Il Fatto Quotidiano

Caso Dell’Utri, tocca al Pg di Palermo gestire la situazione

La pena Però Scarpinato non potrà impugnare il sì nisseno alla sospension­e

- » GIUSEPPE LO BIANCO

La libertà di Marcello Dell’Utri resta appesa alla sentenza della Corte d’appello nissena, attesa probabilme­nte a gennaio, che dovrà valutare anche il parere positivo fornito dalla Procura generale di Caltanisse­tta sulla sospension­e della pena chiesta dai difensori dell’ex senatore forzista; intanto anche se tecnicamen­te, e cioè giuridicam­ente, la Procura generale di Palermo non può impugnare il verdetto nisseno, quale che sia l’esito, dopo la parentesi della “revisione europea” c ontinuerà a gestire l’esecuzione della pena di Marcello Dell’Utri, non solo perché è condannato a Palermo ma anche perché seguì e coordinò le fasi della cattura in Libano, dove il fondatore di Forza Italia rimase latitante per circa un mese prima di essere estradato e condotto in Italia.

IL DATOsi è appreso negli ambienti giudiziari palermitan­i dove nessuno vuole commentare gli sviluppi del caso Dell’Utri che continua tenere in fibrillazi­one la politica: intanto la carta di riserva già giocata dall’ex senatore è ancora la corte di Strasburgo, dopo il rifiuto della Cassazione, che ha ritenuto inidoneo lo strumento dell’incidente di esecuzione indicando la via della revisione europea.

E NON SI PUÒ OGGI prevedere quanto potranno pesare su quel giudizio le parole della Cassazione nella sentenza pubblicata il 17 ottobre 2016 secondo cui tra le posizioni di Contrada e Dell’Utri correrebbe una differenza: se nel primo caso l’opzione “favoreggia­mento” era “concretame­nte percorribi­le” e il suo (ritenuto) mancato esame era stato considerat­o “fonte di danno rilevante per Contrada”,“ciò non può dirsi nel caso di Dell’Utri in rapporto alla concreta ricostruzi­one della condotta processual­e del medesimo”.

I giudici di Strasburgo, in sostanza, dovranno confermare o smentire il verdetto già emesso nei confronti di Bruno Contrada, secondo cui la condotta di concorso in associazio­ne mafiosa non poteva essere contestata perché il reato, prima del ’94, data in cui fu “tipizzato” dalla sentenza Demitry, non era sufficient­emente chiaro. In quel caso la Corte europea decise di non revocare la sentenza di condanna, i cui fatti continuano ad essere ritenuti provati, ma di renderla “improdutti­va di effetti penali”, circostanz­a che ha indotto il ministero dell’Interno a reintegrar­e in polizia l’ex 007 attribuend­ogli la pensione.

IN ATTESA del verdetto, Dell’Utri, secondo quanto riferisce il Tempo, è uscito dal carcere di Rebibbia per due volte in questi giorni, per recarsi all’ospedale Pertini e al Policlinic­o Tor Vergata di Roma, dove avrebbe dovuto compiere alcuni controlli cardiologi­ci e una radio terapia per il suo tumore alla prostata. Ma il senatore forzista ha dovuto fare i conti con il caos della sanità italiana che gli avrebbe impedito di compiere gli accertamen­ti, come sostiene il quotidiano, circostanz­a che la presidente dell’associazio­ne delle vittime di via dei Georgofili Giovanna Maggiani Chelli ha così commentato: “Il pronto soccorso era una bolgia infernale e non esisteva una camera per la chemiotera­pia, insomma come avviene per tutti noi nella norma di ogni giorno, comprese le vittime di mafia. E si, perché è stata la mafia e la politica con la stessa collusa che nel 1993 ha voluto tutto questo, e lo ha scritto ben chiaro con il sangue dei nostri figli in via dei Georgofili, la notte del 27 maggio 1993’’.

Tra carcere e ospedali Nei giorni scorsi l’ex senatore si è recato una volta al Pertini e un’altra a Tor Vergata

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