Il pm: “Calunniò, ma il Papello è vero”
IL FIGLIO dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, Massimo, “ha confessato di essere l’autore della calunnia (su Gianni De Gennaro, ndr) ma non ne indica il mandante. Non è plausibile che in quel momento Ciancimino non abbia avuto consapevolezza della precisa identità di chi gli ha fornito quel documento manomesso. Per questa imputazione Ciancimino non merita le attenuanti generiche”. Il pm Nino Di Matteo su Massimo Cinancimino non ha dubbi: in una circostanza ha mentito affermando che il padre, Vito Ciancimino, avrebbe sottolineato davanti a lui il nome di Gianni De Gennaro, ex capo della polizia, indicando presunte relazioni con Cosa Nostra. Successivamente ha ammesso di avere mentito. Da qui l’accusa di calunnia. Tuttavia, ha continuato il pm, se “è vero che Ciancimino ha prodotto a rate una serie di documenti cercando di mantenere vivo e costante l’interesse degli investigatori nei suoi confronti, è vero che ha mentito quando ha detto di aver visto il padre scrivere il nome di Gianni De Gennaro, ma non c'è alcuna prova che abbia personalmente falsificato uno dei documenti che ha consegnato”. Pur riconoscendo le “colpe” di Massimo Ciancimino, quindi, Di Matteo salva la genuinità di gran parte dei documenti che questi ha consegnato agli inquirenti e che sono finiti agli atti del processo. A partire dal cosiddetto “papello”, l’elenco, dato ai pm nel 2009, con le richieste che Riina, proprio all’inizio della Trattativa, avrebbe fatto avere allo Stato attraverso i carabinieri del Ros, ora imputati nel dibattimento.