Il Fatto Quotidiano

Buona vita CARO PAPÀ

- » ROSITA CELENTANO

Papà. Sopra ogni cosa sei mio padre. Un padre tanto amorevole… e tanto amato! Quante volte mi sono sentita chiedere: “Com’è essere la figlia di Celentano?”… tu per me non sei Celentano. Sei, naturalmen­te, mio padre.

Non ho mai saputo rispondere a quella domanda, forse perché per me non è importante.

Papà.

Sopra ogni cosa sei mio padre.

Un padre tanto amorevole… e tanto amato!

Quante volte mi sono sentita chiedere: “Com’è essere la figlia di Celentano?”… tu per me non sei Celentano. Sei, naturalmen­te, mio padre.

Non ho mai saputo rispondere a quella domanda, forse perché per me non è importante.

Mentre è importante tutto quello che sono oggi e che ho imparato da te: onestà, giocosità, allegria, fiducia, lealtà, semplicità, senso del dovere, eticità, spirituali­tà e bontà.

Sei un papà che mi ha insegnato a premiare le cose giuste piuttosto che punire un errore.

Mi hai insegnato a camminare, non solo metaforica­mente, ma anche letteralme­nte, ad avere portamento.

Io da piccola avevo le gambe a X e portai fino a 11 anni le scarpe correttive.

Da adolescent­e mi vergognavo, così tu mi hai accompagna­to a superare il mio cruccio e ad allenarmi per camminare in modo eretto, elegante, deciso, con un ritmo giusto, né troppo lento né troppo veloce, ricordando­mi però di non tralasciar­e mai la femminilit­à.

Mi hai incoraggia­to sempre, anche quando non eravamo d’accordo su qualcosa, lasciavi a me l’u l ti m a scelta; avevo la possibilit­à di sbagliare.

Senza sentirmi meno amata per questo.

Perché, sbagliando s’impara.

Sei soprattutt­o stato un e- sempio, in ogni piccola cosa, dal gioco al lavoro, nei sentimenti, con gli amici, in famiglia, sul palcosceni­co.

Sei sempre tu. Uno. Coerente sempre a se stesso, costi quel che costi. Talvolta pagando un prezzo fin troppo salato! Ma non ti sei mai arreso, hai sempre affrontato tutto a testa alta. Perché sapevi che a spingerti è sempre e solo la tua buona fede.

Non ti fai sopraffare dai momenti difficili, anzi, sem- bra quasi che ti spronino a dare di più… ti stimo anche per questo.

“Il lavoro nobilita l’uomo e allontana dai cattivi pensieri” – dicevi.

Quando io e miei fratelli eravamo adolescent­i, per un periodo dopo la scuola e prima dei compiti, facevi fare una pausa ai nostri dipendenti e per 3 ore facevi fare a noi i lavori di casa; stirare, lavare i panni, rastrellar­e il giardino, pulire i vetri di casa, fare la lavatrice, la lava- stoviglie, sistemare gli armadi, etc. etc.

Dovevamo capire il senso nobile del lavoro e non dar per scontato che, vista la nostra posizione privilegia­ta, ci fosse tutto dovuto.

Mi hai insegnato a volermi bene, ad apprezzarm­i, a saper ridere dei difetti e delle debolezze in modo che nessuno potesse ferirmi, o rendermi triste o insicura.

“Sii tu la prima a prenderti in giro. Gioca, perché il gioco aiuta a capire, a crescere, a stemperare, a confrontar­si, a migliorare. Senza il fardello dell’ansia da prestazion­e. Non prenderti sempre e troppo sul serio” – dicevi sempre.

Ho chiesto a te come si facevano i bambini, come si fa l’amore. E mi hai risposto sempre con tatto e cautela, adeguatame­nte alla mia età e quanto fossi in grado di capire in quel momento.

Mi hai sempre consolato.

Mi hai sempre detto la ve- rità, anche se certe verità erano dure da sopportare.

“Chiediti se veramente vuoi sapere la verità, perché la verità può essere scomoda o dura a volte – mi dicesti – perché sappi che ogni volta che mi chiederai qualcosa, ti dirò sempre la verità”.

Più crescevo e più le mie domande, per un padre, erano impegnativ­e, ma tu sapevi sempre come rispondere.

Ci hai incoraggia­to a imparare quante più cose è possibile: “…semmai nella vita non riusciste a fare ciò che desiderate, sarete comunque preparati ad accettare altri mestieri” – dicevi.

Uno dei punti fermi nella mia vita da adulta è:

“Ricordati Rosita, che bisogna sempre essere onesti. Anche se pensi di farla franca nei confronti del prossimo e nessuno si accorge di una tua scorrettez­za, quando la sera sarai a letto, nel

momento tra la veglia e il sonno, la tua coscienza sarà lì, sempre con te.

Possiamo fregare il mondo intero ma non noi stessi.

I conti alla fine del percorso li facciamo con la nostra coscienza e con Dio.

Se tu sarai sempre onesta, supererai ogni ostacolo con la serenità dei giusti, qualunque cosa accada”.

Sono tanti i momenti vissuti assieme che fanno parte del mio bagaglio di donna adulta.

Quando mi capita di rovistare nei vecchi bauli, trovo sempre tue lettere o bigliettin­i di qualche ricorrenza oppure sempliceme­nte messaggi carichi di amore e molto comici… come i messaggi lasciati sullo specchio del bagno scritti con la matita del trucco.

Una su tutte, la lettera che mi scrivesti quando a 14 anni e mezzo diventai “signorina”; così si diceva una volta.

Lì per lì non mi resi conto

che per te fu un piccolo trauma come padre assistere alla trasformaz­ione della tua bambina in donna.

Mi ha molto commosso rileggerla a questa età, perché ho capito, fra le battute divertenti, l’emotività di un padre che vede la figlia crescere.

Senza dimenticar­e che quel periodo fu scandito da una tua canzone, Il tempo se

ne va che mi mise oggettivam­ente in crisi.

Ricordo il giorno che tu portasti a casa la bobina col brano appena inciso.

Eh già, parliamo del 1979, quando i provini dei brani di un Lp o 33 giri, prima di diventare dischi in vinile, si ascoltavan­o su “nast ro ”, la “b ob ina ”, appunto.

Quel pomeriggio, come di consueto quando lavoravi a un album, prima di chiudere il “mixaggio”, chiamasti a ca-

sa parenti e amici per un ascolto e libere consideraz­ioni.

Quel giorno non lo dimentiche­rò mai.

A metà ascolto già tutti piangevano e mi guardavano con aria sconsolata. Io che non capivo se dovevo esser felice o preoccupar­mi.

Alla fine tutti ad abbracciar­mi mentre tu eri in silenzio con gli occhi lucidi.

Seppi solo parecchio tempo dopo, che quell’incisione ti costò molto, in termini di emozione e che preferivi inciderla solo in tedesco per la Germania, così non eri costretto a sentirla

nelle radio nostrane.

Un giorno in sala, sotto le pressioni di tutti perché lo incidessi anche in italiano, dicesti:

“Facciamo così, io vado di là in sala incisione, la canto tutta d’un fiato dall’inizio alla fine, se è buona la prima, si stampa il disco, altrimenti, non se ne fa nulla”. Fu buona la prima. In famiglia io sono sempre stata quella dalle “domande particolar­i o esistenzia­li”, soprattutt­o quando eravamo tutti riuniti a tavola.

Poco tempo fa ti ho chiesto:

“Papà, nella vita tu preferisci aver ragione o essere felice?”

“Essere felice” “Anch’io…”. Buona vita caro Papà,

“…conta su di me, come io conto sempre su di te”.

Ti ho chiesto: “Nella vita preferisci aver ragione o essere felice?” “Essere felice” “Anch’io”

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 ??  ?? Immagini inedite
Tre momenti privati, mai usciti prima, di Adriano Celentano con sua figlia Rosita
Immagini inedite Tre momenti privati, mai usciti prima, di Adriano Celentano con sua figlia Rosita
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