IL SINGOLO Liberato canta l’amore Lgbt (e la sua fine)
“Me staje appennenn’ amò” è il quarto lavoro del rapper napoletano ancora senza volto
iberato canta ancora”: così il famoso e anonimo artista napoletano, sabato sera all’improvviso è tornato a far parlare di sé pubblicando un nuovo brano sul suo canale Youtube, “Me staje appennenn amò”, un modo gergale per dire: mi stai lasciando amore. In pochi giorni il video, sempre di Francesco Lettieri, è quasi arrivato a mezzo milione di visualizzazioni. Dopo l’esordio del singolo Nove maggio a cui sono seguiti Tu t’e scurdat’ ‘e meeGaiola portafortunacontinua il mistero sulla sua vera identità. Forse Liberato non vive nemmeno più a Napoli, ma una cosa è certa: il suo team di lavoro non sbaglia un colpo nella comunicazione, nell’immagine e soprattutto nel mantenere nascosta la sua identità. Una voce eterea, (neo)melodica che strizza l’occhio al suono trap elettronico, che canta di amori finiti con un linguaggio semplice e moderno, al punto che nei commenti su Facebook un fan ironicamente scrive: “Troviamo una ragazza a Liberato.”
Le immagini del talentuoso re- gista Francesco Lettieri sono un racconto nel racconto, ormai le canzoni di Liberato sono inscindibili dai suoi video. Insieme sembrano sviscerare il sentimento dell’amore in ogni sua declinazione con le parole e con la scelta degli attori: prima una bambina, poi un ragazzo e una ragazza appartenente a classi sociali diverse, poi due ragazzi di colore dell’hinterland napoletano e ora attraverso il mondo LGBT. “Il nuovo video – spiega Lettieri – rispetto ai precedenti ha un taglio più documentaristico, per la prima volta non abbiamo scelto attori ma persone che si trovano a recitare se stesse”. Chi ha scelto il soggetto del nuovo video? “Questa volta – continua Lettieri – l’ha scelto Liberato, altre volte io. Ci fidiamo molto l’uno dell’altro e amiamo lavorare assieme, partiamo sempre dagli stereotipi per poi tentare di romperli attraverso il racconto di una Napoli vera e contemporanea”. Il messaggio di Liberato/Lettieri è semplice e chiaro: l’amore è un sentimento universale, è l’unica cosa che conta e non conosce limiti di età, di classe e di genere.
Con velleità artistiche che vanno ben oltre la formazione di una punk-rock band, i fratelli Ettore e Marco Giuradei, protagonisti, dopo una lunga militanza, del mondo indie bresciano, si presentano al grande pubblico con un progetto ambizioso che va sotto il nome di Dunk. Una “superband” con un paio d’assi nella manica, che sono la batteria di Luca Ferrari, in licenza temporanea dai Verdena, e la chitarra di Carmelo Pipitone, prestato dai Marta Sui Tubi. Due presenze che contano, decisive nell’imminente tour che partirà dalla Latteria Molloy di Brescia il prossimo 9 febbraio. Le 11 canzoni che compongono l’album omonimo, sono frutto di jam informali tenute presso la Taverna Studio e il risultato è un disco muscolare, diretto, crocevia tra hard rock, psichedelia e punk, che seduce con quel suo carattere ambiguo ed evidenziato dai frequenti cambi d’atmosfera e dagli intrecci sonori. I pezzi più efficaci: Avevo Voglia, È altro, e Noi non siamo , singolo accompagnato dal bel video realizzato da Silvano Richini.