Il Fatto Quotidiano

Chicco e la diga: Testa chiede 39 milioni di danni a parchi e paesi

- F.SA. E G.S.

Sui fiumi di Belluno sono state realizzate già 283 centraline e ci sono 202 domande. L’affare sono gli incentivi non l’energia

Il padre dell’ambientali­smo che rischia di mandare a gambe all’aria un parco e una manciata di Comuni di montagna. Dovrebbero pagare 39 milioni di danni alla società di cui è presidente Chicco Testa. Mentre i dirigenti dell’impresa sono accusati di aver compiuto abusi e aver fatto tagliare alberi nel parco.

Testa fu uno dei fondatori di Legambient­e, poi si è reinventat­o manager e sostenitor­e del nucleare. Nonché supporter di Matteo Renzi. Tra le cariche colleziona­te, c’è quella di presidente di Eva Valsabbia. Una società che nel Bellunese è al centro di un clamoroso contenzios­o. Tutto nasce intorno al torrente Mis: acque cristallin­e, gole a strapiombo. La società progetta una diga per una centrale idroelettr­ica. Gli ambientali­sti fanno ricorso: “Siamo nel Parco delle Dolomiti Bellunesi”. La società la realizza lo stesso basandosi sulle autorizzaz­ioni ottenute, ma la Cassazione ordina di demolire e ripristina­re i luoghi. Dopo anni è tutto ancora lì. Non basta: tre dirigenti della società sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di aver realizzato opere in difformità da quanto previsto dalla Regione e di aver proceduto con ruspe e motoseghe nel parco. “Avevamo i permessi e ci siamo comportati secondo le autorizzaz­ioni”, dichiara Maurizio Paniz, già braccio destro di Silvio Berlusconi e oggi avvocato Valsabbia. La richiesta dei danni: 39 milioni da dividersi tra Regione, Ente Parco e i minuscoli comuni di Gosaldo e Sospirolo. “I miei clienti hanno investito due milioni”, dichiara Paniz. Da 2 milioni a 39, perché? “C’è anche il mancato guadagno”.

La parabola di Testa – non indagato – porta alla luce una polemica che scalda gli animi dei bellunesi (140 associazio­ni impegnate nella battaglia): l’invasione delle dighe e delle microcentr­ali elettriche. Centinaia, in ogni fiume, torrente, rivo. In principio era il Piave: su 227 chilometri di corso se ne contano 200 di condutture. Oggi tutti i corsi d’acqua di montagna sono stati stravolti. I dati del Centro Italiano per la Riqualific­azione Fluviale contano in Veneto 283 impianti esistenti e 202 domande. Lucia Ruffato del Comitato Acqua Bene Comune racconta: “Il business non è l’energia prodotta, che rimane risibile, ma gli incentivi: 0,22 euro per kilowatt-ora. Molti- plicato per gli impianti esistenti in Italia, gli incentivi ci costano 1,2 miliardi l’ann o. Per lo 0,3% dell’energia”. La legge lo consentiva. Alla fine l’Europa ha preteso che l’Italia si dotasse di precise linee guida per autorizzar­e gli impianti. “Ma anche le nuove norme non sono chiare – accusa Ruffato – e non toccano le domande pendenti (1.932 in Italia)”. Quando la legge arriverà il danno sarà compiuto.

Qualcuno dovrebbe leggersi Il Ponte delle disgrazie del giornalist­a Toni Sirena. La storia del ponte di Belluno costruito e caduto 28 volte in sei secoli. Con questi fiumi di piene e alluvioni bisognereb­be andarci piano.

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Energia e incentivi Le dighe sul Mis, nel Parco delle Dolomiti

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