Il Fatto Quotidiano

“Sapevamo dall’inizio il nome del killer di Tobagi”

Milano 1980 Un carabinier­e ha raccontato al giudice Salvini: “Accertamen­ti su Barbone già pochi giorni dopo l’agguato”

- » STEFANIA LIMITI

Novità

sull’omicidio del giornalist­a del Co r ri er e della Sera Walter Tobagi, avvenuto sotto la sua casa milanese il 28 maggio 1980, da sempre avvolto da una nebbia di polemiche. Così promettono gli organizzat­ori della conferenza stampa annunciata per martedì prossimo nella sede dell’Associazio­ne Lombarda Giornalist­i, alla presenza dei vertici della Federazion­e della Stampa. Il Fatto ha appreso anticipata­mente che tra gli elementi raccolti c’è una relazione del 5 giugno 1980, dunque scritta pochi giorni dopo il delitto, in base alla quale un brigadiere dei carabinier­i ascoltato nei mesi scorsi dal magistrato Guido Salvini, che sarà presente alla conferenza stampa, dice di aver eseguito l’ordine di accertare che Marco Barbone, militante della Brigata XXVIII marzo, effettivam­ente abitasse in via Solferino 34 perché era sospettato di essere uno dei killer di Tobagi.

SALVINI HA APPRESO questa novità nell’ambito dell’attività istruttori­a svolta in qualità di consulente della Commission­e parlamenta­re Moro 2 - che voleva verificare la fondatezza di una testimonia­nza in base alla quale Tobagi avrebbe rifiutato l’invito che gli venne rivolto dalle Br di incontrare il presidente della Dc nella “pri- gione del popolo”. Perché è interessan­te? Si apre uno squarcio sulla vicenda segnata dai dubbi sull’effettiva attività di prevenzion­e della minaccia che incombeva sulla vita del giornalist­a e sui grovigli delle indagini immediatam­ente successive. Renzo Magosso, giornalist­a amico di Tobagi, in un libro scritto con Roberto Arlati Le carte di Moro, perché Tobagi (FrancoAnge­li, 2003), poi completame­nte scomparso dal panorama editoriale, aveva ricostruit­o la vicenda in modo assai critico circa l’operato delle forze investigat­ive, anche sulla base di quanto rilevò all’allora capitano Bona- ventura l’informator­e Rocco Ricciardi, nome in codice “Ciondolo”: questi anticipò il piano dell’omicidio dell’inviato del Corriere.“Marco Barbo- ne dice che ammazzare uno come Tobagi vuol dire entrare nelle Br con le fanfare”, spiegò a Bonaventur­a, scomparso nel 2002. Venti giorni dopo quel colloquio, l’ attentato mortale aT ob agi. La“verità giudiziari­a” stabilita dal processo afferma che il ruolo di Barbone nell’ omicidio emerse solo cinque mesi dopo, alla metà di ottobre, quando venne arrestato per terrorismo e confessò di essere l’autore dell’agguato. Diversi altri elementi di novità, raccolti in un libro di Antonello De Stefano, Vicolo Tobagi (Zona contempora­nea editore) in uscita nelle prossime settimane. L’autore, oltre che regista, è fratello di Manfredi De Stefano, appartenen­te al gruppo di fuoco, morto in carcere dopo un pestaggio alla vigilia del processo d’appello nel quale intendeva partecipar­e attivament­e con una sua testimonia­nza, come disse ai suoi avvocati. Alla conferenza stampa interverrà anche Francesco Giordano, altro componente del commando. Ha scontato la pena per l’omicidio ma finora ha sempre mantenuto il silenzio.

Il processo

Il ruolo del terrorista poi pentito emerse ufficialme­nte 5 mesi dopo, quando confessò

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Ansa Il giornalist­aWalter Tobagi

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