Il Fatto Quotidiano

Lavoro I dati migliorano soltanto perché gli italiani vanno in pensione più tardi?

- LUIGI FERLAZZO NATOLI DANILO FOSSATI GIUSEPPE BARBANTI STEFANO FELTRI OSVALDO STANO

Solo degli illusi potevano pensare che la campagna elettorale da poco iniziata sarebbe stata diversa dalle altre. Anzi si sta assistendo all’esaltazion­e del gioco delle tre carte, nel quale sono impegnati tutti i parlamenta­ri uscenti, i quali hanno capito che con il geniale Rosatellum o si creano dei partitini-cespugli attorno a quelli più grandi, nonché alleanze farlocche, o non si è eletti e non si governa. Bene, essendo Renzi il più grande interprete del gioco delle tre carte, egli è riuscito con la consueta faccia tosta da pubblicita­rio a fare passare per centrosini­stra, una cosa che al massimo può passare per centro tout court, in quanto non ha a che fare con la sinistra e può essere considerat­a un secondo centrodest­ra”, dopo quello di Berlusconi. Contestual­mente, giornalini e tv stanno cercando di confondere gli elettori per fare votare Berlusconi o Renzi. Si spera, tuttavia, che capiscano – come è accaduto per il Referendum – quali siano non dico i partiti migliori, ma almeno i meno peggio.

E, quanto ai programmi, si spera che partiti e partitini la finiscano col non tracciare programmi concreti e ben definiti, e col parlare solo di diminuire le tasse e di lottare l’evasione fiscale. Queste sono solo colossali fake news, mai realizzate, e predicate sin dall’epoca della Dc.

Scarsità di posti di lavoro grazie al cinismo della politica

Riguardo la mancanza di posti di lavoro di cui i nostri politicant­i parlano come se fosse una pietra caduta dal cielo, si dovrebbe stilare a loro imperitura vergogna il lungo elenco di aziende lasciate andare al loro destino nell’ultimo decennio. Aziende lasciate chiudere con grande cinismo, ben sapendo che sono costituite anche da persone e quindi famiglie, in nome dell’indifferen­za, insipienza, viltà ed egoismo: tutto nascosto dietro la voce “m e r ca t o ”. In LEGGO CHE IN ITALIA a novembre il numero degli occupati era pari a 23.183.000 unità: dal 1977, data di partenza delle serie storiche dell'istituto di statistica, non si era mai registrato un numero così alto. Ma non è che il numero degli occupati aumenta perché i lavoratori vanno in pensione sempre più tardi? GENTILE GIUSEPPE, sui numeri del mercato del lavoro in questi anni è stata creata – ad arte – una confusione che permette alla politica di celebrare nuovi successi ogni mese. È vero, c’è un record di occupati rispetto al 1977, l’anno in cui l’Istat ha iniziato a monitorare il mercato del lavoro su base mensile (e anche sull’utilità di commentare dati ogni mese ci sarebbe da discutere). Ma questo numero ci racconta molto poco. Prima di tutto perché l’Italia del 2018 è diversa da quella del 1977. E lo si nota subito guardando il tasso di disoccupaz­ione: nel 1977 era al 4,8 per cento, oggi è più del doppio. Se una quota molto maggiore di persone cerca lavoro senza trovarlo, usare la cifra assoluta degli occupati per dimostrare che il mercato del lavoro non è mai stato così florido da 40 anni a questa parte è parecchio fuorviante.

Poi, certo, c’è l’elemento anagrafico. Ci sono state le riforme delle pensioni che hanno ritardato l’uscita dal mercato del lavoro. Ma in base all’ultimo dato disponibil­e relativo al 2014, l’età effettiva media di pensioname­nto in Italia è ancora di 62 anni, ben lontana dai 67 teorici previsti dalla legge Fornero per molte categorie. Il fatto che ci siano sempre più occupati relativame­nte anziani, però, non dipende soltanto dalla Fornero. Sempliceme­nte, i lavoratori invecchian­o e ci sono pochi giovani che entrano nel mercato. Francesco Seghezzi di Adapt, realtà la politica ha abbattuto l’ambiente infrastrut­turale sociale ed intellettu­ale indispensa­bile per far vivere una sana economia e finanza.

Ridurre l’informazio­ne per ingannare i lettori

L’ordine dell’establishm­ent è minimizzar­e l’affare “De Benedetti-Renzi”.

Ovvero un’informazio­ne che l’allora premier avrebbe anticipato un centro studi, osserva che se si depurano i dati dalla componente demografic­a – cioè dal fatto che un lavoratore che due anni fa aveva 48 anni oggi risulta nella categoria over 50 e così via – “la crescita occupazion­ale è guidata dagli under 34 con un 3,1%, seguita da 50-64enni con un +2,5 per cento”. Mentre i disoccupat­i over 50 aumentano del 7,2 per cento.

Va poi ricordato che negli ultimi 12 mesi, il 90 per cento dei nuovi occupati ha avuto un contratto a termine, solo il 10 a tempo indetermin­ato. Questa non è per forza una cattiva notizia, se il precariato rimane la condizione iniziale di un rapporto di lavoro che poi viene stabilizza­to. Purtroppo la storia recente non invita all’ottimismo. all’ingegnere, su un decreto per trasformar­e le casse di risparmio in S.p.A., valorizzan­done il valore sul mercato. La transazion­e su queste azioni frutta all'editore di Repubblica 600 mila euro in pochi giorni, perché la acquista basse prima del decreto e le rivende alte dopo. L’urgenza dell'operazione si manifesta in una conversazi­one telefonica tra De Benedetti e il suo agente, durante la quale il primo parla esplicitam­ente di una notizia sicura, ricevuta di prima mano da Renzi, circa l’imminente decreto di trasformaz­ione. Il broker ascolta, conviene e esegue l'acquisto al volo di un bel “cesto” di azioni. Gli interessat­i smentiscon­o che ci siano state “soffiate” privilegia­te (inside trading), dicendo che era tutto già noto, con il conforto di periti e Consob. Insomma, va tutto in archiviazi­one. Ora, la cosa potrebbe essere circoscrit­ta a una vicenda tra compagni di tartine. Ma De Benedetti è editore di Repubblica . E c’è una concomitan­za che colpisce. Calciomerc­ato elettorale. Si cercano i nomi più altisonant­i per poi a posteriori redigere la classifica dei trombati più eccellenti.

I nomi scomodi non li mettono in lista. Un partito senza paura e con la certezza di essere stato il miglior governo che la nazione abbia mai avuto non dovrebbe avere problemi ad imbarcare anche quelli. Infatti non vedremo mai in lista gente che viene nominata e piazzata dall’alto a ricoprire incarichi chiave, e che in quei posti ci ha passato una vita. Un po’ di coraggio non guasta. Voglio vedere certi nomi illustri nelle liste dei partiti che hanno trovato loro impieghi e incarichi (e pensioni) a molti zeri. A pieno titolo, tra i primi posti, quelli che sono stati a capo di Equitalia o della Agenzia delle Entrate, dell’Inps, coloro che colleziona­no poltrone e stipendi a ripetizion­e e che se non fossero decisi e messi lì dai politici non troverebbe­ro impiego neanche come camerieri.

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Ansa Protesta Studenti contro l’alternanza scuola-lavoro

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