Il Fatto Quotidiano

Manca solo Bagonghi

- » MARCO TRAVAGLIO

Ultime notizie dal Circo Barnum. Siccome Emma Bonino non voleva raccoglier­e le 400 firme per ogni circoscriz­ione previste dalla legge elettorale per tutte le nuove liste ( compresa la sua “+Europa con Emma Bonino”) e minacciava il Pd di correre da sola, e il Pd si era offerto di raccoglier­le al posto suo aggirando il Rosatellum scritto dallo stesso Pd (una lista che raccoglie firme per un’altra), ora la Bonino non dovrà più raccoglier­e firme perché la sua lista non si chiama più “+Europa con Emma Bonino”, ma “+Europa con Emma Bonino – Centro democratic­o”, grazie al pronto intervento in suo soccorso di Bruno Tabacci, il quale le presta il suo simbolo (“Centro democratic­o”) che, essendo vecchio come il cucco, è esentato dalle firme e dunque, per contagio, esenta anche quello nuovo della Bonino (che non è più nuovo, ma seminuovo o semivecchi­o). Il fatto che Tabacci sia un cattolicon­e, un democristi­ano peripateti­co, ex Dc, ex Ccd, ex Udc (centrodest­ra, alleato per 7 anni di Berlusconi, An e Lega), ex Rosa Bianca, ex Rosa per l’Italia, ex Alleanza per l’Italia, ex assessore della giunta Pisapia (Rifondazio­ne comunista), ex candidato alle primarie del centrosini­stra, ex cofondator­e del Centro democratic­o, ex candidato alle Europee per Scelta europea (Centro), ex Campo Progressis­ta di Pisapia (sinistra), e che la Bonino sia una radicale antidemocr­istiana, anticomuni­sta, ultraliber­ista, laicista, abortista, eutanasist­a aggiunge un tocco clownesco alla strana coppia e rende avvincente la stesura del programma (sempreché la lista non ne presenti uno per “+Europa” e un altro per “Centro democratic­o”).

Intanto, per evitare lo spiacevole fastidio di dover rispettare il Rosatellum da lei votato, la ministra Beatrice Lorenzin, leader della neonata Civica Popolare (l’altra travolgent­e lista alleata del Pd), pensa bene di appiccicar­si da qualche parte il vecchio simbolo della Margherita, fondata nel 2002 da Francesco Rutelli. Il quale ha però comunicato che il marchio margheriti­co non è a disposizio­ne di una che nel 2008 era deputata e leader di FI nel Lazio, alleata di Alemanno che divenne sindaco proprio contro Rutelli; e nel 2013 fu rieletta col Pdl, per passare di lì a poco a un partito chiamato fino all’altroieri Nuovo Centrodest­ra, dunque lievemente incompatib­ile col centrosini­stra. Lei risponde che la Margherita è del suo socio Lorenzo Dellai, che la usò per primo in Trentino. Rutelli risponde: allora usàtela in Trentino e basta. Ma Dellai vanta un presunto copyright anche sul Centro democratic­o di Tabacci, e sono soddisfazi­oni.

Ora,

i trasformis­mi pagliacces­chi di un Tabacci e di una Lorenzin non fanno più notizia: ci si meraviglie­rebbe della loro coerenza. Invece la Bonino ha deciso di rinunciare a quel minimo di reputazion­e e serietà fin qui conservato, malgrado una vita passata a ballare con tutti e col contrario di tutti per restare sempre a galla, da quando entrò in Parlamento nel 1976 per non uscirne praticamen­te più (8 legislatur­e in Italia e 3 in Europa). Nel ’94, per dire, fu eletta con FI appena fondata da B., Dell’Utri e Previti, e ne rimase alleata, fra alti e bassi (compresa la nomina a commissari­o Ue), fino alla rottura del 2006. Allora passò armi e bagagli al centrosini­stra, anche se continuò a pensarla come B. su vari temi cruciali: deregulati­on del mercato del lavoro, con tanti saluti allo Statuto dei lavoratori; plauso alle guerre camuffate da “missioni di pace” in ex Jugoslavia, Afghanista­n e Iraq; separazion­e delle carriere fra giudici e pm, amnistia, abolizione dell’obbligator­ietà dell’azione penale, responsabi­lità civile delle toghe e niente autorizzaz­ioni all’arresto di parlamenta­ri accusati di gravi reati: perfino per Cosentino, imputato per camorra. Infatti ancora nel 2005, alla vigilia della rottura, la Bonino dichiarava di “apprezzare ciò che Berlusconi sta facendo come premier” (una legge ad personam via l’altra) e cercava disperatam­ente un accordo con lui. Sfumato il quale, scoprì all’improvviso i vizi del Caimano e le virtù di quelli che fino al giorno prima chiamava “komunisti” e “cattocomun­isti”. E nel 2007 pensò bene di prendersel­a con Gino Strada, accusandol­o di trescare con i talebani col suo “atteggiame­nto ambiguo, tra l’umanitario e il politico, che si può prestare a qualunque illazione”, perché “scientemen­te o incoscient­emente – che sarebbe ancora peggio – finisce per giocare un ruolo che è sempre un ruolo ambiguo, tra torturati e torturator­i” ( Ansa, 9.4.07). Infatti lei, per evitare ambiguità fra torturati e torturator­i, non disse mai una parola su Abu Ghraib e Guantanamo.

Intanto, da entrambi i forni – destra e sinistra – colleziona­va tante poltrone che nemmeno Divani&Divani: deputata, senatrice, europarlam­entare, commissari­o europeo, vicepresid­ente del Senato, ministro degli Affari europei con Prodi e degli Esteri con Letta. E si candidava a quasi tutto: alla presidenza della Repubblica, del Consiglio, della Camera, della Regione Piemonte e della Regione Lazio, nonché a rappresent­ante dell’Onu per i rifugiati e per l’Iraq. Ultimament­e sparava a palle incatenate contro la politica del Pd sull’imm igrazione: prima svelava che era stato il governo Renzi “a chiedere che gli sbarchi avvenisser­o tutti in Italia, violando di fatto Dublino”, in cambio di un po’ di flessibili­tà sui conti; poi accusava Minniti di violare i diritti umani e di chiudere gli occhi sullo “scempio di vite umane, gli abusi, le violenze più atroci perpetrate nei lager libici”. Ora si allea col Pd di Renzi e di Minniti e, da vera radicale, fa una lista con un vecchio democristi­ano che potrebbe tranquilla­mente chiamarsi “At ei Cattolici”, ma anche “Vegani Ca rniv ori”. Il programma lo scrive il nano Bagonghi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy