Il Fatto Quotidiano

Studi e spesometro: perché M5S vuole abolirli

- » LUCIANO CERASA

Lo spesometro, il redditomet­ro, gli studi di settore: sono gli strumenti che il Fisco si è inventato negli anni con l’idea di combattere l’evasione, partendo dal principio che si può risalire al reddito di imprese e contribuen­ti dai costi e le spese dichiarati o peggio, stimati. I risultati attesi, annunciati di volta in volta dai vari governi con il tono di chi ha trovato l’uovo di Colombo, non sono mai arrivati e il bilancio finale è fallimenta­re.

I GRANDI EVASORI continuano a operare quasi indisturba­ti mentre la grande massa dei contribuen­ti è alle prese con una miriade di adempiment­i costosi e inutili che ingolfano anche la macchina fiscale. Il candidato premier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, ne fa soprattutt­o una q ue s ti on e di semplifica­zione. Ieri ha p re s e nt ato un sito web dedicato a segnalazio­ni e proposte dei cittadini per eliminare una volta al governo 400 leggi inutili “nei primi 100 giorni di governo”. E le prime due, secondo il candidato a Palazzo Chigi di M5s, saranno gli studi di settore e lo spesometro.

Gli studi di settoresar­ebbero incostituz­ionali: stimando i ricavi presunti di imprese, lavoratori autonomi e liberi profession­isti, ragionano i Cinque stelle, costringon­o anche chi ha guadagnato meno a pagare la cifra decisa dalla Pa. E in questo modo verrebbe meno la progressiv­ità dell’imposizion­e fiscale prevista dalla Costituzio­ne. In realtà gli studi settore sono un fallimento anche sul piano del contrasto all’evasione. I contribuen­ti che risultano meno “congrui” con il fisco sono i commercian­ti: al primo controllo solo il 57% risulta in regola con i redditi dichiarati. Gli studi di settore, elaborati con analisi economiche, tecniche e statistich­e (ma anche in base a una contrattaz­ione con le organizzaz­ioni di categoria) dovrebbero consentire di stimare i ricavi o i compensi. Il sistema funziona con approssima­zione per i fornitori che lavorano per altre imprese. Si complica enormement­e per le attività che si rivolgono al consumator­e finale. Se una parte degli acquisti dei prodotti da lavorare viene occultato senza farsi fare la fattura e si hanno lavoranti in nero, anche lo studio di settore più raffinato

risulta inefficace.

LO “SPESOMETRO” prevede invece la comunicazi­one analitica all’Agenzia delle Entrate delle fatture emesse e ricevute. Si è cominciato a parlare di “spesometro” quando si è cominciato ad applicare anche ai consumator­i finali. In base alla registrazi­one delle spese e ai consumi effettuati, si è ragionato all’Agenzia delle Entrate, posso fare la radiografi­a a tutti e l’evasione sparirà. L’obbligo di segnalazio­ne per i consumator­i privati scatta invece per le spese sopra i 3600 euro. Non soddisfatt­i, dal 1° gennaio 2017 è entrato in vigore il nuovo spesometro trimestral­e e gli adempiment­i si sono ancora moltiplica­ti.

In conclusion­e solo l’introduzio­ne delle fatture elettronic­he, in forme semplifica­te per i contribuen­ti, l’aumento dei controlli tramite banche dati (ridotti oggi al lumicino) e dell’attività ispettiva potrà rilanciare efficaceme­nte la lotta all’evasione.

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