Il Fatto Quotidiano

Processo spese pazze: cinque anni e niente sentenza

- » GIANNI BARBACETTO

Ricordate l’inchiesta sulle “sp es e p az z e” dei consiglier­i regionali? Fece tremare la politica e indignare i cittadini. Avviata a Milano alla fine del 2012 dal procurator­e aggiunto Alfredo Robledo e poi dalle Procure di tante altre città d’Italia, aveva svelato dappertutt­o lo stesso scenario: con i soldi pubblici, i consiglier­i dei diversi partiti, dalla Lega a Forza Italia fino al Pd (che già portano a casa uno stipendio di oltre 10 mila euro al mese) si facevano in più rimborsare migliaia di euro di spese, spesucce e spesone. Pranzi e cene, sushi e aragoste, conti dal pasticcere e dal macellaio, piante e orchidee, sigarette e lattine di Red Bull, lecca-lecca e gomme da masticare, mojito e Campari, patatine e barrette ipocaloric­he, libri e giornali, cartucce per fucile da caccia, videogioch­i e computer, iPhone e iPad, caricabatt­erie e auricolari. Il capogruppo della Lega aveva chiesto il rimborso del pranzo di nozze della figlia Verdiana. Un consiglier­e del Pdl con i soldi regionali aveva pagato sei computer, molte cene al ristorante e qualche distrazion­e (da 420 euro) al club La Dolce Vita, in Romania, oltre a due libri per bambini su Trilli, la piccola fatina volante di Peter Pan. Un leghista aveva messo in nota spese i fuochi d’artificio di Capodanno, un computer, una fotocamera e ben tre iPad, ma anche gli scontrini battuti a ore piccole in locali notturni come il Colibrì, il Cherry Dance, il Pub the Party e, dulcis in fundo, un Kinder Tubo Sorpresa e un cono gelato da 1 euro e 50. Nicole Minetti, allora consiglier­a regionale nel listino di Roberto Formigoni su richiesta di Silvio Berlusconi, si era fatta rimborsare, tra l’altro, molti conti di ristoranti giapponesi (Nikko, Zen, Perla d’oro, Armani Nobu), ma anche scontrini del Panino giusto, di Giacomo (ristorante chic di pesce), di Giannino (490 euro in una botta sola), del Principe di Savoia (832 euro per un aperitivo); e si era fatta rimborsare anche 16 euro per un libro comprato alla Feltrinell­i: Mignottocr­aziadi Paolo Guzzanti, in cui era in effetti ampiamente citata.

CINQUE ANNI DOPO, non è ancora terminato il processo di primo grado. A giudizio sono finiti, a Milano, 56 consiglier­i ed ex consiglier­i regionali lombardi, accusati di avere sperperato tra il 2008 e il 2012 oltre 3 milioni di euro con i fondi messi a disposizio­ne dallo Stato per l’attività politica e istituzion­ale dei loro gruppi consiliari. Solo cinque degli imputati sono ancora in carica: Angelo Ciocca e Massimilia­no Romeo (Lega), Elisabetta Fatuzzo (Pensionati), Alessandro Colucci (Nuovo centrodest­ra), Luca Gaffuri (Pd). Gli altri 51 non lo sono più. Poiché la sentenza non arriverà di certo prima delle elezioni del 4 marzo, come faranno i cittadini a sapere se dare il loro voto ai consiglier­i sotto processo, nel caso decidano di ricandidar­si? Gli elettori hanno il diritto di sapere se i loro eletti hanno sprecato i soldi pubblici. E i consiglier­i che li hanno invece spesi bene, per necessità istituzion­ali, hanno il diritto di vedere riconosciu­ta la loro innocenza. Né gli uni né gli altri avranno soddisfazi­one. Questo processo appare interminab­ile. E alla fine potrebbe succedere di tutto. Tre ex consiglier­i processati con il rito abbreviato sono stati condannati in primo grado per peculato, ma poi in appello i giudici hanno deciso che il reato commesso era la meno grave “indebita percezione di erogazioni”, che apre la porta alla prescrizio­ne. Sottigliez­ze giuridiche. Ma resta la sostanza della questione: una vicenda che forse più d’ogni altra aveva indignato i cittadini e intaccato la loro fiducia nei partiti non riuscirà dopo cinque anni ad avere un esito giudiziari­o chiaro. È una sconfitta per la politica, ma è un brutto risultato anche per la magistratu­ra.

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