I numeri svelano i beneficiari della norma
Novamont domina la produzione di materie prime: sperava nella legge
La
linea di difesa del Pd è in una frase che Matteo Renzi ha diffuso mercoledì: “Sui sacchetti biologici obbligatori, quanto all’accusa che il Parlamento lo avrebbe fatto per un’azienda amica del Pd vorrei ricordare che in Italia ci sono circa 150 aziende che fabbricano sacchetti prodotti da materiali naturali e non da petrolio. Hanno 4mila dipendenti e 350 milioni di fatturato”. Insomma, nessun occhio di riguardo. Eppure basta guardare i numeri per capire chi è l’indubbio beneficiario della misura ambientalista. Peraltro auspicata da tempo per migliorare i conti, LA NORMA. Ad agosto viene approvato un emendamento del governo, inserito nel dl Mezzogiorno. Prevede l’estensione anche agli alimenti sfusi, come frutta e verdura, dell’obbligo di utilizzare sport ine biodegradabili e impone che siano pagate dal cliente. A giustificarlo, il recepimento di una direttiva europea del 2015 che, però, permette di escludere dalle misure proprio i sacchetti in questione.
IL SETTORE. L’Italia è un esportatore netto di plastiche compostabili, di cui rappresenta il 50% del mercato europeo. Nel 2016 - secondo i dati di Plastic Consult - la produzione italiana è stata di 50mila tonnellate, il 95% è di sacchetti per asporto merci. La filiera fattura 352 milioni di euro con 3.930 addetti e 152 aziende.
IL MERCATO. Secondo Plastic consult la nuova misura sui sacchetti ultraleggeri porterà a un incremento della produzione di 20-30mila tonnellate, circa 120-150 milioni di fatturato (escludendo il ricarico della grande distribuzione). Il mercato delle buste bio 7 anni fa non esisteva: è stata la legge del gennaio 2011, con cui l’Italia ha reso obbligatori i sacchetti biodegradabili per l’asporto merci, a crearlo. Si è passati dalle 3mila tonnellate del 2011 alle 45mila del 2016 (50mila nel 2017).
IL LEADER. Le 152 imprese menzionate da Renzi sono però “trasformatori” di materie prime: fabbricano i sacchetti ma con materiale prodotto da altri. Chi? Si contano 4- 5 produttori esteri, ma il mercato italiano è dominato da Novamont, con il suo prodotto di punta, la “M ate r- Bi ”, peraltro l’unico colosso italiano attivo escl usivam ente nel settore. Assobioplastiche conta solo tre produttori “it al ia ni ”: una è Novamont, le altre due (Mater Bio-
polymer e Metrica) sono sue controllate.
LA SOCIETÀ. Novamont è guidata da Catia Bastioli, manager scienziata, oratrice alla seconda leopolda e nominata da Renzi nel 2014 alla guida di Terna, la società delle reti elettriche. Il gruppo ha due soci: Versalis Spa (al 25%), controllata dall’Eni e Mater Bi Spa (75%), che vanta 26 soci di cui il più grosso (35%) è una holding a sua volta controllata da una società lussemburghese le cui azioni sono in pegno a Intesa Sanpaolo. Nel 2010 fatturava 80 milioni, poi nel 2011 si è passati a 180. Raddoppio che - lo specifica il bilancio - dovuto proprio all’obbligo di legge. Il 2016 si è chiuso con ricavi a 178 milioni e una perdita di 30 milioni a causa della flessione del mercato causata dall’alta quota di illegalità (circa il 50% è ancora in mano a produttori di plastica tradizionali). Il bilancio ammette le difficoltà dovute agli impegni assunti con i finanziatori (debito di 308 milioni, di cui 100 con le banche), ma spiega che nel 2017 le cose cambieranno soprattutto per la decisione della Francia di rendere obbligatori anche i sacchetti ultraleggeri e la decisione del governo italiano di farlo dal 2018 che da sola porterebbe a “un incremento del mercato pari a 20mila tonnel late”. Peraltro la norma prevede una stretta contro l’illegalità: se contrastata, secondo Assobioplastiche, il mercato della plastica compostabile arriverebbe a un miliardo di euro.