Cantone, l’Anac raddoppia gli stipendi ai suoi dirigenti
Grazie a un emendamento infilato dal Pd nella Manovra
■ Da due anni il capo dell’Autorità anti-corruzione chiedeva la fine della “giungla retributiva veramente inaccettabile”. Dal 2019 potrà uniformare i compensi al livello di quelli (più alti) dell’Antitrust
Era il 16 febbraio 2015 e il neopresidente dell’Autorità anticorruzione si lamentava così in audizione alla Camera: “Credo che sia arrivato il momento di una regolamentazione organica delle autorità indipendenti, perché per esempio la giungla retributiva è veramente inaccettabile”. Ma come? si lasciava andare l’ex pm Raffaele Cantone a “uno sfogo personale”, all’Anac viene imposta “una pesantissima spending review” (un taglio del 20% dei costi rispetto al passato) e “i funzionari dell’Autorità dei trasporti guadagnano quasi 1500 euro più dei nostri con un meccanismo che non ha molto senso perché bisognerebbe stabilire criteri validi per tutti”.
PAROLE SANTE a cui purtroppo il legislatore non ha dato ascolto e allora l’Anac e il suo presidente ci hanno pensato da soli, chiedendo e ottenendo un piccolo emendamento all’ultima manovra che consente all’Anticorruzione dal 2019 di parificare i propri stipendi a quelli dell’Antitrust, che a loro volta sono simili a quelli di Banca d’Italia, vale a dire i più ricchi del settore pubblico: un bell’aumento che in via teorica potrebbe sfiorare il raddoppio dei compensi.
Breve promemoria. L’Anac all’inizio del 2015, con l’arrivo di Cantone, ha accorpato ai suoi 30 dipendenti (ex Civit) i 300 circa dell’ex Autorità sui contratti pubblici, in larga parte provenienti dal fu ministero dei Lavori pubblici. Effettivamente il nuovo ente fu sottoposto a un drastico ridimensionamento dei costi passando da costi totali per 63 milioni nel 2014 ai circa 56 del 2015 (al netto delle partite di giro) per arrivare ai circa 60 del bilancio di previsione 2018, circa la metà dei quali se ne vanno in spese per il personale, poco meno di trecento persone.
Nel frattempo, però, l’Anac di Raffaele Cantone è diventata come la Madonna pellegrina e compare in ogni dove: la ricostruzione post- terremoto, gli arbitrati sulle banche, il “caso Spelacchio” e mille altri luoghi de ll’immaginario se non del buon funzionamento amministrativo. E dire che il nuovo codice degli appalti – “una rivoluzione copernicana” a stare all’ex magistrato campano – per via di una serie di errori materiali e, soprattutto, di uno concettuale (l’assenza di una disciplina transitoria) ha rallentato e non di poco gli investimenti pubblici in infrastrutture.
Critiche a parte, il preminente ruolo dell’Anac è indiscutibile e la sua forza mediatica straordinaria. E non c’è dunque da stupirsi se si è arrivati all’emendamentino divenuto poi piccolo comma della manovra, per la precisione il numero 298 dei 1.181 che compongono la legge di Bilancio 2018. La (legittima) at- tività di lobby dell’Anac era iniziata in Senato quando l’onere delle aspirazioni stipendiali dei dipendenti dell’Autorità erano state accolte da Giorgio Santini, capogruppo Pd in commissione Bilancio: non se n’era fatto nulla, ma alla Camera invece i “cantoniani” hanno fatto gol. Primo fir- matario l’ex sottosegretario al Lavoro di Mario Monti, Carlo Dell’Aringa, e altri deputati Pd come Giampaolo Galli (ex Confindustria) e il capogruppo in commissione Bilancio Maino Marchi.
E CHE DICE questo prezioso testo? Riassumendo che, a partire dal 2019, l’Anac – i cui dipendenti dall’aprile 2017 sono parificati a quelli della presidenza del Consiglio – “può adeguare il trattamento economico del personale, nei limiti delle risorse disponibili per tale finalità, sulla base dei criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato”. Praticamente il massimo possibile. Che la cosa non sia a costo zero, lo dimostra la successiva copertura che parte dai 300 mila euro del 2019 per poi salire e arrivare a un costo a regime di 3,2 milioni di euro l’anno, un aumento dell’11% rispetto al costo del lavoro attuale (che peraltro comprende anche il personale a termine e i rimborsi spese). E questo al netto del fatto che, aperta la porta della parificazione all’Antitrust, la relativa provvista di spesa (“nei limiti di risorse disponibili”) può sempre essere ritoccata all’insù da qualche altro emendamentino nei prossimi anni. Magari la “giungla retributiva” di cui si lamentava Cantone tre anni ci sarà ancora, ma almeno quelli dell’Anac staranno sull’albero più alto.
Tutti amano l’ex pm Il testo, presentato dall’ex sottosegretario Dell’Aringa, è passato quasi all’unanimità
Credo sia il momento di una regolamentazione organica delle Autorità indipendenti: la giungla retributiva è inaccettabile Scusate lo sfogo personale 16 febbraio 2015