Juve-Toro, senza commento è anche meglio
Più
di 6 milioni, per un derby trasmesso senza telecronaca da Rai1 e valevole per i quarti di Coppa Italia, sono una cifra enorme. Lo share che ne è conseguito – 23% – ha sbaragliato la concorrenza della prima serata di due giorni fa. Nessuno ha potuto nulla contro i 6.028.000 spettatori di Juventus- Torino. Forse sarebbe accaduta la stessa cosa anche con la telecronaca. Di sicuro ha aiutato la controprogrammazione non proprio fortissima, come pure il blasone delle due squadre. La partita è stata bella. E magari ha aiutato pure l’ennesimo disastro dell’arbitro Doveri sul 2-0 Juve, capace di sbagliare tanto in diretta ( e ci sta) quanto dopo aver visto e rivisto il Var (e questo ci sta un po’ meno). Eppure, questa cosa dello sciopero dei giornalisti Rai che porta bene alla Rai, forse insegna qualcosa.
NON È LA PRIMA VOLTA che ciò che sembra limitare un evento televisivo, finisce neanche troppo par ados salme nte per aiutarlo. Da anni Rai Sport pare rimasta, fatti salvi nobili casi, al Cenozoico. La sera prima, per Napoli-Atalanta, il commento tecnico era affidato ad Amelia: tutto molto bello, a parte il fatto che Amelia sembrava esser passato di lì per caso. Il salotto del post-partita contemplava poi Bruno Gentili, sempre con quella sua aria da “io uso ancora la cornetta Sip e mi trovo ben in o”, e i l tanto competente quanto costantemente fosco – e inutilmente serissimo – Mario Sconcerti. Allegria portami via. La Rai, quando si occupa di calcio, a dispetto di non poche persone capaci – per esempio alla Domenica Spor- tiva – ha un’aria così polverosa che, per rappresaglia, ti verrebbe voglia di farti una dose di grammofono per sentirti quasi moderno.
Se da una parte ci sono le iperboli caricaturali dei Caressa e derivati, dall’altra c’è la Rai che risponde con un approccio che – lungi dall’essere felicemente vintage – si rivela solo vecchio. Oltremodo vecchio. E allora, per contrasto, il silenzio assurge a commento migliore.
DEL RESTO, QUANDO è bella, una partita di calcio è autosufficiente: non ha bisogno di troppe parole e troppi commenti. Il risultato di mercoledì sera, nel suo piccolo, è una bella notizia: dice che il calcio non ha alcun bisogno dei professorini logorroici e nemmeno dei nerd che sanno tutto di mercato e statistiche, ma non sanno comunicare e men che meno scaldare. Nell’era degli urlatori tremebondi e dei telecronisti tifosissimi, fa piacere che gli spettatori rispondano con un desiderio garbato di quiete. Di rarefazione. Appunto: di silenzio.