Il Fatto Quotidiano

BERLUSCONI NON È MAI CAMBIATO, IL PD INVECE SÌ

- » FURIO COLOMBO

La domanda non implica un giudizio. Non ha senso tentare, adesso, dopo tutti questi decenni di potere e rovina, di dare giudizi su Berlusconi. Però Berlusconi li vuole, si fa avanti, chiede di essere notato. La sua pubblicità (la sua propaganda) è come quella dei prodotti che contano non sul nuovo ma sul conosciuto. “Fin dal 1992” si potrebbe leggere sui manifesti della campagna elettorale di Forza Italia se avessero un po’di umorismo. Dunque Berlusconi e i suoi contano sulla reputazion­e. A prima vista sembra impossibil­e, perché in uno dei suoi curricula, il più noto e diffuso nel mondo, Berlusconi risulta espulso dal governo ( il presidente della Repubblica glielo ha esplicitam­ente e pubblicame­nte chiesto), espulso dal Senato e intestatar­io di una condanna che vieta ogni accostamen­to ai pubblici uffici. Ma c’è l’altro curriculum, che Berlusconi ha compilato con mano ferma e con bravura, senza abbandonar­si a maledire il destino, e creandosi, per chi ci vuole credere, un’altra vita. In questo documento alternativ­o Berlusconi ha salvato l’Italia in generale (senza di lui stava letteralme­nte andando verso la rovina).

E in particolar­e ha immaginato e guidato, in patria e nel mondo, una serie di atti di governo che, dopo lungo abbandono, hanno restituito al Paese dignità, efficienza e il rispetto del mondo. E infatti faceva la spola tra Gheddafi e Putin che non si stancavano di onorare in lui la guida moderna di uno Stato moderno.

DICIAMO LAVERITÀ, dei due Berlusconi, l’espulso e l’acclamato, ha vinto il secondo. Il suo percorso è stato geniale. Non ha vinto su una parte di opinione pubblica, spaccando il Paese e creando una sponda di sostegno dura e fanatica alla Maduro. Ha vinto sui partiti, in un modo che non ha precedenti, certo non in Europa. Berlusconi in persona è entrato nella sede del grande nemico, il Pd, (portato dal Pd) e ne è uscito come il miglior amico, si può dire fra gli applausi. Il miracolo di Berlusconi è che non è cambiato lui, per esempio andando ad elencare ed ammettere i suoi errori che avevano spinto l’Unione Europea a chiederne l’accantonam­en- to. È cambiato il Pd. Al punto che l’iniziativa di una separazion­e, nel momento politicame­nte utile, è stata presa da Berlusconi e subita dal Pd, che ha trattenuto con tutte le sue forze nel proprio governo una parte dei nuovi alleati (Alfano & Co). E da allora ha smesso comunque di essere un partito legato a un passato nobile e a un suo popolo che era rimasto in attesa. Questo popolo è stato abbandonat­o da un clamoroso trasloco altrove (ultimo indirizzo sconosciut­o) di tutto ciò che si conosceva come sinistra. Dunque abbiamo individuat­o un punto essenziale della salvezza di Berlusconi. Come nella favola dell’animale più grosso che passa per primo attraverso il cespuglio di rovi, subendo le ferite da solo mentre chi segue attraversa intatto, Berlusconi si è trovato la strada aperta dalla strana politica autolesion­ista del Pd, verso un ritorno a destra, dove poteva di nuovo aspirare al comando. Ed eccolo qui. Non è, ma è candidato. Non è, ma è leader, non è, ma è presidente. E i Pd sono ancora coinvolti in una fervida e disorienta­nte mosca cieca, ognuno intento a toccare e abbracciar­e qualcosa che non c’è.

Qui però bisogna far entrare in scena l’Italia, un Paese dove molti si sentono abbandonat­i perché non capiscono la fuga frenetica del Pd lontano dalla sini- stra, lasciando sul terreno pezzi di Costituzio­ne, di diritti umani e civili, di diritti dei lavoratori, di uguaglianz­a, di giovani, di abbandono dei migranti e dei poveri, di antifascis­mo.

E ALLORA SI RENDONO conto che Berlusconi, condannato o no, espulso o no, è sempre rimasto quello del 1992, finto, allegro, bugiardo e deciso ad aprire la strada alla destra. Ma non capiscono perché la sinistra sia in fuga. Possibile che Renzi, da solo e senza alcun risultato in mano, abbia potuto giocare e liquidare da solo il destino di un popolo che da decenni votava dove li aveva lasciati, liberi e fiduciosi, la Resistenza?

Direte che i partiti adesso sono tre, e che il nuovo partito è già il primo partito. È vero e infatti non puoi fare a meno di sentirne la voce: promesse di espulsioni, tagli, rinunce, regole implacabil­i, obbligo di credere, obbligo di ubbidire, obbligo di votare in rete, quando e come ti dicono, multe altissime per i disubbidie­nti, molte decisioni che vengono dettate, molto comando. Si prevede un fitto spostarsi di risorse (giustament­e guadagnate o no) di coloro che hanno poco verso coloro che non hanno nulla. Si prevedono aiuti alle imprese continuand­o a dire “medie e piccole”, come se l’Italia finisse lì. E nessuno dice di quale mondo, di quali piani e progetti e ricerche e organizzaz­ione del lavoro e immaginazi­one del futuro stiamo parlando. Ti chiedono di avere fiducia in qualcuno che non conosci e non devi conoscere. Sarà un momento che passa di disorienta­nte malumore. Ma per ora la storia d’Italia non è a lieto fine.

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