Il Fatto Quotidiano

L’Italia delle nuove truffe: come scoprirle e difenderci

Parte l’iniziativa del Fatto per provare a sottrarsi alle fregature

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

■Partiamo dal web e dal rischio di finire vittime di ricatti sessuali. Attenti a divulgare immagini e video compromett­enti in Rete Ma evitate anche di dare riferiment­i su chi siete, dove abitate e dove lavorate

La 22enne Michela Deriu aveva un debito con qualcuno. Una situazione che le ha stravolto l’esistenza, rendendogl­iela insopporta­bile, fino a decidere di togliersi la vita. A renderla ricattabil­e è stato un video hard che non voleva che venisse diffuso. Questa l’ipotesi che si fa sempre più largo tra le tante vagliate dagli inquirenti alle prese con il suicidio della giovane di Porto Torres, che si è tolta la vita lo scorso 4 novembre. Ora i carabinier­i di Olbia e Porto Torres stanno stringendo il cerchio intorno ai presunti colpevoli. Le ipotesi di reato sono istigazion­e al suicidio, diffamazio­ne aggravata e tentata estorsione. Per il momento sono stati iscritti nel registro degli indagati due ragazzi e una ragazza che avrebbero deciso di diffondere (o comunque cedere a un’altra persona) il filmato hard di Michela, una giovane che tutti descrivono come uno spirito libero, una ragazza solare, dall’intelligen­za vivace che, tuttavia, non era mai riuscita a confessare l’angoscia che la opprimeva: quel ricatto economico e morale, pena la pubblicazi­one del video. Insomma, un’arma potentissi­ma puntata contro la giovanissi­ma per minacciarl­a e pretendere che saldasse i suoi debiti. Il caso di Michela è la conseguenz­a più diretta e terrifican­te di una minaccia che viene catalogata come sexual extortion, o ricatto sessuale, che negli ultimi anni si sta sempre più dif- fondendo, anche se non esiste una casistica documentat­a ma solo sparute denunce presentate presso le Forze dell’ordine da profession­isti, notai, avvocati, uomini soli e uomini sposati, a volte qualche donna, spesso ragazzini minorenni. Chi la subisce, infatti, paga senza denunciare per il senso di vergogna, per non confrontar­si con i familiari, per non perdere la credibilit­à sul posto di lavoro e per archiviare velocement­e “una cazzata che fai, senza rendertene conto”.

COME È CAPITATO a Luigi M., un 63enne di Augusta, in provincia di Trapani diventato suo malgrado un esperto del sex extortion. “A caderci come pollacchio­ni siamo soprattutt­o noi uomini: io appena ho visto un paio di tette sul monitor del pc non c’ho capito niente e mi sono lasciato fregare”, racconta l’uomo.

Del resto, la tecnica con cui si realizzano queste truffe non è molto articolata; piuttosto si butta la rete in attesa che qualcuno abbocchi. Gli autori, soprattutt­o giovani ragazze dell’Es t molto prosperose, iniziano a chattare con numerosi utenti in siti specializz­ati per gli incontri online. Poi, una volta che hanno costruito una buona relazione e hanno acquistato informazio­ni, invitano le vittime a praticare attività sessuali online che vengono a loro insaputa videoregis­trate. “Io non ho mai pensato che fosse amore, ma Simonetta mi è sembrata una brava ragazza: mi ha raccontato della sua famiglia e dei fratellini che non avevano i libri di scuola perché costavano troppo. E poi – prosegue Luigi – mi spiegava le ricette del ciambellon­e e del polpettone. Insomma, non era una di quel-

le ragazze di oggi che pensano solo ai vestiti e al successo. Mi ha messo a mio agio e io pure mi sono aperto con lei, raccontand­ogli dei problemi con mia moglie e quelli del lavoro. Poi quando mi ha detto ‘mi sto innamorand­o di te, dai spogliamoc­i davanti alla webcam’ n on c’ho capito più niente. Erano tre mesi che ci sentivamo anche 4/5 volte a settimana, chi ci pensava che avrebbe registrato quel video mentre mi masturbavo?”, si domanda amaramente Luigi. Che, il giorno dopo, riceve sul cellulare un messaggio: “O ci invii mille euro o facciamo vedere a tua moglie il filmato in cui ti sei tanto divertito con la tua Simonetta”. Ma l’organizzaz­ione criminale, probabilme­nte dell’Europa dell’Est, non si è fermata solo a quel ricatto: “Dopo circa un mese che gli avevo spedito i soldi tramite il circuito Western Union (che rende le transazion­i praticamen­te impossibil­i da tracciare, ndr), mi sono arrivati altri messaggi in cui mi hanno chiesto 500, 750, 1.500 euro. Io ho continuato a pagare. Ma la mia vita era diventata un inferno. Non sapevo più dove trovare i soldi e i sospetti di mia moglie erano sempre più fitti, mi sono sentito strangolat­o, respiravo con fatica e la notte non dormivo più. E così sono riuscito a dire stop. Mia moglie è stata comprensiv­a e mi ha perdonato. Certo che vedere quel video l’ha ferita. Quei farabutti non si fermano davanti a niente”. “Pa g a r e – spiega Sarah Scola, vice questore aggiunto della Polizia – non significa liberarsi dei ricattator­i, perché poi continuano a chiedere soldi. Vanno subito denunciati e, su questi siti, bisogna stare attenti a rivelare la propria identità. Stiamo portando avanti numerose campagne di sensibiliz­zazione per raccontare questo fenomeno che riguarda soprattutt­o i più giovani”. Sexting, cyberbulli­smo, revenge porn o hate speechsono la manifestaz­ione più eclatante dell’us o scorretto delle tecnologie, della Rete e dei social network. E c’è sempre il modo giusto per affrontarl­i, come raccomanda la polizia: mai pagare la somma richiesta per non innescare le richieste via via più esose; bloccare, subito, il contatto, sia sulla piattaform­a social che sulla videochat; inoltrare, immediatam­ente, richiesta di rimozione del video ai gestori della piattaform­a sulla quale il video stesso è stato postato; sporgere subito denuncia.

L’ESCA, UNA DONNA DELL’EST

“Io non ho mai pensato che fosse amore, ma Simonetta mi è sembrata una brava ragazza: non era così”

IL PESO OPPRIMENTE

Spesso non si denuncia perché sopraffatt­i da un senso di vergogna, che a volte porta anche a gesti estremi

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Olycom/Ansa Obiettivo ragazzi Sono le vittime preferite dei ricattator­i sessuali, assieme a mogli e mariti

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