politica, d’altronde era già il primo partito di opposizione, con oltre un milione di voti e 37 seggi. I socialisti catalani crescono ma al di sotto delle aspettative, con poco più di 600 mila voti e 17 seggi, perdendo la sfida che si erano proposti con la formazione arancione. Grande sconfitto è il Partido Popular che cede gran parte del suo elettorato a Ciutadans aprendo un’inedita competizione a destra e totalizza 184 mila voti, ottenendo 3 seggi che non gli sono sufficienti neppure per costituire un gruppo parlamentare.
“La Repubblica è tornata a vincere le elezioni – afferma Rovira, numero due di Esquerra , il giorno dopo –. Oggi la pressione è sul governo spagnolo, sulla Procura, sul Tribunale Supremo”, in riferimento agli eletti costretti in carcere o a Bruxelles. Mentre Arrimadas festeggia la vittoria alle elezioni “per la prima volta in Catalogna un partito costituzionalista”, vittoria che non le servirà per diventare presidente, mancandole i voti necessari. Sarà il o la presidente del Parlamento eletto nella sessione inaugurale a fare le consultazioni e proporre il candidato alla guida della Generalitat.
PUIGDEMONT può essere eletto perfino senza ricorrere alla maggioranza assoluta dei voti: ieri ha adombrato la possibilità di un governo anche solo con Esquerra e l’astensione della CUP, che faciliterebbe un ragionamento di costruzione della repubblica fondato sul dialogo con lo Stato spagnolo, che JxCat e ERC propongono nei loro programmi elettorali. “Il 155 ha perso il plebiscito – afferma Puigdemont –. Sono disponibile a incontrarmi con Rajoy a Bruxelles o in qualunque altro posto che non sia lo Stato spagnolo, per una riunione senza condizioni”. Gli risponde Rajoy: “Al più dovrei incontrarmi con chi ha vinto le elezioni, che è la signora Arrimadas”. E aggiunge: “Dovrò parlare con chi eserciti la presidenza della Generalitat, una volta che sia eletto”.
Scappatoia politica
Il capo dell’esecutivo aveva sostenuto di voler parlare solo con la centrista Arrimadas