Uccisero il marito, lei vive nella casa del clan
Veropalumbo morì per un proiettile vagante “in un contesto camorristico”
Il
31 dicembre 2007 alle 23.10 la camorra di Torre Annunziata le uccise per errore il marito ed ora la vedova ha acquisito una casa confiscata al clan Gionta, l’ha rimessa in sesto e vuole trasformarla nel luogo dove riavviare la sua vita.
OGGI sono trascorsi dieci anni e un cerchio si è chiuso. È il cerchio del dolore e della rivincita di Carmela Sermino, 37 anni, lavoratrice precaria, vedova di Giuseppe Veropalumbo, il padre della sua bambina, Ludovica. Giuseppe era un ra- gazzo onesto, faceva il meccanico ed aveva solo 30 anni quando venne ucciso da un proiettile vagante entrato in un appartamento al nono piano di corso Vittorio Emanuele III. Un colpo sparato a casaccio dal Quadrilatero delle carceri, la roccaforte del clan Gionta descritta negli articoli di Giancarlo Siani.
Festeggiavano a modo loro il Capodanno, furono trovati centinaia di bossoli. Carmela non crede ai ‘festeggiamenti’: “Quella notte ci fu un agguato di camorra approfittando del caos di Capodanno: troppi proiettili per terra”. Da allora lei vive nel ricordo del marito e della sua morte assurda, attraverso l’associazione ‘Giuseppe Veropalumbo’ che presiede.
Inaugurata il 16 dicembre, l’associazione usufruirà della casa, un appartamento al sesto piano del Parco Oplonti, reso abitabile coi risparmi di Carmela, 13mila euro per rifare l’impiantistica vandalizzata e acquistare mobilia a buon prezzo (mancano anco- ra le porte). “Vorrei organizzarci qualcosa con gli studenti, il comandante dei carabinieri, il commissario di polizia, con persone che aiutino i giovani a studiare e a costruirsi un futuro nella legalità”. Al l’inaugurazione c’era no l’ex sindaco Giosuè Starita, che ha affidato – primo caso in Italia – un bene confiscato a una persona fisica, Carmela, e l’ex procuratore capo di Torre Annunziata Diego Marmo. Starita e Marmo l’hanno aiutata in silenzio e nel riserbo, pagando l’asilo di Ludovica quando Carmela fu costretta a trasferirsi ad Acerra.
NON POTEVA più permettersi il fitto della casa in cui viveva con Giuseppe, ed aveva iniziato l’odissea di pendolare da segretaria a tempo determinato in enti pubblici di Napoli. Prima al teatro Trianon (“mi aiutò Nino D’Angelo, venne ai funerali e disse che bisognava fare qualcosa per me anche dopo”) poi in Digit Campania. La politica le ha dato una mano. Senza stabilizzarla. Rimasta a spasso, Carmela è stata nominata assessore alla Legalità della terza municipalità di Napoli presieduta dall’arancione Ivo Poggiani e sbarca il lunario con l’indennità di carica. Lo Stato non ha riconosciuto al marito lo status di vittima di camorra e lei non può attingere a fondi e risarcimenti perché non sono stati individuati gli assassini, e le parole di un pentito che fece riaprire le indagini sono rimaste senza riscontro.
Eppure nelle richieste di archiviazione accolte dal Gip, i pm di Torre Annunziata sottolineano “la certezza che la morte di Giuseppe Veropalumbo è avvenuta in un contesto di tipo camorristico e i pentiti ne hanno parlato perché sanno che a sparare è stato un affiliato che poteva girare armato in un quartiere controllato dalla camorra”. Carmela è rimasta incastrata in una lacuna della legge. L?ex procuratore capo Marmo commenta: “È assurdo che in dieci anni lo Stato non sia riuscito ad assicurarle un lavoro sicuro”. Però le ha dato una casa. E da qui Carmela può ripartire.
CARMELA SERMINO
Quella notte ci fu un vero agguato Adesso ho sistemato l’appartamento, sarà un luogo della legalità