Donne nelle piazze La lunga marcia fra martiri e hijab
Tunisia Nel 7 ° anniversario della rivoluzione del 2011 le mamme dei caduti con le ragazze senza velo che protestano contro il carovita
Megafono e hijab. Om Saad è una signora minuta e arrabbiata. “Sono rimasta sola al mondo” dice alle madri dei ‘martiri della rivoluzione’ - i giovani che morirono negli scontri tra dicembre 2010 e il gennaio successivo - che si sono radunate su Avenue Boughiba per la commemorazione.
Om Saad fatica a darci il suo nome, preferisce ripetere quello del figlio: “Sono la mamma di Majdi Nasri, è stato ucciso da un poliziotto il 12 gennaio 2011”. Due anni dopo morì suo marito. Le rimane solo un figlio, anche lui rimasto vedovo tre anni fa. In questo quadro desolante Om Saad ha scoperto di essere malata, un cancro alle ossa. “Non mi arrenderò, mai. Lo Stato deve ammettere di aver ucciso Majdi, deve assumersi le sue colpe”. La famiglia di Om Saad vive da Ariana, cittadina a pochi minuti da Tunisi. “Siamo poveri –conclude la donna- per questo il governo non ci risponde”.
Secondo le agenzie di stampa, alla fine di quella rivolta si contarono 78 morti e 94 feriti.
Vicino alle signore velate, e tutt’ora in lutto, c’è una nuova generazione di donne tunisine, quella che partecipa alle proteste di questi giorni contro il carovita. Il presidente Beji Caid Essebsi ieri ha in- contrato i responsabili dei sindacati e degli imprenditori per discutere le modalità con cui uscire dalla crisi. Alla riunione erano presenti delegati dei partiti Nidaa Tounes e Ennahdha. “Sono state fatte delle proposte per uscire da questa tensione, ma non per far cadere la legge finanziaria” ha detto Rached Ghannouchi,