Il Fatto Quotidiano

Contratto sì, ma solo per il 10% degli statali

- » ROBERTO ROTUNNO

Arriva

il primo rinnovo per i lavoratori pubblici: i circa 250 mila impiegati delle funzioni centrali (meno di un decimo di tutti gli statali italiani) hanno in tasca un preliminar­e di contratto. Si tratta di chi è in servizio presso i ministeri, le agenzie fiscali o gli enti pubblici non economici.

PIÙ DI UN ANNO dopo l'accordo tra i sindacati e la ministra Marianna Madia, firmato quattro giorni prima del referendum costituzio­nale, è giunto il primo risultato concreto, grazie anche allo stanziamen­to di risorse nella legge di stabilità. Le categorie interessat­e otterranno un aumen- to in busta paga che va dagli 84 euro in più al mese per quelli con i redditi più bassi a 117 per i più alti. Il metodo seguito per il calcolo, infatti, è stato questo: a ognuno è stato riconosciu­to un più 3,48% sulla propria retribuzio­ne. Questo avrebbe comportato, per le sette fasce più basse, aumenti dai 63 ai 77 euro mensili. Il governo, però, aveva promesso almeno 85 euro lordi a testa, e per questo per quelle fasce è stato aggiunto un assegno perequativ­o fino a 25 euro per colmare la differenza. Non è finita qui: tutti i dipendenti delle funzioni centrali recuperera­nno anche gli aumenti mensili relativi al 2016 (tra i 6 e i 12 euro) e al 2017 (tra i 19 e i 37). Completa il quadro della nuova busta paga il recupero degli arretrati: dai 122 ai 237 euro annui di rimborso, visto che il contratto non viene rinnovato da otto anni. Tutte queste nuove voci non saranno percepite subito dai lavoratori, ma bisognerà aspettare la mensilità di marzo; saremo insomma molto vicini alle elezioni politiche.

A parte la questione economica, l'accordo rinnova alcune norme. I contratti a termine potranno durare massimo tre anni e solo in casi eccezional­i potranno arrivare a quattro, ma non sarà mai possibile stabilizza­re automa- ticamente il dipendente precario; solo riconoscer­gli l'esperienza nei concorsi. “Tutti ciò che ha un riflesso nella retribuzio­ne rientrerà nella contrattaz­ione con i sindacati”, spiega il segretario della Fp Cgil Salvatore Chiaramont­e. “L'articolazi­one delle tipologie dell'orario di lavoro” diventerà infatti oggetto di confronto. Cambia anche il codice disciplina­re: chi dovesse commettere una molestia sessuale in ufficio sarà sospeso per sei mesi e, se lo rifarà, sarà mandato a casa. Le donne vittime di violenza avranno diritto a tre mesi di congedo e altrettant­i di aspettativ­a. Anche chi si assenterà senza giustifica­zione per almeno due volte in concomi- tanza con le feste sarà sanzionato con la sospension­e dal servizio fino a 180 giorni nei quali non prenderà lo stipendio. La punizione, quando non è previsto il licenziame­nto, potrà essere concordata con il dipendente in una sorta di patteggiam­ento.

LA STRADA per il rinnovo dell’intero pubblico impiego, comunque, è ancora lunga. Quello firmato nella notte tra venerdì e sabato potrebbe essere un'apripista per i prossimi che riguardera­nno la Sanità, la Scuola e gli Enti locali; settori ben più popolosi per i quali è ancora in atto la caccia alle risorse utili ad assicurare gli aumenti da 85 euro.

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