Sacchetti bio L’idea di eliminare la plastica è giusta. È sbagliato il metodo
IL TEMA DELLO SMALTIMENTO dei rifiuti urbani è serio. Me ne occupai seriamente, con inchieste e denunce, quando ero segretario dei Radicali Roma (2013-2014): come associazione, arrivammo anche a presentare un esposto alla Corte dei conti, per il danno erariale causato dai bassi standard di raccolta differenziata di quegli anni. Un po’meno seria appare oggi la questione dei sacchetti che siamo obbligati a pagare a parte, con i nostri acquisti di frutta e verdura. Mettiamola così: vivendo per esempio a Roma, dove il Comune provvide a una prima (scadente) fornitura di sacchetti compostabili per i rifiuti “umidi” e poi basta, la raccolta differenziata rappresenta un costo aggiuntivo per ciascun cittadino, che già paga un’alta tassa sui rifiuti. E questo anche perché i sacchetti biodegradabili hanno un prezzo non indifferente, sicuramente più elevato dei due centesimi che vengono chiesti dalle nuove disposizioni di legge. Forse chi insorge in questi giorni non si avvede della occasione di risparmio, magari perché non si è mai concretamente applicato alla raccolta differenziata dei rifiuti e quindi non ne conosce i costi effettivi. Figuriamoci i benefici per l’ambiente e per la nostra salute. PAOLO IZZO GENTILE IZZO, la questione dei sacchetti bio a pagamento è tutt’altro che superficiale: rispecchia l’identità del Paese dove la res publica si mischia ai fattacci politici. Più sensazionale è, invece, la “rivolta” sui social, dove sta esplodendo la giusta rabbia degli italiani che si sono riscoperti consumatori con poche tutele, visto che quella che il Codacons ha ribattezzato una “tassa occulta” è più che altro un’imposizione fiscale impossibile da evitare. Vale allora la pena chiarire alcuni punti. Vero è che nel decreto legge Mezzogiorno che, su richiesta dell’Europa, ha approvato la direttiva, c’è tutta la bontà di un provvedimento teso alla riduzione della plastica; è un percorso virtuoso per l’ambiente e per l’economia circolare. Ed è importante ricordare che, essendo biodegradabili, le shopper potranno essere usate come sacchetti per l’umido (più cari), facendo risparmiare un po’. Ma poi la volontà dell’Ue (responsabilizzare i consumatori) si è trasformata in un’accusa al governo di aver favorito un’azienda amica dell’ex premier Renzi per il notevole giro d’affari e per un passaggio nel decreto, di cui l’Italia si vanta con gli altri Paesi nella battaglia per il rispetto dell’ambiente: prevedere per primi il pagamento delle bustine per scoraggiarne l’utilizzo, nonostante non sia mai stato richiesto dall’Ue. Una goccia nel mare (quello inquinato dalla plastica), calcolando che la metà dei sacchetti che circolano, tra mercati rionali e bancarelle, sono fuorilegge. Bastava trovare una soluzione alternativa: fissare le buste a un prezzo simbolico di 1 centesimo. PATRIZIA DE RUBERTIS