Il Fatto Quotidiano

“Con l’Alzheimer non puoi neppure dire addio ai tuoi”

Il morbo Dopo l’articolo in cui Selvaggia Lucarelli ha raccontato la malattia nella sua famiglia, molti lettori hanno scritto le loro storie

- » SELVAGGIA LUCARELLI

Qualche giorno fa, qui sul Fatto Quotidiano, ho raccontato la storia di mia nonna, che si ammalò di Alzheimer anni fa, e mi svelò un mondo fino a quel momento sconosciut­o: ricordi che andavano via poco a poco, angosce improvvise, urla nel cuore della notte, noi parenti smarriti, sfiancati dal senso di impotenza e abbrutiti dalla fatica.

La convivenza con un malato di Alzheimer è qualcosa che lascia il segno. Che si ha pudore di raccontare, perchè l’Alzheimer è una malattia che si porta via la dignità. Non quella che ha a che fare col dolore o con un fisico sfibrato, ma quella dell’essenza. Dello spirito. E lo spirito, questa malattia, lo demolisce. Il malato smette di sapere chi è, chi è stato, chi sei. Perde il dove. Non riconosce più i figli e la casa in cui ha vissuto tutta la vita. Cambia personalit­à. Può diventare ostile. Non sa più vestirsi, lavarsi. I parenti non hanno bussole, navigano a vista, tra rabbia e sbigottime­nto.

In tanti, passati attraverso questo dolore, mi hanno scritto. Potrei dire che le storie si somigliano un po’ tutte e invece no, a guardarle bene, le storie dei malati di Alzheimer possiedono una loro esclusivit­à, e per una ragione precisa: ciascuno di loro conserva un minuscolo pezzetto della sua vita, mentre tutto si sfascia. Un appiglio. Un frammento di quello che è stato, in mezzo a cumuli di macerie estranee e cattive.

“Il mio papà tornato a essere un calciatore”

C’è Laura, per esempio, che racconta la sua: “Tre anni fa mio padre si è ammalato di Alzheimer. Sono una psicologa, mi sono aggrappata alle mia razionalit­à, alle mie conoscenze, ma non ce la faccio, la nostra famiglia è investita da un ciclone. Lui è qui, ma non è più qui.

Ci stiamo abituando all’assenza, nonostante sia davanti ai nostri occhi tutti i giorni. Però c’è una cosa tenera: da giovane mio papà era un calciatore abbastanza famoso. Il calcio è stato il centro della sua vita. Beh, l’ho odiata quella passione perchè lo portava spesso via da me. Invece pensa, ora è l’unica cosa che me lo restituisc­e, per qualche attimo.

Succede quando mio papà si infila la tuta e scappa da solo fino al campetto del nostro paese convinto di avere la partita. A volte trova qualcuno che gioca, ci dicono che dà fastidio alle squadre, che dovremmo tenerlo chiuso in casa.

Noi però abbiamo deciso di lasciarlo fare, di fargli vivere il suo tempo immutabile in cui per pochi attimi torna bambino e può continuare a giocare ancora un po’”.

“Dov’è finita la mia vecchia nonna?”

Poi c’è Marco, un’altra storia: “Noi non ce l’abbiamo fatta a tenerla a casa. Si è tentato, ma la malattia era troppo devastante per tutti. Io ho una figlia piccola per cui la nonna era la favola che l’incantava, la torta al cioccolato, le domeniche al parco in cui se ne stavano mezza giornata solo loro due, mentre io e mia moglie restavamo al ristorante che gestiamo.

Era anche mia madre, quella che mi ha fatto fare le scelte giuste, che mi ha insegnato a cavarmela nel mondo, che mi ha fatto viaggiare fin da giovanissi­mo perchè ‘ Oh Marco, mica ci sarò sempre io da cui tornare, abituati a essere orfano, che ti fa bene’. Poi mi sposo, nasce Giulia, la vita va come deve andare.

Un giorno mi chiama mio papà: ‘La mamma stamattina è andata al supermerca­to e mi ha chiamato perchè non si ricordava la strada di casa’. Principio di Alzheimer. Il baratro. Nel giro di due anni mia madre, quella che mi voleva in giro per il mondo, non poteva più andare da sola fino in bagno. Le faceva paura il corridoio, le faceva paura la notte, le faceva paura la faccia di mio papà, che non riconoscev­a più e le sembrava un bambino cattivo che le ha rubato la bicicletta. (chissà se è mai esistito, quel bambino).

Non le facevamo più vedere Giulia, perchè Giulia, 7 anni, l’ha vista una sola volta ridotta così e poi tornando a casa in macchina, ci ha chiesto: ‘ D o v’è andata la mia vecchia nonna?’. Già, dove è andata? Non lo sappiamo più. Ci sembrava di vederla ancora, per qualche minuto, quando le mettevamo la musica classica e le si illuminava­no gli occhi, la musica che tanti anni fa ascoltava mentre correggeva i compiti dei suoi alunni. Alla fine ci siamo arresi.

L’abbiamo portata in un istituto, tra lacrime e sensi di colpa. Tutte le domeniche siamo da lei. Ci guarda. Siamo estranei. L’Alzheimer si è portato via una madre, una nonna, una donna meraviglio­sa”.

“Col cancro almeno prepari i bagagli”

Infine, la storia di Giovanna: “Ho avuto un tumore sei anni fa. Ne sono uscita viva per miracolo, dopo tre anni di terrore puro, in cui ho provato lo schifo della chemiotera­pia, la stanchezza cronica, il pessimismo di chi pensa ‘Mia figlia crescerà da sola, chi baderà a lei?’. Mi sono immaginata alla fine, ho cominciato a programmar­e tutto per andarmene senza lasciare pensieri o cose non dette, ho preparato dei bagagli immaginari.

Invece sono guarita. E un anno dopo si è ammalata mia mamma, di Alzheimer. Potrei descrivere ogni singolo gradino sceso da mia mamma, finchè per fortuna non è arrivata in fondo. La maglietta indossata al contrario per uscire, i furti involontar­i nei negozi, le improvvise recriminaz­ioni (Dove avete messo i miei orologi? Bastardi! Li avete venduti?), mio fratello preso a morsi perché voleva pettinarla e via così, fino al sottoscala della semi-incoscienz­a, in cui si è trovata gli ultimi mesi, prima di morire.

Sai che pensavo quando stava per morire senza aver mai capito dove stesse andando? Che è stato meglio il mio cancro. Che se mi tornasse oggi mi sentirei male sì, ma meno male di prima, perchè ho visto come si muore d’Alzheimer. Mia mamma- la mia bella mamma intelligen­te e spiritosan­on ha potuto organizzar­e nulla, non ha potuto sistemare le cose pratiche e quelle sentimenta­li, non ha detto addio alla vita che ha avuto, perchè quando è stato il momento, non se la ricordava più.

Meglio il cancro. Quello almeno ti permette di preparare i bagagli”.

IL RITORNO AL PASSATO

“Mio papà è stato un bravo calciatore, oggi si infila la tuta e scappa al campetto convinto di avere la partita”

LA SFIDA PER LE FAMIGLIE

“Alla fine ci siamo arresi e abbiamo portato la nonna in un istituto, tra lacrime e molti sensi di colpa”

 ??  ?? “Rughe” Il graphic novel di Paco Roca sull’Alzheimer (Tunué)
“Rughe” Il graphic novel di Paco Roca sull’Alzheimer (Tunué)
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy