Ecco la carta d’identità di Gesù: cosa c’è di sicuro e cosa manca
Se, per usare un espediente anacronistico, dovessimo compilare, in base alla documentazione più antica, la “carta d’identità” di Gesù, che cosa scriveremmo? Le note mancanti, o almeno incerte, non sarebbero poche.
Nome. Il nome biblico di riferimento è Yehoshua, Giosuè, che significa “il Signore salva”. Da qualche secolo in ambito ebraico si è però soliti impiegare la forma ridotta Yeshua. Secondo Matteo, un angelo disse in sogno a Giuseppe di chiamare Iesús il figlio che stava per nascere da Maria, “egli infatti salverà il popolo dai suoi peccati” (Matteo 1,21). La missione di Iesús è, quindi, legata strettamente al senso contenuto nell’etimo del suo nome.
Nato il. La data tradizionale posta nell’anno 1 dipende dai calcoli del monaco Dionigi il Piccolo (V-VI secolo) che propose di enumerare gli anni non già dalla fondazione di Roma, bensì dalla “Incarnazione del nostro Signore Gesù Cristo”, da lui fissata nel 753 ab Urbe condita. La datazione suscita parecchi problemi. Se si tiene conto dell’affermazione di Matteo (peraltro storicamente non certa), stando alla quale la nascita di Gesù avvenne durante il regno di Erode il Grande (morto nel 4 a.C.), la data va anticipata di vari anni.
A Betlemme. La nascita fissata in questa cittadina non lontana da Gerusalemme dipende da due diverse costruzioni teologico-storiche, proposte da Matteo e da Luca; in entrambe si nota la difficoltà di raccordare la nascita betlemita di Gesù con la sua origine familiare collocata nel villaggio di Nazaret in Galilea.
Cittadinanza. Gesù non fu cittadino romano. Lo dimostra, tra l’altro, la sua morte in croce, pena non ebraica che i romani non applicarono mai a chi godeva della loro cittadinanza (secondo la tradizione, Paolo, che era cittadino romano, fu decapitato). Luca afferma che la giurisdizione su Gesù, in quanto galileo, riguardava più direttamente Erode Antipa, tetrarca della Galilea (Luca 23,7). Residenza. Sia i Vangeli sia le ricostruzioni storiche concordano nel ritenere che la vita pubblica di Gesù sia stata caratterizzata da continui spostamenti da una località all’altra. La sua fu una predicazione itinerante.
Stato civile. Secondo la successiva codificazione rabbinica, siccome lo sposarsi costituisce l’adempimento di un precetto biblico (Genesi 2,24), nessun celibe poteva ricoprire il ruolo di maestro; tuttavia non è detto che ciò valesse per epoche precedenti. Al tempo in cui visse Gesù erano presenti forme di celibato, non di rado temporaneo, praticate o al fine di mantenersi nella condizione di purezza rituale (è il caso della comunità di Qu mran) o in chiave profetico-escatologica (si pensi a Giovanni Battista o a Paolo di Tarso). Le illazioni che parlano di rapporti sessuali tra Gesù e Maria Maddalena sono sprovviste di fondamento storico.
Professione. Stando ai Vangeli le attività più qualificanti di Gesù furono: annunciare il vangelo del regno (nel cui ambito si colloca pure la sua attività di maestro), compiere guarigioni e scacciare i demoni. Il termine “professione” va inteso in modo lato; per questa sua attività Gesù non percepiva alcun compenso. Il suo sostentamento dipendeva dall’ospitalità. Luca parla di un gruppo di donne che lo aiutavano con i loro beni. Se gli sono state attribuite attività artigianali nella prima parte della sua vita svoltasi a Nazaret è per via dell’amplificazione dell’affermazione evangelica in base alla quale i suoi concittadini lo qualificarono “falegname” ( tékton) (Marco 6,3; Matteo 13,55 parla invece di “figlio del falegname”).
Statura. Nei documenti antichi manca ogni descrizione fisica di Gesù. Ricavarla dalla Sindone significherebbe dare per scontata l’autenticità di questo reperto, cosa tutt’altro che sicura. Certa è una tradizione antica, ripresa per esempio in Giustino Martire, secondo la quale Gesù era fisicamente brutto. Ciò spiega perché gli viene riferito un versetto di uno dei “Canti del Servo” contenuti nel libro di Isaia, stando al quale egli non aveva né apparenza, né bellezza (Isaia 53,2). La motivazione di ordine teologico potrebbe non riguardare l’effettivo aspetto dell’uomo Gesù.
Capelli. I testi non parlano né del loro colore né della loro lunghezza. Il fatto che siano fluenti alla “nazarena” dipende dall’assonanza con il termine “nazireo”, persona che, in virtù di uno specifico voto, non si taglia né barba né capelli (Numeri 6,5). Nella lunga storia dell’iconografia, il colore dei capelli è variato. Impossibile pensare a un Pantocratore bizantino con i capelli biondi o a un Cristo crocifisso di Giotto con una chioma non rossiccia. A questo proposito va ricordato che Davide, presentato dai Vangeli come antenato di Gesù, è apertamente descritto dalla Bibbia come
fulvo. Questo colore riferito a Gesù potrebbe, perciò, indicarne l’appartenenza alla stirpe messianica.
Occhi. Nei Vangeli troviamo alcune allusioni allo sguardo di Gesù, carico di intensità e affetto (Marco 10,21), mentre non si dice nulla del colore dei suoi occhi.
Segni particolari. Nel quarto Vangelo vi è un “segno particolare” che svolge una funzione decisiva, limitatamente però al contesto pasquale. Si tratta delle piaghe, che sono descritte, per ragioni teologiche, in relazione all’apparizione all’apostolo Tommaso (Giovanni 20,27). Per questo non possono essere considerate una caratteristica fisica ed essere accolte entro una “carta di identità”, per quanto metaforicamente intesa.
Le indicazioni che ci fornisce il documento immaginario ora proposto, risentono di un approccio storico che cerca, in base a un esame critico delle fonti, di ricostruire i tratti peculiari dell’ “uomo Gesù”. I Vangeli intesi in senso proprio non sono mossi da questa preoccupazione; molte caselle dell’ipotetica “carta di identità” sono rimaste vuote. I dati provengono, per limitarci ai Vangeli canonici, da quattro distinte “anagrafe”. I racconti evangelici sono prodotti all’interno delle comunità primitive per fissare per iscritto alcune memorie della vicenda pubblica di Gesù, iniziata con la proclamazione della vicinanza del regno di Dio e conclusasi con la morte in croce e la resurrezione. Ciò riguarda soprattutto i tre Vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca), mentre nel Vangelo di Giovanni la prospettiva pasquale articola il racconto fin dall’inizio. Per questo gli svolgimenti narrativi dei Sinottici e del quarto Vangelo dall’altro sono incompatibili. Non siamo di fronte a documenti storici nel senso moderno del termine. I Vangeli sono racconti biografici sui ge
neris, sorti nell’ambito delle varie comunità per comprendere più a fondo la vita e gli insegnamenti della persona posta al centro della fede. I ritratti di Gesù a noi giunti sono quantomeno “quadriformi”.
LE FONTI I Vangeli sono racconti biografici sui generis, sorti nelle comunità per comprendere più a fondo la vita e gli insegnamenti della persona pubblica di Cristo, ma sono pieni di lacune sui dettagli