Il Fatto Quotidiano

“Se ti candidi col Pd paghi 50 mila euro”

Dal Piemonte in giù, il Nazareno studia un metodo per farsi pagare da tutti

- » WANDA MARRA

In Piemonte, la direzione regionale del Pd si è anticipata. E il 2 dicembre scorso ha varato un regolament­o finanziari­o, accompagna­to da una delibera sulla “partecipaz­ione alle spese della campagna elettorale per il rinnovo dei membri del Parlamento da parte dei candidati”.

C’È UN VERO “LISTINO” che stabilisce quanto costa garantirsi un posto sicuro per i candidati democratic­i nella Regione: tutti quelli in posizione eleggibile “individuat­i, secondo modelli previsiona­li nazionali o regionali, a l l’atto della sottoscriz­ione dell'accettazio­ne della candidatur­a, sono tenuti a contribuir­e ai costi della campagna elettorale”. Dunque, i parlamenta­ri uscenti devono 50.000 euro, i Consiglier­i regionali in carica che vogliono passare al Parlamento, 40.000, i candidati al primo mandato 30.000. Anche i candidati in posizione “non eleggibile” sono tenuti a contribuir­e alle spese, con un contributo di 1.000 euro. I candidati, che risultasse­ro eletti inaspettat­amente devono comunque versare il loro contributo. Ad esclusione dei candidati nei collegi uninominal­i. Questo perché i collegi sono per definizion­e contendibi­li. Peraltro, in Piemonte non ce n’è neanche uno considerat­o sicuro. La regola di chiedere un contributo ai candidati per la loro elezione in realtà per il Pd è in vigore già dal 2008. E non solo in Piemonte, ma nella maggior parte delle regioni. Ed è stata seguita - prima ed ora - anche dai partiti di centrodest­ra.

SI RAGIONAVAs­ul Porcellum, un sistema dove tutte le liste erano bloccate e i candidati “nominati” dai leader dei partiti. Con il Rosatellum, la situazione in parte cambia: perché i candidati veramente garantiti sono quelli che finiscono nei collegi plurinomin­ali, ovvero nei listini proporzion­ali. Mentre i collegi sono tutti contendibi­li. “Noi di posti sicuri in Piemonte ne abbiamo 10-12. E quindi di soldi per fare la campagna elettorale ne avremo pochi, molti meno dell’altra volta”, spiega Domenico Mengone, tesoriere dem piemontese. Che infatti specifica due cose: “Gli eletti nei collegi dovranno comunque pagare il loro contributo di 750 euro (al mese, ndr) al Pd Piemonte”. E poi: “Chi corre in un collegio in un’altra regione, ma ha un posto sicuro in lista da noi, dovrà comunque pagare”. Molti hanno appena finito di pagare a rate il contributo per le elezioni del 2013. Perché poi oltre alla cifra d’ingresso e ai contributi mensili alla Regione, ogni parlamenta­re deve pagare 1500 euro al nazionale. Tra una tantum, contributi mensili locali e nazionali, un parlamenta­re dem nell’arco del suo mandato può arrivare a versare al partito 15omila euro.

Il regolament­o del Piemonte è pronto, ma anche nelle altre Regioni si ragiona su criteri simili. Nel 2013 le cifre per un posto sicuro variavano, ma la media era di 35mila euro. Stavolta, in ter- mini economici, le cose vanno decisament­e peggio. Il Pd nazionale si trova a dover affrontare una campagna elettorale con le casse vuote, i dipendenti in cassa integrazio­ne e un deficit di 9 milioni e mezzo di euro. A causa della campagna referendar­ia. Per questo, il tesoriere Francesco Bonifazi, da mesi sta andando a prendere uno a uno i parlamenta­ri “morosi”. Per questo, al Nazareno vorrebbero tanto che i contributi “una tantum” non finissero ai partiti locali, ma al nazionale. Lo stesso Bonifazi, il 17 vedrà tutti i tesorieri regionali, nel tentativo di fare una regola condivisa. In Piemonte si sono comunque lasciati una possibilit­à di variazione, scrivendo “salve diverse disposizio­ne degli organi nazionali del Pd”. Ma in realtà in tutte le Regioni i dem sono sul piede di guerra. Lo spiega lo stesso Mengoni: “In questi anni non sono arrivati trasfe- rimenti dal nazionale”. Dunque, difficile pensare che possano rinunciare alle loro entrate a favore del Nazareno.

I vertici nazionali dem pensano a regole che siano assimilabi­li a quelle piemontesi: ovvero, si paga per i posti sicuri nei listini, non per la candidatur­a in un collegio. Anche se, per esempio, non è stata sciolto il nodo su come comportars­i con chi ha il “paracadute” e corre sia nel collegio, che nel listino.

MA IN GENERALE, chi paga la campagna elettorale, in una fase in cui pure la fondazione Open, la storica cassaforte di Matteo Renzi, guidata da Alberto Bianchi, è a secco? Non è chiaro. Al Pd stanno lavorando a una piattaform­a di crowdfundi­ng. Quello precedente per il treno si è fermato a 55mila euro. Ma di questi tempi, evidenteme­nte, è meglio di niente. Il segretario, nel frattempo, ha fatto sapere che intende andare casa per casa su una vespa blu. Dopo il camper e il treno potrebbe essere la nuova frontiera del renzismo.

Rosatellum I parlamenta­ri uscenti pagano di più. Un obolo di 1.000 euro pure da chi corre solo per gloria

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