Il Fatto Quotidiano

I romanzi storici parlano di oggi Siamo noi a non imparare mai

- » MARCELLO INTRONA

Ho sempre mal digerito le categorie strette in letteratur­a, quelle che racchiudon­o un genere entro limiti definiti, perché un atto creativo e spontaneo come la scrittura non ritengo possa essere catalogato. Si può distinguer­e nettamente la carne dal pesce, il vino dall’acqua, ma se parliamo di narrativa, al di là della definizion­e che ritroviamo nei libri del liceo, il discorso è diverso perché un’opera può essere carne e pesce insieme, acqua e vino e magari pure coca-cola. Il mio è il punto di vista di un medico veterinari­o con la passione per la scrittura e se penso al romanzo storico mi vengono subito in mente capisaldi come i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, considerat­o l’esempio italiano più eclatante.

RISULTA EVIDENTE come l’autore utilizzi i fatti storici per spiegarci le relazioni umane. Verissimo. Efficaciss­imo. Don Rodrigo è la metafora del potere arrogante esercitato contro ogni logica e per me è identico alle multinazio­nali che bombardano il mio Adriatico con l’air gun alla ricerca di mezzo litro di petrolio giovane e di pessima qualità, a discapito di Renzo e Lucia che spaesati dalle onde d’urto si arenano sulle coste daune. È una visione personale, mi rendo conto.

Nel mio romanzo, Castigo di Dio, ho cercato di usare la storia come tappeto e cielo, descrivend­o tra le altre cose il mercimonio sessuale di bambini avvenuto a Bari nella prima metà degli anni quaranta. Oggi, nel 2018, esiste lo stesso identico mercimonio e se pur non si consuma in un palazzo fatiscente come quello che ho descritto, è sempliceme­nte migrato attorno allo stadio San Nicola. La storia ci insegna e noi non vogliamo imparare e quegli stessi mostri, predatori pazienti, vampiri di futuro, popolano ancora il mondo, perché a loro basta allontanar­si sulla provincial­e per lasciarsi alle spalle le proprie storture.

Il romanzo di taglio storico dovrebbe metterci in guardia e in effetti lo fa, perché tutto è ciclico nelle dinamiche umane e se penso al riemergere prepotente dei nazionalis­mi e degli estremismi mi prende lo sconforto, perché vuol dire che Curzio Malaparte “ha perso tempo” nello scrivere La Pelle o che Cristo si è fermato a Eboli avrebbe potuto proseguire in qualsiasi altra parte del mondo. Nei romanzi c’è la natura umana perfettame­nte spiegata e alcuni di questi hanno un non so ché di chiarovegg­enza. Prendete 1984 di George Orwell. Pur non avendo propriamen­te quel sapore rappresent­ando un’allegoria, prevedeva fin dal 1948 cosa e come sarebbe diventata la società che osserviamo oggi. Certo il “grande fratello” non è un partito politico come nelle righe dell’autore, ma che si viva in un selfie dimostrati­vo perenne non me lo invento io. Basta aprire un social qualsiasi e si ha davanti agli occhi la versione aggiornata del capolavoro orwelliano. Perché l’importante è che il selfie, la finzione, sia venuto bene e chi se ne frega se poi la realtà è diametralm­ente opposta.

In Ci rivediamo Lassù di Pierre Lemaitre si ripete il modello e l’ufficiale di cavalleria Pradelle si arricchisc­e speculando sulle sepolture dei soldati caduti nella grande guerra, molestando con successo la moglie di ogni “amico”. L’autore concentra in un unico indecoroso personaggi­o tutta quella rete di mascalzona­te e mascalzoni che regalarono alla Francia una clamorosa figuraccia nel 1922, e ci descrive un Harvey Weinstein decisament­e più carino, ma ugualmente raccapricc­iante. In opposizion­e e per par condicio tutte quelle signorine che puntano sulla loro avvenenza per fare strada nelle vita, “scordando” che ci sono vie più meritocrat­iche e dignitose, non sono forse la Madame Bovary di Flaubert? E se l’autore in fin di vita ha pronunciat­o la seguente frase: “Io sto morendo, ma quella puttana di Emma Bovary vivrà per sempre” non intendeva esattament­e questo?

E CHE DIRE di Anna Karenina di Lev Tolstoj, un compendio di pulsioni e compulsion­i umane. Anna, suo marito, il suo amante, sua sorella sono personific­azioni della fedeltà, del tradimento, del conflitto tra società agricola e società urbana, tra tradizione e progresso e il suicidio della protagonis­ta una specie di passaggio di stato dalla decrepita alta società all’avvento della novella borghesia. E i conti tornano, perché il romanzo, soprattutt­o quello storico, per questo nasce e a questo serve. Ho sempre idolatrato John Fante, considerat­o l’antesignan­o della letteratur­a americana beat, e leggendo Dago redho sentito sulla mia schiena il disprezzo razzista che gli italiani pativano in America negli anni trenta, perché Fante sarà pure l’antesignan­o della beat , ma descrive quelle sensazioni che diventano romanzo storico, offrendoci un furibondo esempio di realtà che si perpetua. Il suo “mangiaspag­hetti” di ieri è “l’immigrato bastardo” di oggi, è la ricerca della superiorit­à di qualcuno sulle spalle di qualcun altro. Sarà che la diversità spaventa e la consuetudi­ne consola. Non saprei, ma pure fosse non impariamo mai e le soluzioni sono tutte già scritte. Basterebbe leggerle.

La profezia di “1984” Il “grande fratello” non è un partito politico, ma il selfie dimostrati­vo perenne sui social è la versione aggiornata del capolavoro orwelliano

 ?? Ansa ?? Come eravamo Di immigrati negli Stati Uniti è piena la letteratur­a
Ansa Come eravamo Di immigrati negli Stati Uniti è piena la letteratur­a

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy