Renzi & De Benedetti: le bugie che tutti fingono di non vedere
Il leader, il raider e i media minimizzano. Ma la verità è un’altra
1. Il segretario: “Si sapeva già tutto” L’imprenditore: “Anche UBS consigliava le Popolari”. In realtà si mosse soltanto dopo l’imbeccata
2. Per speculare serviva conoscere prima la scelta del decreto (che avrebbe fatto schizzare i titoli) Palazzo Chigi decise e poi lo avvertì
3. Quando dà ordini al suo broker, l’ex proprietario di Repubblica non parla di notizie di giornale, ma è esplicito: “Me l’ha detto Renzi...”
Gli uffici inquirenti della Consob contestarono a Carlo De Benedetti, al suo broker di fiducia Gianluca Bolengo e alla sua società Itermonte Sim di aver commesso un “abuso di informazioni privilegi ate” acquistando titoli di banche popolari alla vigilia della riforma del settore. È il cosiddetto insider trading commesso da chi, in possesso di notizie in grado di influenzare l’andamento di un titolo in Borsa ne approfitta per guadagnarci. È un reato grave, ma in alcune circostanze viene sanzionato come illecito amministrativo. La procura di Roma però non l’ha mai ipotizzato indagando sul caso.
LA STORIA. Il 16 gennaio 2015, l’allora presidente del gruppo Espresso chiama Bolengo e gli chiede di comprare titoli di varie banche popolari. Ha saputo che il governo farà un provvedimento “entro due-tre settim an e” - dice - dal premier Matteo Renzi in persona il giorno prima. Sembra anche sapere che avverrà tramite un decreto legge. Chiede a Bolengo: “Quindi volevo capire una cosa… salgono le popolari?”. Risposta: “Sì, su questo se passa un decreto fatto bene salgon o”. “Passa, ho parlato con Renzi ieri, passa”, replica subito l’ingegnere. E infatti la riforma passerà per decreto al Consiglio dei ministri del 20 gennaio 2015. La chiamata viene fatta la mattina, poche ore dopo inizia lo scambio di mail tra la Romed, la finanziaria di De Benedetti e la Intermonte e vengono acquistati 5 milioni di titoli di 6 popolari, con una plusvalenza di 600 mila euro per l’editore. Tutto in un lampo. La procura di Roma ha indagato Bolengo solo per ostacolo alla vigilanza. Secondo i pm, essendo già usciti dei rumors sulla riforma, le informazioni privilegiate per commettere un abuso sono la data del provvedimento e il fatto che avvenga per decreto (con una norma d’urgenza i titoli schizzeranno in Borsa), ma a pronunciare la parola “decreto” è Bolengo “in modo del tutto generico e, palesemente, senza connotazione tecnica”. Eppure le indagini della Consob dicono altro.
Gli strani movimenti dei titoli di alcune popolari alla vigilia della riforma spingono l’Authority di Borsa a indagare. Il 6 luglio, l’Ufficio abusi di mercato apre un’istruttoria sull’operazione Romed, grazie alle indagini della Guardia di finanza ravvisa possibili reati e gira le carte alla procura di Roma. Dopo mesi di indagine, l’Ufficio arriva alla conclusione che De Benedetti e Bolengo hanno senza dubbio commesso un insider trading “secondario” (punibile con una multa da 20 mila fino a 3 milioni di euro). De Benedetti perché “ha comunicato a Bolengo l’informazione privilegiata inerente l’imminente approvazione di un decreto legge nel quale era inserito un provvedimento di riforma delle banche popolari” e gli dice di comprare azioni; Bolengo perché esegue l’ordine. Non ci sono dubbi che i due sappiano che di decreto si tratterà.
L’illecito viene contestato anche alla Intermonte. A insospettire gli uomini della Consob c’è anche il fatto che Bolengo – sentito in audizione all’authority il 31 marzo 2015 sugli acquisti sospetti – “omette” di riferire la telefonata con De Benedetti, come se non si dovesse sapere. A quel punto, dopo aver ricevuto tutti gli atti dalla Procura di Roma (tra cui gli interrogatori di Renzi, De Benedetti e del broker) l’Ufficio abusi di mercato manda gli atti all’Ufficio sanzioni con la richiesta di multare i protagonisti della vicenda. Nella richiesta – firmata dal responsabile dell’Ufficio Giovanni Portioli e da capo della divisione Mercatu, Maria Antonietta Scopelliti – si ribadisce che l’informazione privilegiata riguarda “l’imminente provvedimento di riforma, mediante decreto legge”, si sottolinea che De Benedetti è ben in condizione di sapere di star commettendo un illecito e che l’operazione è anomala anche perché la Romed non si era interessata prima alle Popolari.
NELLE PROCEDURE Consob, l’ufficio sanzioni è la parte giudicante. Serve a garantire terzietà alla procedura. Dopo aver sentito le controdeduzioni dei due soggetti, alla fine conclude che non ci siano gli estremi per sanzionarli e manda gli atti al collegio dei commissari, in quel momento presieduto da tre membri (due dei quali nominati dal governo Renzi) più il presidente, Giuseppe Vegas. La decisione arriva nella seconda metà del 2016 a maggioranza (Vegas si astiene): niente sanzioni, con buona pace delle contestazioni iniziali.
Ieri è toccato ad Andrea Augello ( Idea), membro della commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, tene- re il punto: “Il fatto che la Consob non sia stata in grado di sanzionare i responsabili, che la magistratura si proponga di archiviare l’inchiesta, dimostra che siamo lontanissimi dal disporre di strumenti efficaci e credibili per evitare che queste azioni si ripetano”.
Quei 600 mila euro ricavati L’Ufficio abusi di mercato chiese la multa, contrari i commissari Bolengo non disse subito della telefonata sul futuro “decreto”