La vera rivoluzione passa dal saper chiedere scusa
Chiedere scusa, ammettere i propri errori e farsi da parte se si fallisce, sarebbe davvero rivoluzionario nella politica italiana. Permetterebbe quella igiene democratica che favorisce il cambiamento, il progresso. Del resto la politica dovrebbe essere scontro tra idee, non tra uomini o gruppi di potere. Quello è litigio, quello è competizione tra interessi egoistici. In questo sta il disastro di Renzi e del suo Pd. Hanno spaccato il paese, hanno spaccato il centrosinistra, hanno perso la scommessa riformista referendaria e oggi si ritrovano invischiati in meschine vicende politico-bancarie, i sondaggi li danno in picchiata, eppure si ricandidano tutti alle prossime elezioni come nulla fosse. Come se volessero usare il voto per dimostrare di avere ragione. Come se il Pd, come se l’Italia avesse bisogno di loro. Come se la loro carriera, il loro destino personale, valesse al punto da venire imposto nelle urne. In Italia è sempre successo così con politici che sono rimasti ai vertici delle istituzioni per decenni nonostante i risultati disastrosi. Personaggi che hanno ceduto solo quando il loro corpo gli impediva di procedere o qualche magistrato li ha incastrati. Colpa della cultura del potere come mezzo per la propria carriera o interessi e non come servizio verso gli altri. Un esempio terrificante è quello di Berlusconi, pregiudicato ultraottantenne ancora oggi sotto processo e dal curriculum politico imbarazzante che ci riprova, senza dignità, senza vergogna, privo perfino del senso del ridicolo. Gli serve la politica per i suoi processi, per le sue aziende, per i suoi sempiterni giochetti sporchi e insiste fregandosene perfino della sua attuale incandidabilità. Un caso patologico che finirà nei libri di storia come esempio delle squallide derive che le democrazie possono subire in mano a egoarchi criminali e senza freni inibitori. Si obietterà che c’è chi li vota, ma in un paese con la libertà di stampa da terzo mondo come il no- stro, dove vige il voto di scambio, dove i partiti blindano le liste elettorali e dove scarseggia la cultura democratica a favore di un anarchismo fazioso, un ruolo fondamentale per risanare la democrazia italiana spetta alle classi dirigenti, spetta ai politici che devono capire quando al di là del loro “giglio magico” danno più fastidio che altro alla comunità nazionale ed è meglio per amor di patria che lascino quando falliscono palesemente. Nessuno è indispensabile a questo mondo, figuriamoci nella politichetta italiana. Per questo i due mandati imposti dai Cinque Stelle sono essenziali, per uscire dal personalismo, per permettere che la politica torni a essere confronto tra movimenti e programmi e la svincoli dal misero destino personale dei politicanti. Renzi è ancora in tempo per non copiare il suo maestro Berlusconi almeno in questo e levarsi dai piedi.