La nascita di Gesù è la gioia infinita che invade il mondo
Il Natale oggi è amato e odiato, rimpianto e frainteso, e anche conteso tra simboli mondani della settimana bianca, dei regali, delle mangiate in famiglia e quelli religiosi del presepe, ormai in declino, e dell’albero di Natale, derubricato alla versione puramente decorativa e privato della memoria originaria di richiamo al segno fragile e lieve dell’albero della vita del nuovo giardino dell’Eden, di quel regno di Dio che in Gesù viene come un giardino, fiorito, fruttuoso e illuminato, rappresentato dai dolcetti appesi ai rami, le carte dorate e argentate che ricordano i doni dei magi, le palle di vetro colorato per accrescere la luminosità delle candele, simbolo di Cristo luce del mondo (Giovanni 9).
LA FESTA CRISTIANA riguarda ormai una minoranza della popolazione, ma resta “la” festa per definizione. È difficile, per il predicatore, non essere scontato, sfuggire ai luoghi comuni e non cedere alla retorica della critica anti-consumistica e della bellezza del “vero” Natale. Difficile ma non impossibile. Basta far parlare i testi biblici, valorizzare quelli e non altro. I testi dei Vangeli di Matteo o Luca restano inarrivabili nella loro semplicità ed effi- cacia, nella descrizione dello stupore per qualcosa di straordinario che avviene e che le parole umane non sanno bene come descrivere.
“Non temete – dichiara l’angelo ai pastori di Betlemme – perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il po- polo avrà” (Luca 2,10). Perché i pastori hanno timore dello splendore divino che li ha avvolti? Perché pensano, come molti, che l’avvento di Dio in terra sarà l’inizio del suo giudizio sulla terra. E chi potrà scampare dal suo giudizio? Ma l’angelo dichiara: Non temete! Dio, in Gesù, non è venuto sulla terra e non si è fatto uomo per cacciarvi all’inferno e tanto meno per questo motivo sarà crocifisso e morirà per voi, ma è venuto perché abbiate in lui “grande gioia”.
Una volta, in una predicazione di Natale, Martin Lutero disse: “Se vuoi dare una definizione appropriata di Cristo e rappresentare in modo opportuno chi e che cosa egli sia, allora considera con attenzione come l’angelo lo definisce e lo rappresenta qui: egli è e si chiama “grande gioia”. Coloro che intendono questa definizione in modo tale da dipingere Cristo nel loro cuore esclusivamente come pura gioia, sono i suoi discepoli veri e autentici... credo che il suo vero nome sia “grande gioia”.
Il Vangelo di Luca ci descrive infatti la reazione dei pastori e di Maria come una gioia, segreta e contenuta, pieno di stupore per ciò che Dio sta compiendo da- vanti a loro. Il cielo e la terra non sono oggi più lontani di quanto lo fossero quando i pastori udirono il canto degli angeli. Ancora oggi l’umanità è oggetto delle cure del cielo, come allora. Il cielo può esserci molto più vicino di quanto pensiamo nelle comuni attività della vita. Per questo il Natale è un invito a festeggiare non solo noi stessi – i nostri affetti, la gioia di rivedersi, riabbracciarsi e trascorrere insieme bei momenti conviviali – ma soprattutto Dio che in Gesù – nella sua vita, nel suo insegnamento, nella sua pratica di condivisione e di amore – è venuto a cercarci, per essere lui la luce e la guida della nostra vita.
ALLORA BUON NATALE, b uo n Natale ai poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli; buon Natale a quelli che sono afflitti, perché saranno consolati; buon Natale ai mansueti, perché erediteranno la terra, e a quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati; buon Natale ai misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta, e ai puri di cuore, perché vedranno Dio; buon Natale a quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio, e ai perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli (Matteo 5,3-10). *Moderatore della Tavola Valdese
Luca ci descrive la reazione dei pastori e di Maria come una felicità segreta e contenuta, piena di stupore per ciò che Dio sta facendo