Grosso guaio in Iran, Rouhani non dorme sereno
Tre giorni di proteste Beni di prima necessità troppo cari, i giovani all’Università: “Basta sacrifici per Gaza o Yemen”
Non
si può ancora definire la rivolta dei suk perché quello di Teheran, il più grande e importante, non è stato finora coinvolto. Ma le autorità iraniane, specialmente il presidente Hassan Rouhani, per la prima volta dal 2009 non stanno dormendo sonni tranquilli da almeno tre notti a questa parte. Ovvero da quando migliaia di persone sono scese in piazza in varie zone del paese per protestare contro il caro vita e le mancate riforme promesse dal presidente moderato, rieletto lo scorso maggio.
SCONTRI VIOLENTI e arresti indiscriminati si registrano però ormai anche a Teheran. Nelle prossime ore sono attese nuove manifestazioni di massa convocate dai giovani attraverso i social media.
Centinaia di studenti si sono riuniti davanti all’Univer- sità di Teheran intonando lo slogan: “Finito il gioco dei riformisti e dei fondamentalisti” e “Non per Gaza né per il Libano e lo Yemen, la mia vita per l’Iran”. A differenza delle proteste in corso in varie città contro la situazione economica e i prezzi alti, quella all’università di Teheran è politica”, ha scritto l’agenzia di stampa Fars. Si tratta di una considerazione solo in parte vera perché le cosiddette proteste per il pane contestano sempre l’autorità costituita e il suo operato, considerato per l’appu nto fallimentare tanto da non consentire ai più di vivere dignitosamente.
La frustrazione - l’Iran ha una popolazione di quasi 80 milioni di persone, il 70 per cento inferiore ai trent’anni di età - è andata montando dopo la rielezione di Rohani. “Speravamo che il presidente sarebbe riuscito a utilizzare le nuove ed enormi entrate finanziarie dovute al sollevamento delle sanzioni economiche, in seguito all’accordo sul nucleare del 2015, per creare lavoro e abbassare le tasse e il costo dei beni di prima necessità, invece è successo il contrario”, dice un giovane economista di Teheran che chiede l’anonimato. “È successo il contrario invece perché, ancora una volta, la moderazione di Rouhani è stata usata dagli ayatollah co- me foglia di fico per nascondere l’uso criminale che stanno facendo del denaro pubblico”. A scendere in piazza non sono però solo i giovani, considerati una grave minaccia dal clero oscurantista, come accadde nel 2009 durante la cosiddetta “onda verde” che si trasformò subito in una onda rosso sangue.
NELLE STRADE dell’Iran agitano i pugni e lanciano slogan anche cittadini di mezza età, comprese le donne che non hanno i soldi per comprare il cibo a figli e nipoti mentre la Guida Suprema, il Gran ayatollah Ali Khamenei continua a usare i proventi della vendita di petrolio per creare e foraggiare le milizie sciite Hasdh al Shaabi in Iraq e Siria, i ribelli Houthi in Yemen e Hezbollah in Libano, oltre agli sciiti del Barhain. Il piano di espansione dell’influenza iraniana in Medio Oriente messo a punto da Khamenei e realizzato dai pasdaran (un esercito nell’esercito direttamente ai suoi ordini) se sta dando frutti a livello geopolitico, non li sta dando sul fronte interno.