Studi e spesometro: perché M5S vuole abolirli
Lo spesometro, il redditometro, gli studi di settore: sono gli strumenti che il Fisco si è inventato negli anni con l’idea di combattere l’evasione, partendo dal principio che si può risalire al reddito di imprese e contribuenti dai costi e le spese dichiarati o peggio, stimati. I risultati attesi, annunciati di volta in volta dai vari governi con il tono di chi ha trovato l’uovo di Colombo, non sono mai arrivati e il bilancio finale è fallimentare.
I GRANDI EVASORI continuano a operare quasi indisturbati mentre la grande massa dei contribuenti è alle prese con una miriade di adempimenti costosi e inutili che ingolfano anche la macchina fiscale. Il candidato premier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, ne fa soprattutto una q ue s ti on e di semplificazione. Ieri ha p re s e nt ato un sito web dedicato a segnalazioni e proposte dei cittadini per eliminare una volta al governo 400 leggi inutili “nei primi 100 giorni di governo”. E le prime due, secondo il candidato a Palazzo Chigi di M5s, saranno gli studi di settore e lo spesometro.
Gli studi di settoresarebbero incostituzionali: stimando i ricavi presunti di imprese, lavoratori autonomi e liberi professionisti, ragionano i Cinque stelle, costringono anche chi ha guadagnato meno a pagare la cifra decisa dalla Pa. E in questo modo verrebbe meno la progressività dell’imposizione fiscale prevista dalla Costituzione. In realtà gli studi settore sono un fallimento anche sul piano del contrasto all’evasione. I contribuenti che risultano meno “congrui” con il fisco sono i commercianti: al primo controllo solo il 57% risulta in regola con i redditi dichiarati. Gli studi di settore, elaborati con analisi economiche, tecniche e statistiche (ma anche in base a una contrattazione con le organizzazioni di categoria) dovrebbero consentire di stimare i ricavi o i compensi. Il sistema funziona con approssimazione per i fornitori che lavorano per altre imprese. Si complica enormemente per le attività che si rivolgono al consumatore finale. Se una parte degli acquisti dei prodotti da lavorare viene occultato senza farsi fare la fattura e si hanno lavoranti in nero, anche lo studio di settore più raffinato
risulta inefficace.
LO “SPESOMETRO” prevede invece la comunicazione analitica all’Agenzia delle Entrate delle fatture emesse e ricevute. Si è cominciato a parlare di “spesometro” quando si è cominciato ad applicare anche ai consumatori finali. In base alla registrazione delle spese e ai consumi effettuati, si è ragionato all’Agenzia delle Entrate, posso fare la radiografia a tutti e l’evasione sparirà. L’obbligo di segnalazione per i consumatori privati scatta invece per le spese sopra i 3600 euro. Non soddisfatti, dal 1° gennaio 2017 è entrato in vigore il nuovo spesometro trimestrale e gli adempimenti si sono ancora moltiplicati.
In conclusione solo l’introduzione delle fatture elettroniche, in forme semplificate per i contribuenti, l’aumento dei controlli tramite banche dati (ridotti oggi al lumicino) e dell’attività ispettiva potrà rilanciare efficacemente la lotta all’evasione.