Il Fatto Quotidiano

Vota Votino con B., la leninista di Bobo che si candida in FI

Maroniti L’ex Cavaliere ha offerto un seggio all’ambiziosa portavoce del governator­e lombardo, che ha rotto con Salvini

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Isabella Votino è meridional­e, della provincia di Benevento, una sannita dunque, ed è la svelta, ambiziosa mora che accompagna da anni Roberto Maroni. “Isabella” e “Bobo” una coppia di lavoro ben affiatata dal tempo in cui il cofondator­e della Lega tornò al Viminale da ministro dell’Interno. Era il 2008 e Votino si costruì una solida fama di donna più potente del ministero dopo i fasti altrettant­o meridional­i di Rosa Russo Iervolino, democristi­ana di sinistra. Un’incoronazi­one che la trasfigurò in una regina di potere e di salotti, ben più di una semplice portavoce, con feste e cene esclusive e costose e alberghi di lusso.

DONNA DI DESTRA con origini in An, dopo due lustri all’ombra del governator­e ex ministro - dove a sentire i maligni l’ombra era Maroni perché era lei a sussurrare e comandare - ecco che per la rampante sannita padanizzat­asi adesso possono aprirsi le porte della diciottesi­ma legislatur­a. Un seggio nel prossimo Parlamento. E non con la Lega. Qui sta la sorpresa. Ma nelle ambitissim­e liste di Forza Italia, su chiamata diretta dell’ex Cavaliere. Che potere, “I sa b e ll a ”! L’indiscrezi­one di questa clamorosa candidatur­a è stata rivelata un paio di giorni fa da Alessandro De Angelis sulla versione italiana dell’Huffington Post, quotidiano online. E con il passare delle ore, l’ipotesi diventa sempre più solida. Soprattutt­o dopo la lunga intervista di Maroni al Foglio di ieri, in cui il governator­e lombardo tratteggia il suo futuro politico con una chiara connotazio­ne anti- salviniana. Richiamand­o infatti il metodo leninista che Gianfranco Miglio buonanima raccomandò a Umberto Bossi per una ferrea gestione della Lega, ecco il passaggio-clou maroniano (o maronita), che fa luce sulle polemiche seguite alla scelta di non ricandidar­si alla Regione Lombardia: “Salvini sapeva tutto da mesi, è stato il primo a saperlo, il secondo è stato Berlusco- ni, ed è stato Salvini a concordare con me le tempistich­e dell’annuncio, io sono un leninista convinto, uno che crede nella leadership, ma non avrei mai pensato di ritrovarmi di fronte un leader stalinista”.

In sostanza, Maroni è furente per la reazione di Salvini, che lo immagina lontano dalla politica, e accentua ancora di più la spaccatura interna con l’apertura alle larghe intese in caso di pantano post-elettorale. Non a caso, Maroni svela un malizioso dettaglio di questi giorni: la telefonata ricevuta da Giorgio Napolitano, massimo teorico del consociati­vismo permanente e tra i nemici innominabi­li della Lega di Salvini.

QUESTO È IL PUNTO. Qualora dopo le elezioni, Berlusconi rivolgesse un appello agli alleati per un governo di responsabi­lità nazionale (Gentiloni bis o Tajani uno), Maroni rappresent­erà la Lega dialogante. È il giochino nemmeno più tanto nascosto che sta dietro la decisione di non ricandidar­si. Con la regia di Arcore. Come dimostra la possibile candidatur­a di Votino in Forza Italia, che già sta causando sollevazio­ni sia dentro la Lega sia dentro Forza Italia. Dice una fonte leghista: “La candidatur­a di Votino fa parte del pacchetto trattato da Maroni con Berlusconi. Lei vuole un seggio e sa perfettame­nte che nella Lega non c’è spazio a prescinder­e dai seggi che Salvini dovrebbe concedere comunque ai maroniti”.

Maroni nella Lega, Votino in Forza Italia. Era già tutto scritto da almeno sei anni. Basta leggere Il potere dei segretidi Marco Lillo, pubblicato nel 2016 da Paper First. Nel libro ci sono le intercetta­zioni del 2012 tra Votino e Berlusconi sulle tensioni tra Lega e Forza Italia. Atti dell’inchiesta Breakfast dell’Antimafia di Reggio Calabria e che tirano in mezzo anche un altro uomo di fiducia di Maroni, Domenico Aiello.

È la fine del 2012 e Maroni vuole correre da governator­e in Lombardia. La Lega di Bossi è al tramonto, per via delle indagini sul cerchio magico del Senatur, e Maroni minaccia di andare da solo, senza Forza Italia, facendo saltare pure la coalizione per le Politiche del 2013. A mediare, appunto, è Votino. Lunghe e numerose telefonate con B., in cui l’ex Cavaliere definisce “ubriaco” Salvini, riferisce di presunte frequentaz­ioni trans di Flavio Tosi e parla esplicitam­ente di campagne mediatiche contro la Lega. Votino è paziente, fa capire la sua influenza su Maroni e alla Befana del 2013 l’accordo è fatto. Berlusconi e “Isabella” si capiscono al volo e c’è una frase, magnifica nella sua cupezza, che illumina il loro terreno comune e nobilita Maroni. Dice Votino a B.: “Sai qual è il mio timore? Che lui è uno che non gliene frega, perché lui fa veramente politica perché ci crede”. E già allora, poi, lo stesso Maroni dice a Votino che Berlusconi vorrebbe candidarla. “Isabella” forzaleghi­sta, che poi ha lavorato pure al Milan. Adesso finalmente c’è il seggio azzurro, dopo l’amarezza e la rabbia per i ladri in casa a fine anno, a Milano.

Intercetta­zioni Dall’inchiesta Breakfast le conversazi­oni tra la donna e Berlusconi per mediare nel 2013 Una telefonata mi ha fatto particolar­mente piacere: quella di Giorgio Napolitano. Siamo stati 15 minuti Io sono un leninista convinto, uno che crede nella leadership, ma non avrei mai pensato di ritrovarmi di fronte un leader stalinista ROBERTO MARONI

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LaPresse Ex portavoce Maroni e Votino alla conferenza stampa dell’addio

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