IL PAPA NON HA OSATO SFIDARE MEDJUGORJE
Bosnia. Dopo la decisione dell’arcivescovo di Varsavia le diocesi sono autorizzate a organizzare pellegrinaggi ufficiali. Realpolitik vaticana
Alcunigi orni f al’ inviato del papa aMedjugorje,l’ arcivescovo di Varsavia Hoser, ha dichiarato che d’ora in poi il culto legato alle apparizioni mariane nella cittadina dell’Erzegovina è “autorizzato”, che esso non è “proibito e non deve svolgersi di soppiatto”. Le diocesi, le parrocchie e le altre organizzazioni cattoliche sono quindi autorizzate a organizzare pellegrinaggi ufficiali.
QUESTO annuncio, anche se in sordina, in assenza di un solenne pronunciamento vaticano sull’autenticità delle apparizioni, pone termine alla lunga stagione di incertezza iniziata nel lontano 1981. Medjugorje entra dunque a far parte, a pieno titolo, dei santuari mariani ufficiali, accanto a Lourdes, a Fatima e a tutti gli altri. Con una peculiarità: che nella cittadina erzegovina e negli altri luoghi dove risiedono i veggenti la Madonna non ha ancora smesso di apparire quotidianamente, che non si tratta cioè di un fenomeno storico, concluso e solo rievocato, ma di un cratere aperto, dal quale
MEDJUGORJE è una città in Bosnia Erzegovina. È stata luogo di pellegrinaggio cattolico in seguito a un'apparente apparizione della Vergine Maria sulla Collina delle Apparizioni nel 1981. Ci sono due statue, una della “Regina della Pace” a segnalare il sito della prima apparizione e una davanti alla Chiesa di San Giacomo
ogni giorno eruttano proclami apocalittici, scenari catastrofici, durissime sentenze di condanna per il mondo secolarizzato che ha dimenticato la virtù dell’obbedienza all’Altissimo.
LA DECISIONE non stupisce. Era stata preceduta, nei mesi passati, da alcune dichiarazioni dello stesso Hoser, cioè dell’inviato del Papa, che facevano chiaramente presagire la direzione intrapresa da Roma. In secondo luogo, essa appare come la più ragionevole sul piano di una cinica realpolitik: scegliere un finale diverso avrebbe infatti significato offendere irreparabilmente la sensibilità di quei milioni di bravi fedeli cattolici, inclusi tantissimi preti, che negli ultimi 37 anni hanno raggiunto la piccola località tra i monti dell’Erzegovina per assistere allo straordinario spettacolo delle apparizioni e di tutti i loro “magici” corollari.
Per stoppare davvero Medjugorje sarebbe stato necessario reprimere il fenomeno molto tempo fa, dichiararlo senza mezzi termini una truffa, un falso, una montatura. Un’azione del genere avrebbe riscosso l’entusiastica adesione di molti cattolici assai scet- tici su quella Madonna così chiacchierona e dei vescovi e della diocesi di Mostar che, con impressionante costanza, combattono il fenomeno dal suo principio.
NON STUPISCE ne mme no l’implicito sostegno di Francesco. È vero che il papa si era espresso, circa due anni e mezzo fa, in un modo che faceva pensare a una sua grave perplessità sull’autenticità di quel che succedeva a Medjugorje. Ma si era trattato in definitiva solo di una battuta, di una di quelle dichiarazioni da Twitter che caratterizzano buona parte dello stile comu- nicativo del papa.
Ormai le conosciamo e sappiamo che non vanno preso troppo sul serio, che a esse non seguono mai dei fatti concreti. È anche vero che Medjugorje è la capitale del cattolicesimo più cupo, fosco e violento, quello che non ricorre tanto spesso alle parole misericordia, perdono, amore, paradiso, preferendogli di gran lunga quelle di peccato, colpa, punizione, inferno.
In questo senso, si tratta di un luogo distante dalla sensibilità personale del papa, il quale, però, lo sappiamo, ha scelto di praticare la “politica del l’amic izia” verso chiun- que, cioè di estendere il più possibile i confini dell’inclusione ecclesiale, accogliendo a braccia aperte nella sua Chiesa tutti coloro che chiedono di farvi parte. Questo fa sì che egli abbia scelto di fatto di non avere una linea, di non varare nessuna riforma, di paralizzare la Chiesa, per timore di scontentare qualcuno, per paura che qualche pecorella incazzata possa abbandonare il recinto.
C’È TUTTAVIA anche da constatare che il papa è in ogni caso, da sempre, un tifoso sfegatato di ogni forma di religiosità popolare, e cioè di processioni, adorazioni eucaristiche, pellegrinaggi, eccetera. Ed è un grande amico e sostenitore del movimento carismatico, che da molti anni, insieme ad altri gruppi, anima Medjugorje, avendovi trasferito la propria religiosità premoderna e “spumeggiante” fatta di miracoli, visioni, esorcismi, apparizioni, estasi e via discorrendo.
È questo il popolo che Bergoglio ama di più, quello con cui si identifica maggiormente, quello, povero o poverissimo (soprattutto di strumenti culturali) al quale rivolge in prima istanza i suoi messaggi sociali, il “popolo fedele” che vuole salvare dalla corruttrice società liberale e democratica, che rischia di provocarne l’emancipazione, facendogli smarrire la purezza di una devozione primitiva, semplice e “magica”.
Come egli stesso ha scritto, “il Magistero ci insegna chi è Maria, ma sono i fedeli a insegnarci come amarla”. Un’affermazione che a Medjugorje applaudirebbero tutti.