Altro che rivolta, è colpa di Ayatollah Mike
Lproteste antigovernative che nei giorni scorsi hanno messo alla prova la tenuta della società iraniana sono state organizzate da Usa, Israele e Arabia Saudita. È questa la versione del procuratore generale Mohammad Montazeri, secondo cui il piano era stato ideato ben quattro anni fa.
ILMAGISTRATO ha puntato il dito contro un funzionario della Cia, Michael D’Andrea, e i servizi israeliani del Mossad: ai sauditi sarebbe toccato il compito di finanziare l’operazione. Un ruolo era stato affidato anche ai Mojahedin del Popolo, a sostenitori della monarchia e altri di estrema sini- stra. Montazeri nella sua relazione non è stato parco di particolari: chi voleva sovvertire la leadership islamica aveva due opzioni denominate ‘Tunisia’ e ‘Libia’; sarebbe stato scelta la seconda che prevede- va la creazione di ondate di disordini dalle periferie del Paese verso il centro e nella capitale Teheran. Il procuratore ritiene che vi fossero due sale operative, una a Erbil, in Iraq e l’altra a Herat, in Afghani- stan, per far confluire anche gruppi affiliati all’Isis. “Il piano – ha concluso Montazeri – avrebbe dovuto essere attuato nel 2018, ma a causa delle particolari circostanze è stato anticipato”. Non è un caso che Montazeri abbia nominato Michael D’Andrea, conosciuto alla Cia anche come dark prince oppure Ayatollah Mike: soprannomi guadagnati in anni di lavoro alla Central Intelligence Agency come funzionario che ha supervisionato la caccia a Bin Laden e gestito numerosi raid di droni contro estremisti islamici (e vittime civili ‘collaterali’). Da quando direttore della Cia è diventato Mike Pompeo, su mandato del presidente Trump, a D’Andrea sarebbe stato affidato “l’ufficio iraniano” ovvero il settore che si occupa di uno dei nemici principali degli Stati Uniti, il regime dell’ayatollah Ali Khamenei. In un articolo del 2 giugno scorso, il New York Times riportava una dichiarazione di Robert Eatinger, ex esperto legale della Cia, in riferimento a D’Andrea: “È in grado di mettere in pratica un piano molto aggressivo ma in modo assai acuto”. Alla richiesta del NYTdi un commento, i vertici della Cia hanno rifiutato: non si discute il lavoro di chi opera in clandestinità.
Lo specialista Michael D’Andrea è un veterano dell’Agenzia: a lui avrebbero affidato la “pratica Teheran”