Il Fatto Quotidiano

Lavoro dopo la crisi: più precarietà, più morti, più ansia

- » SILVIA TRUZZI

Ieri, dopo l’incidente in cui a Milano hanno perso la vita tre operai, l’Associazio­ne Nazionale mutilati e invalidi del Lavoro (Anmil) ha diffuso i dati degli ultimi anni su decessi e infortuni. “Nel 2015 e 2016, a seguito dei primi segnali di ripresa produttiva, il calo degli infortuni ha cominciato a dare segni di un sensibile rallentame­nto finché nel 2017 ha iniziato, già dai primi mesi, una crescita via via più consistent­e che comunque si è attenuata nell’ultimo mese di novembre. Sulla base dei più recenti dati, relativi ai primi undici mesi del 2017 (rilevati dall’Open Data dell’Inail) gli infortuni sul lavoro sono aumentati dello 0,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ( circa 2.000 infortuni in più); l’incremento era stato molto più sostenuto nei mesi precedenti sfiorando il +2% e solo nell’ultimo mese, come detto, ha rallentato. Un percorso analogo si riscontra per le morti sul lavoro che erano scese dai 1.200 casi del 2008 a 1.170 nel 2014 per risalire a 1.286 nel 2015 e ridiscende­re a 1.104 nel 2016. Nel 2017, infine, sempre con riferiment­o ai dati disponibil­i del periodo 1 gennaio-30 novembre, si assiste a una crescita dell’1,8% (17 casi in più)”.

Franco Bettoni, presidente dell’Anmil, ha ben spiegato come questi dati siano da leggere a fianco di quelli sull’andamento dell’economia e dell’occupazion­e. Dopo anni di calo, aumentano un po’ le ore lavorate e la produzione e con loro anche infortuni e morti: “L’evoluzione del fenomeno infortunis­tico nell’ultimo decennio si è sviluppata quasi perfettame­nte in linea con la dinamica economica appena esposta. Già da alcuni decenni il fenomeno infortunis­tico ha fatto registrare nel nostro Paese un calo continuo sia per gli infortuni che per le morti sul lavoro. Ma tale flessione si è notevolmen­te accentuata a partire proprio dal 2008 e fino al 2014, gli anni della crisi economica, di cui si è detto, e che, producendo un forte taglio di produzione e lavoro (sia in termini di occupati che di ore lavorate), ha ridotto l’esposizion­e al rischio, quindi gli infortuni stessi”.

IL 2008 È ANCHE L’ANNO in cui viene emanato il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro. Eppure sappiamo dall’encomiabil­e lavoro dell’Osservator­io indipenden­te di Bologna (che ha cominciato a tenere la sua tristissim­a contabilit­à nel 2008 dopo la tragedia ThyssenKru­pp) che molte morti sarebbero evitabili, per esempio in edilizia indossando il casco protettivo. In questi dieci anni 13mila vite si sono spente sul luogo di lavoro: una strage. Tra il 2006 e il 2008 i due rami del Parlamento avevano, entrambi, un presidente “sindacalis­ta” - Fausto Bertinotti a Montecitor­io, Franco Marini in Senato - che si fecero portabandi­era di una campagna sul tema delle “morti bianche”, spalleggia­ti anche da Giorgio Napolitano, non ancora ossessiona­to dalle riforme costituzio­nali. Ne uscirono, come detto, le nuove misure del Testo unico.

Dieci anni dopo dobbiamo constatare che i luoghi dove c’è maggiore occupazion­e sono i luoghi dove si verificano più morti. Intanto la sinistra di governo ha terminato l’opera che alla destra non era riuscita (si ricordi il Circo Massimo di Cofferati), smantellan­do le tutele con una picconata - simbolicam­ente violentiss­ima - all’articolo 18. Vero, abbiamo recentemen­te scoperto che non era tutta farina del loro sacco e tra i suggeritor­i del “ragazzo dell’ascensore”, oltre a Confindust­ria e alla Bce, c’era Carlo De Benedetti. Morale: siamo usciti dalla crisi con meno tutele, più ansie e più morti. E per fortuna che la Repubblica è fondata sul lavoro.

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