Il Fatto Quotidiano

“Hasta la vista”, Assange: l’Ecuador non lo vuole più

Il fondatore di Wikileaks vive nell’ambasciata sudamerica­na a Londra da cinque anni: gli Usa lo accusano di aver divulgato notizie sensibili

- » SABRINA PROVENZANI Londra

“Siamo molto interessat­i a trovare una soluzione definitiva al caso Assange e per riuscirci siamo in dialogo costante con il governo del Regno Unito”. Così, martedì, il ministro degli Esteri dell’Ecuador Maria Fernanda Espinosa ha riaperto il dossier di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks da oltre 5 anni rifugiato politico all’ambasciata dell’Ecuador di Londra. “La situazione non è sostenibil­e. Continuere­mo a garantire Assange finché la sua integrità fisica e psicologic­a resta in pericolo, ma nessuno può vivere in quelle condizioni per sempre” ha continuato Espinosa. Smentendo implicitam­ente la notizia di un dialogo aperto, il governo inglese ha affidato la replica a un portavoce: “Il governo dell’Ecuador sa che l’unico modo di risolvere la questione è che Julian Assange lasci l’ambasciata e affronti la giustizia”.

L’APPELLO a sorpresa del governo ecuadorian­o sembra essere il frutto della recente evoluzione nei rapporti fra il piccolo stato sudamerica­no e Londra. L’immunità diplomatic­a era stata garantita ad Assange nel 2012 dal presidente Rafael Correa, aperta- mente orientato su posizioni anti-americanis­te. Il nuovo presidente Lenin Moreno ha ribadito l’appoggio ad Assange ma a condizione che non intervenga nella politica interna di paesi terzi.

Intanto, a settembre, il governo britannico ha annunciato il lancio di “un nuovo dialogo commercial­e” con tre economie andine emergenti fra cui proprio l’Ecuador, che quindi sembra avere ragioni economiche per scaricare l'ospite. C'è poi il quadro più dei rapporti con gli Stati Uniti, alleati strategici del Regno Unito. A maggio scorso, quando la Svezia aveva rinunciato a perseguire Assange per le accuse di stupro, da lui sempre respinte, i suoi sostenitor­i avevano sperato che potesse tornare libero.

Ma Scotland Yard si era detto pronto ad arrestarlo per violazione della libertà condiziona­ta (in cui si trovava quando è riparato all’ambasciata per sfuggire alla ri- chiesta di estradizio­ne in Svezia). In caso di arresto, Assange potrebbe essere incriminat­o negli Stati Uniti per divulgazio­ne di materiale coperto da segreto, ed estradato. Ad aprile il procurator­e generale Jeff Sessions, nominato da Trump alla guida del Dipartimen­to di Giustizia, aveva definito l’arresto di Assange “una priorità”.

GLI ESTREMI LEGALI per una estradizio­ne sembrano essere però esili: dagli Usa non c'è alcuna incriminaz­ione ufficiale; nel 2016 il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie ha stabilito che quella a cui è costretto Assange è illegale e a dicembre scorso una corte britannica ha deciso che Wikileaks è una pubblicazi­one giornalist­ica, riconoscen­done il diritto, garantito dalla legge sulla libertà di stampa, di diffondere le informazio­ni di pubblico interesse in suo possesso.

Ma intanto, scrive James Ball sul Guardian, il prigionier­o perde appeal, specie da quando le rivelazion­i di Wikileaks sembrano fare il gioco di Putin e Trump. “Quando ottenne asilo politico era ancora un eroe per la sinistra liberale e per molti antimperia­listi. Oggi è supportato soprattutt­o da nazionalis­ti di destra. Non è più l’icona di un tempo”.

Cambio di passo Ball (Guardian): “Era l’eroe antimperia­lista, oggi è sostenuto da nazionalis­ti di destra”

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Ansa Altri tempi Assange sul balcone dell’ambasciata dell’Ecuador

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