L’ultima di Trump: Luther King è il suo eroe
Dopo la battuta sui migranti dai paesi “cessi” il presidente riscopre il leader nero
Il
lungo week-end Usa del Martin Luther King – la giornata festiva si celebra lunedì, ma Trump ha già anticipato l’incontro con esponenti della comunità nera – è l’incubatoio ideale per le polemiche sul ‘razzismo’ neppur troppo latente del magnate presidente. Trump proclama l’apostolo e il martire della lotta alla segregazione suo ‘eroe’, ma difende, in privato, le parole dette sui migranti in arrivo dai Paesi africani e caraibici (“quei cesso di Paesi”).
SE PERCEPISCA o meno la contraddizione tra l’omaggio al pastore nero – una liturgia americana dal 1986 - e gli insulti ai migranti, Trump non lo fa capire: sostiene di avere solo espresso quello che molti pensano ma non osano dire sulle persone provenienti da Paesi economicamente depressi. Il presidente – rivela una fonte ai media - ha passato il venerdì sera al telefono con amici e consiglieri per coglierne le reazioni e ribadire loro di non essere razzista, accusando i media di avere distorto le sue parole, ma le espressioni volgari sono state confermate da più di uno dei congressman presenti e non sono state smentite. Richieste di scuse e di ritrattazione sono arrivate dall’Unione africana e da singoli Paesi che si sono sentiti offesi. E i giornali americani non sono certo teneri: “Razzista, incompetente e bugiardo”, lo giudica il New York Times.
Il primo check-up da presidente degli Stati Uniti, un appuntamento annuale, non ha intanto avallato il sospetto che Trump dica, o twitti perché ogni tanto ‘sbarella. Il presidente gode d’una salute “eccellente”, anche se la forma fisica non è magari ottima, a causa delle sue abitudini ali- mentari. Gli esami, di cui – in attesa di maggiori dettagli - il dottore della Casa Bianca Ronny Jackson certifica che sono andati “estremamente bene”, non hanno però incluso test psicologici e neurologici, ma solo fisici. Trump ne esce ringalluzzito: quel che ci vuole, per affrontare le scosse di assestamento del sisma susci- tato dalle parole sui Paesi di provenienza dei migranti e dalle mosse sull’Iran.
IL REGIME di Teheran, una belva ferita dalle recenti proteste, che Trump aveva ‘sponsorizzato’ via Twitter pur ignorandone l’origine e gli obiettivi, fa sapere che non accetterà mai cambiamenti all'accordo sul nucleare siglato con la comunità internazionale nel 2015: l’intesa "non è negoziabile”. La pensano così pure gli altri garanti di quegli impegni, l’Ue, la Russia, la Cina.
L'annuncio di Teheran viene dopo che Trump ha accantonato “per l’ultima volta” nuove sanzioni contro l'Iran, a meno che l'accordo sul nucleare non venga migliorato, dal punto di vista Usa, e integrato con limitazioni ai programmi missilistici iraniani. Teheran ha pure mal digerito le misure punitive prese nel confronti di Sadegh Amoli La- rijani, capo del sistema giudiziario iraniano e molto vicino alla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei.
Un altro episodio conferma la tendenza del magnate agli scivoloni lessicali e razziali, anche durante i briefing dell’intelligence nello Studio Ovale. "Perché questa bella signorina coreana non viene coinvolta nei negoziati con Pyongyang?", avrebbe chiesto Trump, secondo la Nbc, mentre un'analista di intelligence d’origine asiatica esperta di ostaggi lo stava aggiornando sull'imminente rilascio di una famiglia americana da tempo segregata in Pakistan. “Di dove sei?”, l'ha interrotta Trump. “Di New York”. “No, la tua gente da dove viene?”. Tra i presenti all'incontro fu “palpabile” l’imbarazzo per quella che venne percepita come “una mancanza di sensibilità culturale e di decoro”.