Caso Dell’Utri, tocca al Pg di Palermo gestire la situazione
La pena Però Scarpinato non potrà impugnare il sì nisseno alla sospensione
La libertà di Marcello Dell’Utri resta appesa alla sentenza della Corte d’appello nissena, attesa probabilmente a gennaio, che dovrà valutare anche il parere positivo fornito dalla Procura generale di Caltanissetta sulla sospensione della pena chiesta dai difensori dell’ex senatore forzista; intanto anche se tecnicamente, e cioè giuridicamente, la Procura generale di Palermo non può impugnare il verdetto nisseno, quale che sia l’esito, dopo la parentesi della “revisione europea” c ontinuerà a gestire l’esecuzione della pena di Marcello Dell’Utri, non solo perché è condannato a Palermo ma anche perché seguì e coordinò le fasi della cattura in Libano, dove il fondatore di Forza Italia rimase latitante per circa un mese prima di essere estradato e condotto in Italia.
IL DATOsi è appreso negli ambienti giudiziari palermitani dove nessuno vuole commentare gli sviluppi del caso Dell’Utri che continua tenere in fibrillazione la politica: intanto la carta di riserva già giocata dall’ex senatore è ancora la corte di Strasburgo, dopo il rifiuto della Cassazione, che ha ritenuto inidoneo lo strumento dell’incidente di esecuzione indicando la via della revisione europea.
E NON SI PUÒ OGGI prevedere quanto potranno pesare su quel giudizio le parole della Cassazione nella sentenza pubblicata il 17 ottobre 2016 secondo cui tra le posizioni di Contrada e Dell’Utri correrebbe una differenza: se nel primo caso l’opzione “favoreggiamento” era “concretamente percorribile” e il suo (ritenuto) mancato esame era stato considerato “fonte di danno rilevante per Contrada”,“ciò non può dirsi nel caso di Dell’Utri in rapporto alla concreta ricostruzione della condotta processuale del medesimo”.
I giudici di Strasburgo, in sostanza, dovranno confermare o smentire il verdetto già emesso nei confronti di Bruno Contrada, secondo cui la condotta di concorso in associazione mafiosa non poteva essere contestata perché il reato, prima del ’94, data in cui fu “tipizzato” dalla sentenza Demitry, non era sufficientemente chiaro. In quel caso la Corte europea decise di non revocare la sentenza di condanna, i cui fatti continuano ad essere ritenuti provati, ma di renderla “improduttiva di effetti penali”, circostanza che ha indotto il ministero dell’Interno a reintegrare in polizia l’ex 007 attribuendogli la pensione.
IN ATTESA del verdetto, Dell’Utri, secondo quanto riferisce il Tempo, è uscito dal carcere di Rebibbia per due volte in questi giorni, per recarsi all’ospedale Pertini e al Policlinico Tor Vergata di Roma, dove avrebbe dovuto compiere alcuni controlli cardiologici e una radio terapia per il suo tumore alla prostata. Ma il senatore forzista ha dovuto fare i conti con il caos della sanità italiana che gli avrebbe impedito di compiere gli accertamenti, come sostiene il quotidiano, circostanza che la presidente dell’associazione delle vittime di via dei Georgofili Giovanna Maggiani Chelli ha così commentato: “Il pronto soccorso era una bolgia infernale e non esisteva una camera per la chemioterapia, insomma come avviene per tutti noi nella norma di ogni giorno, comprese le vittime di mafia. E si, perché è stata la mafia e la politica con la stessa collusa che nel 1993 ha voluto tutto questo, e lo ha scritto ben chiaro con il sangue dei nostri figli in via dei Georgofili, la notte del 27 maggio 1993’’.
Tra carcere e ospedali Nei giorni scorsi l’ex senatore si è recato una volta al Pertini e un’altra a Tor Vergata