Oltre il Tap: i comitati che sfidano i colossi
Inceneritori al gasdotto in Abruzzo
■ La sindaca di Sulmona si è dimessa in polemica con il governo che dichiara strategica la centrale a compressione nel suo Comune. Le battaglie locali sono 350
“Le mie dimissioni sono state una scelta politica, quella di un sindaco che viene a sapere dalla stampa che il Consiglio dei ministri ha adottato un provvedimento che in pratica mette la parola fine - manca solo un atto - a un procedimento iniziato 14 anni fa e che decreta la realizzazione di una centrale di compressione a gas della Snam nella mia città. Quella contro cui la popolazione, le amministrazioni e le associazioni si sono espresse in tutti questi anni”: Annamaria Casini ha formalizzato le sue dimissioni da sindaco di Sulmona il 27 dicembre dopo che l’ope ra ( che con il metanodotto compone un corridoio adriatico per trasportare il gas dall’Azerbaigian al Tap pugliese e verso il nord Italia e in Europa) è stata riconosciuta come strategica e autorizzata in via definitiva dal Consiglio dei ministri il 22 dicembre.
Vecchie e nuove battaglie (e numeri)
Venerdì, a Roma, altri 22 sindaci del territorio abruzzese l’hanno accompagnata a incontrare un dirigente di palazzo Chigi. “Non mi hanno lasciato sola - spiega -. La comunità tutta si è stretta attorno a me e ha colto il segnale che ho voluto lanciare: era necessario per tenere accesa l’attenzione sulla questione”. A Melendugno, in provincia di Lecce ( dove c’è l’approdo italiano della Tap), otto sindaci della zona hanno presentato un esposto alla Procura per cercare di riaprire un procedimento archiviato su presunte irregolarità autorizzative che riguardano i cantieri. Sono di inizio dicembre, invece, le notizie dai No Tav: sui loro comunicati si legge “26 anni di legittima difesa”. Sono gli attivisti che si oppongono alla realizzazione delle linee ferroviarie ad alta velocità, in particolare nei cantieri della Torino-Lione. L’ultima manifestazione, il 9 dicembre: in duecento hanno partecipato a un blitz al cantiere della Torino- Lione a Chiomonte. In tre sono stati fermati e c’è stato anche il lancio di alcune bombe carta. Tutto nello stesso giorno in cui, dodici anni fa, veniva assediato lo stesso cantiere. Al tempo, gli organizzatori parlavano di una partecipazione superiore alle 50mila unità. Numeri enormi se confrontati con quanto accade oggi. Eppure, negli anni, le proteste non sembrano diminure. Anzi.
Nimby e solidarietà: non nel mio giardino
I detrattori la chiamano sindrome di Nimby, acronimo di “Not in my backyard”, non nel mio giardino. Indica l’attivismo di comitati e cittadini che si battono per evitare la realizzazione di opere che ritengano essere dannose e pericolose. Si tratta soprattutto di opere ad alto impat- to ambientale: gasdotti, discariche, pozzi petroliferi, termovalorizzatori, centrali elettriche, metanodotti, collegamenti stradali e ferroviari. Le aziende prendono molto sul serio questi movimenti: ogni contrapposizione e ogni ricorso in sede giudiziaria - tra sospensive e sentenze - rischia di rallen- tare i lavori e di far slittare le scadenze, con conseguenti ingenti danni economici e d’immagine. Per il caso di Sulmona, ad esempio, la Snam ha diffuso una nota per rassicurare i cittadini: “La centrale di compressione- si legge - è un’infrastruttura del tutto analoga ad altri 11 impianti sicuri e a basso impatto ambientale da molto tempo attivi nel nostro paese. È nostra intenzione dialogare con le istituzioni e con le popolazioni del territorio per illustrare le caratteristiche dell’impianto e rassicurare che non esistono rischi per la sicurezza e per la salute dei cittadini”. Esiste poi un Nimby forum che ogni anno censisce questi nuclei e che ha il patrocinio del Consiglio dei ministri e del ministero dello Sviluppo economico. È sostenuto da soggetti con grandi interessi nella realizzazione di opere e appalti, da Terna a Enel, da Ferrovie dello Stato ad Autostrade. Secondo il rappor- to, nel 2016, sono stati contati almeno 359 impianti contestati: un aumento del 5 per cento rispetto al 2015.
I comitati: più piccoli ma più “tecnici”
Cambia il tipo di opposizione, più ristretta, più tecnica ma più diffusa. “Senza i comitati - spiega la sindaca dimissionaria di Sulmona - ci si sarebbe dimenticati di questa vicenda. Tengono alta l’attenzione e soprattutto coinvolgono tecnici e periti che portano la discussione su un piano scientifico e studiano alternative, rischi e problemi, nutrendo il dibattito in modo costruttivo.
Nessuno si oppone all’opera, ma è necessario far notare che sorgerebbe su un territorio che ha tre faglie. Sicuramente ci sono zone più adatte”. Le richieste dei cittadini riguardano soprattutto l’assenza di coinvolgimento da parte del potere decisionale e le preoccupazioni per l’ambiente. Decine sono, ad esempio, le guerre aperte per gli impianti di Biogas: a
Pomezia, un comitato si oppone da mesi alla realizzazione di due impianti che dovrebbero accogliere in totale oltre 300mia tonnellate di residui all’anno e che, per il momento, sono in parte stati bloccati dalla Regione ( non c’è la Valutazione di impatto ambientale) e in parte sospese dal Tar dopo i ricorsi dei cittadini. A Papozze, in provincia di Rovi
go, i comitati hanno manifestato nei giorni scorsi perché esclusi dalla conferenza di servizi indetta dal Comune per esaminare il piano di bonifica del sito su cui si intende insediare una centrale a biometano.
In piazza e sul web contro i rifiuti
Il rapporto del Nimby forum racconta poi che i comparti più contestati sono soprattutto energia e rifiuti, rispettivamente nel 56,7% e nel 37,4% dei casi. In termini assoluti vincono gli impianti di ricerca ed estrazione di idrocarburi (81 opere censite), termovalorizzatori (37), discariche di rifiuti urbani ( 30) e discariche di rifiuti speciali (18). Nel fiorentino è molto attivo il movimento “Mamme no inceneritore”: hanno un sito web in cui spiegano le loro motivazioni e attraverso cui monitorano le fasi della realizzazione del termovalorizzatore di Capo
Passerino. Non disdegnano di fornire il loro parere anche su altre opere, dall’aeroporto alla Tav. “Apprendiamo che la Valutazione d’Impatto Ambientale ha sbloccato le due piattaforme Bianca e Luisella ipotizzate di fronte alle coste di Pesaro
e Gabicce- scriveva invece il 6 dicembre il comitato “Trivelle Zero Pesaro/Fano”- Se questo è quello che pensano di fare nel nostro mare si sbagliano di grosso”.
Nella Valle del Simeto, in Sicilia, sta nascendo un nuovo nucleo di protesta per le concessioni minerarie rilasciate a Enimed, una controllata dell’Eni. Le contestazioni sono maggiori al Nord (41 per cento): Lombardia ed Emilia Romagna occupano i primi posti. Anche se sotto silenzio, un fronte molto forte è attivo in
Basilicata contro l’estrazione degli idrocarburi.
Sindaci e comuni battaglieri: non basta
Se la vicenda dell’Ilva di Ta
ranto è ormai quotidianamente sulle pagine di tutti i giornali, ce ne sono altredi cui si parla poco. Il Comune di Canosa, sempre in Puglia, aveva fatto ricorso alla pre-
sidenza del Consiglio contro l’allargamento di una discarica del Minervino (rigettato perché non era il soggetto preposto ad affrontare la questione). A Montichiari, comune del bresciano, ci sono 23mila abitanti e 21 discariche: in pochi chilometri quadrati sono accumulati più di 12 milioni di metri cubi di rifiuti industriali. Qui il sindaco Mario Fraccaro si trova stretto tra la norma regionale che impedisce di aprire nuove discariche e il ricorso dell Aib (Associazione Industriale Bresciana) al Tar contro questa legge. “Siamo pronti al confronto con istituzioni, industriali, associazioni ambientaliste - ha detto Fraccaro -. Ma sul fattore non si torna indietro: sulla salvaguardia dell’ambiente e sulla tutela della salute pubblica non ci sono spazi di mediazione, specie se, come nel nostro caso, si è superata l’ultima frontiera dello sfruttamento del territorio”. I sindaci, insomma, sono soltanto l’ultimo anello della scala decisionale: “È il terminale della macchina statale, ha il contatto con i bisogni reali dei cittadini - dice la sindaca di Sulmona -. A lui ci si rivolge per risolvere i problemi concreti e quotidiani. Ma non ha strumenti di nessun tipo: zero risorse finanziarie, zero risorse umane complici i blocchi delle assunzioni, vincoli amministrativi rigidi e farraginosi. E ci troviamo a subire scelte che impattano sulla quotidianità dei cittadini. Non possiamo dire nulla se non che oggi fare il sindaco è una missione”.
A Firenze, il presidio “Mamme No Inceneritori” si occupa anche di altri temi La protesta sull’alta velocità è al 26esimo anno. Continua la guerra alle trivelle