I boss scaricano Messina Denaro: non sarà il capo
Pochi giorni fa la zona di Castelvetrano battuta dalle questure di Palermo e Trapani
Il 2017 è stato l’anno del sipario sulla sanguinaria vita di Totò Riina e il 2018 in ogni caso sarà l’anno di Matteo Messina Denaro. Latitante dal 1993, 55 anni, erede del mandamento di Castelvetrano sul quale già regnò il defunto padre Francesco, l’eterno rampollo di Cosa nostra a cui piace la bella vita, lontano dai pizzini e dalla ricotta corleonese di Bernardo Provenzano, ha già imboccato un bivio che – pur rimanendo in cima alle classifiche del fascino criminal-mediatico – lo porta in realtà lontano dal vertice dell’organizzazione. Un po’ per sua volontà un po’ per il mancato gradimento da parte degli altri padrini della mafia siciliana ancora orfani di un nuovo capo dei capi, che già avrebbero rivolto pollice verso rispetto all’incoronazione di Messina Denaro.
NON CI SONO TRACCE investigative di attività oltre il Trapanese, dove ancora oggi il potere della famiglia Messina Denaro rimane inalterato. Palermo, soprattutto, Catania, da non trascurare, e il resto della Sicilia mafiosa – adesso che Corleone vive l’appannamento di un lungo lutto iniziato il 13 luglio 2016 con la morte di Provenzano e proseguito il 17 novembre con la scompar- sa di Riina – sembrano a conti fatti aver aderito al pensiero dell’ultimo capo dei capi: il 4 settembre 2013 Riina, al suo compagno detenuto di ora d’aria Alberto Lorusso, dice: “Potrebbe essere pure all’estero... L’unico ragazzo che poteva fare qualcosa perché era dritto... Non ha fatto niente... un carabiniere... io penso che se n’è andato all’estero”.
E ancora il 30 ottobre: “Se ci fosse suo padre buonanima, un bel cristiano, che ha fatto tanti anni di capomandamento a Castelvetrano, a lui gli ho dato la possibilità di muoversi libero”. Queste intercettazioni, note da tempo, sarebbero l’ultima parola sulle indicazioni di Riina per la successione e a ormai più di un mese dalla morte in Sicilia se i giochi non sono ancora fatti per il nuovo capo lo sarebbero per l’esclusione dalla corsa, appunto, di Messina Denaro.
AD OGNI MODO la superlatitanza continua, nonostante il cerchio attorno alla primula rossa di Cosa nostra si stia stringendo sempre più: pochi giorni prima di Natale decine di uomini delle questure di Trapani e Palermo hanno battuto la zona di Castelvetrano alla ricerca di nuovi indizi che possano far ri materializzare il fantasma di Matteo Messina Denaro. Una ricerca che, forse, non è andata completamente a vuoto. L’unico commento ufficiale del questore del capoluogo siciliano, il superpoliziotto Renato Cortese, è indicativo: “Le attività proseguono e la ricerca del latitante Messina Denaro non arretra di un solo centimetro”.
INTANTO, se la commissione Antimafia guidata da Rosy Bindi ha denunciato la protezione prestata al boss anche da ambienti massonici, molto forti a Castelvetrano, nel 2017 il Comune è stato commissariato per mafia su proposta dei carabinieri del comando provinciale di Trapani e del Ros in
L’ultimo capo dei capi Riina diceva: “Potrebbe essere all’estero L’unico che poteva fare qualcosa: era dritto”
conseguenza alle operazioni antimafia Eden 2 ed Ebano, coordinate dalla Dda di Palermo, e finalizzate proprio alla cattura del latitante Matteo Messina Denaro. Ma, per ora, l’appuntamento con la giustizia è rimandato, in Italia o all’estero, forse al 2018.