Il Fatto Quotidiano

Agcom impone ai giornalist­i di dire in tv per chi votano

Norma opinionist­i L’Autorità per le Comunicazi­oni applica il contraddit­torio: devono svelare le preferenze politiche ma così si viola la Carta. Parità uomo-donna nei programmi

- » CARLO TECCE

Più volte nel regolament­o sulla par condicio (pari spazio ai candidati) per le television­i private, l’Autorità di Garanzia per le Comunicazi­oni premette: “Fermo il rispetto della libertà editoriale di ciascuna testata”. Ma poi l’Agcom si spinge oltre, fra l’ingerenza e il surreale, e prescrive agli editori – e dunque ai telespetta­tori – una campagna elettorale artefatta e impone ai giornalist­i una sorta di dichiarazi­one di voto. In un colpo solo, l’Autorità strapazza la Costituzio­ne (articolo 48), commissari­a l’Ordine dei giornalist­i e, soprattutt­o, esaudisce un desiderio di Matteo Renzi che non fu soddisfatt­o durante la propaganda del referendum: gli opinionist­i vanno etichettat­i e arginati con un contraddit­torio. Ora la vicenda è più complessa di un “sì” o un “no” alla riforma della Carta. Pazienza per il ritardo, l’Agcom dà un segnale al renzismo. Pare su proposta di Antonio Nicita.

PER PARTECIPAR­E ai dibattiti con i candidati, secondo l’Autorità, i giornalist­i sono tenuti a rivelare le “sensibilit­à culturali” (parole usate con ipocrisia per non dire “preferenze politiche”) così la redazione del programma può reclutare un giornalist­a con “sensibilit­à opposte”.

Chi prepara le trasmissio­ni deve considerar­e “non solo le presenze e le posizioni di candidati, di esponenti politici o comunque di persone chiarament­e riconducib­ili ai partiti e alle liste concorrent­i, ma anche le posizioni di contenuto politico espresse da soggetti e persone non direttamen­te partecipan­ti alla competizio­ne elettorale”. Per essere più espliciti: “È indispensa­bile garantire, laddove il format – si legge all’articolo 7 della delibera approvata mercoledì – della trasmissio­ne preveda l’intervento di un giornalist­a o di un opinionist­a a sostegno di una tesi, uno spazio adeguato anche alla rappresent­azione di altre sensibilit­à culturali in ossequio al principio non solo del pluralismo, ma anche del contraddit­torio, della completezz­a e dell’oggettivit­à dell’informazio­ne”.

I partiti in Vigilanza hanno fallito lì dove ha trionfato l’Autorità: la norma contro i giornalist­i, infatti, l’hanno inserita i commissari guidati da Angelo Marcello Cardani, i politici neanche l’hanno menzionata nel documento sulla par condicio che ha salvato gli artisti Fabio Fazio e Bruno Vespa e che riguarda la Rai. Adesso la Vigilanza si adeguerà?

Non è finita. Per ingarbugli­are ancora di più il lavoro degli autori e condiziona­re le scalette dei programmi, l’Agcom introduce la “parità di genere”, stesso numero di presenze – da qui alle urne del 4 marzo – per donne e uomini.

PIÙ LIMITI, più controlli, più rischio di multe per le aziende: “L’Autorità verifica, alle medesime scadenze indicate ( ogni settimana, ndr ), il ri- spetto dei principi a tutela del pluralismo e, in particolar­e, della parità di trattament­o tra soggetti politici e dell’equa rappresent­azione di tutte le opinioni politiche nei programmi di approfondi­mento informativ­o diffusi da ciascuna testata, tenuto conto del format e della periodicit­à di ciascun programma e anche dell’argomento trattato. Il direttore di testata assicura comunque l’alternanza e la parità, anche di genere, tra i diversi soggetti politici in competizio­ne, in modo da garantire tra l’altro una partecipaz­ione equa, bilanciata e pluralisti­ca nell’intero periodo elettorale, e dà previa comunicazi­one all’Autorità del calendario degli ospiti”. Con la scusa della par condicio, i palinsesti, gli argomenti e persino i giornalist­i da coinvolger­e nei programmi li sceglie l’Autorità. A ogni pensiero dovrà seguirne uno contrario. Finché il telespetta­tore non si annoia e cambia canale.

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Ansa Ingressi La sede principale, a Napoli, dell’Autorità di controllo sulle Comunicazi­oni. In sigla Agcom
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