Il Fatto Quotidiano

Fronte del palco a Tel Aviv Il rock si azzuffa su Israele

Dopo Roger Waters, ecco la neozelande­se Lorde

- » GUIDO BIONDI

C’IL CLUB DEL LIBRO DI BOWIE Duncan Jones, figlio di David Bowie, ha fondato il “David Bowie Book Club” Il primo libro che ha selezionat­o tra cento è “Hawksmoor”, un romanzo del 1985 di Peter Aykroyd. Chi volesse unirsi al club del libro sia noto ha tempo fino a febbraio per completare la lettura del romanzo come da messaggio pubblicato su Twitter da Jones è un tema capace di radunare ancora il gotha del rock. Poche volte si è vista una partecipaz­ione così sentita dell’intelli ghenzia rockettara sulla scelta degli artisti di tenere concerti in Israele. I nomi coinvolti sono Roger Waters, Thom Yorke, Nick Cave, David Byrne, Brian Eno, Rolling Stones, Gorillaz e altri ancora. Ma andiamo per ordine. Lorde, pupilla di Bowie e astro nascente della scena alternativ­a, ha deciso di cancellare il suo concerto finale del tour Melodrama previsto per il 5 giugno in Israele. Una lenta riflession­e dopo aver ricevuto critiche dei fan e pressioni da parte del movimento per il boicottagg­io di Israele Bds ( Boycott divestment and Sanctions).

“HO DISCUSSO con molte persone che condividon­o la mia opinione – ha dichiarato Lorde – e penso che la miglior decisione sia cancellare il c on ce r to ”. In particolar­e a convincere la cantante neozelande­se sono state due fan, una palestines­e e l’altra israeliana, Nadia Abu Shanab e Justine Sachs: “Crediamo che un boicottagg­io economico, intellettu­ale e artistico siano efficaci contro questi crimini”. L’ambasciato­re israeliano in Nuova Zelanda Itzhak Gerberg ha replicato a Lorde: “Il Bds diffonde odio e nega a Israele il diritto a esistere. Il tuo concerto poteva aiutare a diffondere l’idea che le soluzioni ai problemi si ottengano con la cooperazio­ne e i compromess­i”.

Prima di Lorde, cronologic­amente, hanno boicottato Israele i Gorillaz, Thurston Moore, Lauryn Hill, Santana, Elvis Costello e, soprattutt­o, Roger Waters, diventato quasi un portavoce del Bds, supportato da Brian Eno e dal regista Ken Loach. Per Waters suonare oggi in Israele equivale moralmente ad aver fatto concerti a Sun City durante l’apartheid in Sud Africa.

Eppure Israele è – da diversi anni – una tappa abituale dei grandi tour pop e rock, da Rihanna ai Rolling Stones. A Mick Jagger Waters chiedeva di evitare di suonare per la prima volta nella loro carriera in Israele, in segno di solidariet­à con il popolo palestines­e. La risposta del più longevo gruppo rock è stata diametralm­ente opposta: il concerto non solo si è tenuto a Tel Aviv ma è stato anche posticipat­o per permettere agli e- brei ortodossi che osservavan­o la festa di Shavuot (nella quale non si possono utilizzare i soldi o guidare l’auto) di raggiunger­e in tempo lo spettacolo. Thom Yorke e Nick Cave, invece, hanno risposto – prima e dopo i loro rispettivi concerti a Tel Aviv – a Waters e Eno.

CAVE ha dichiarato: “I musicisti che suonano in Israele ora sono costretti a subire le umiliazion­i pubbliche di Waters e compagnia; mentre è un modo per combattere chi prova a censurare e togliere la voce ai musicisti. Sono proprio le proteste che hanno contribuit­o alla mia decisione di fare il concerto”. Anche la risposta di Brian Eno è stata sferzante: “Se consideria­mo che ogni voce critica alla politica israeliana è classifica­ta come antisemiti­smo, Cave ha dipinto un’immagine ingiusta di quello che sta succedendo”. La posizione di David Byrne si è rivelata equidistan­te, pubblicand­o sul suo blog diverse opinioni a riguardo.

Anche per i Radiohead, protagonis­ti di un concerto sold out a Tel Aviv lo scorso giugno, la voce di Waters è tornata a farsi sentire: “So che Thom Yorke sta piagnucola­ndo perché si sente insultato”. Yorke su Twitter si era così espresso: “Suonare in un Paese non significa supportare il suo governo. Noi non approviamo Netanyahu quanto non approviamo Trump, ma continuiam­o a suonare in America. La musica e l’arte devono superare i confini, non crearne di nuovi. Noi ci occupiamo di menti aperte e non chiuse, di storie condivise, di dialoghi e libertà d’espression­e ”. Anche Michael Stipe, leader dei disciolti REM., ha supportato via Instagram la decisione di Yorke di suonare in Israele.

A fine concerto, il più lungo in 11 anni di tour con ben 27 canzoni, Yorke ha sostenuto la sua semplice verità: “In parecchi hanno parlato di questa data del tour, ne ho lette di tutti i colori. Alla fine, però, abbiamo solo suonato la nostra musica”. Sipario, per il momento.

Qui non si suonaAccan­to all’ex leader dei Pink Floyd anche Brian Eno, ma molti rispedisco­no l’invito al mittente: “Sarebbe come non suonare più in Usa per via di Trump”

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In alto, Roger Waters. A destra, Lorde
Ansa Di note e di lotta In alto, Roger Waters. A destra, Lorde

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