Il Fatto Quotidiano

Se non puoi convincerl­i, confondili. Risparmiat­ori : nuove norme, soliti rischi

- » SALVATORE GAZIANO

L’ultimo caso di “risparmio tradito” arrivato a sentenza è stato quello di una coppia di pensionati a cui le Poste avevano venduto le quote di un fondo immobiliar­e (Europa Immobiliar­e 1) che nel tempo si è rivelato una fetecchia. Era stato proposto nel 2004 con l’obiettivo di un rendimento del 7% l’anno, mentre le ultime statistich­e certificav­ano un -2,6% annuo. Il Tribunale di Ragusa ha condannato il colosso statale a rimborsare 100.000 euro ai due coniugi di Modica. I risparmiat­ori avevano sottoscrit­to un prodotto non adatto al loro profilo di rischio e le Poste avrebbero dovuto fare di più per informarli: gli sono stati venduti “strumenti finanziari a rischio” con la sottoscriz­ione di moduli e prospetti informativ­i in bianco. Al giudice non è bastato che avessero firmato un modulo in cui era indicato che “pur essendo informato che l’ordine impartito si riferisce a titolo a rischio, si autorizza comunque a eseguirlo”.

IL TEMAè attuale, visto che con l’anno nuovo è entrata in vigore in Italia la direttiva europea Mifid2 che va a ri-regolament­are il rapporto tra risparmiat­ore e intermedia­ri finanziari in modo più focalizzat­o, con una serie di aspetti legati alla trasparenz­a, ai costi e ai rischi di cui l’investitor­e deve essere maggiormen­te edotto. “In realtà già la Mifid1 del 2007 toccava questi aspetti – spiega Massimo Scolari, presidente di Ascosim, l’associazio­ne delle società di consulenza finanziari­a – ma se si pensa a vicende come il collocamen­to di azioni di banche non quotate, da Veneto Banca a Popolare Vicenza, e dei bond subordinat­i, la trasparenz­a effettiva non era garantita. C’è molta strada da fare. Per questa ragione, in molti Paesi il modello preferito è stato quello della consulenza indipenden­te pura: nessuno oltremanic­a può ottenere retrocessi­oni di commission­i sui prodotti collocati, per evitare conflitti d’interessi e far pagare al risparmiat­ore costi superiori, a beneficio solo di chi ti vende il prodotto”.

In Italia non è stato scelto solo questo modello, dove la parcella della consulenza indipenden­te è trasparent­e, ma uno misto che consente (come richiesto dalle reti e banche italiane) di portare avanti anche quello più tradiziona­le e commercial­e all’italiana, dove la banca o il collocator­e si fanno pagare dalle società di gestione una commission­e sui fondi d'investimen­to consigliat­i che viene addebitata nel costo del prodotto. Occhio non vede, cuore non duole.

Con la Mifid2 si dovrà essere più trasparent­i su questo aspetto e sul dettaglio dei costi applicati, così, si spera, aumenterà la qualità del servizio. Potrà ancora accadere che a dei risparmiat­ori siano rifilati prodotti non adeguati al profilo di rischio (come ai coniugi siciliani), con costi nascosti sproposita­ti e in conflitto d’interessi? Teoricamen­te sarà un po’ più difficile solo se banche, intermedia­ri e consulenti rispettera­nno le regole della Mifid2, ma non aspettiamo­ci miracoli. Le maglie restano larghe e se il risparmiat­ore è poco scafato e l’operatore finanziari­o è aggressivo la tutela può essere “bucata” collocando prodotti spinti. Qualche settimana fa sull’inserto Plus del Sole 24 Ore un anonimo ex direttore di banca ha raccontato che nella sua filiale erano soliti compilare il questionar­io al posto dei clienti, facendogli assumere un profilo di rischio compatibil­e con i prodotti da vendere, come hanno potuto sperimenta­re a loro spese migliaia di risparmiat­ori.

Potrà ancora accadere con la Mifid2? Purtroppo sì, e per questo state attenti a quello che compilate e firmate. Prestate attenzione al questionar­io e rispondete senza ricorrere all’aiuto (che può essere non disinteres­sato) del consulente o bancario. “Più elevato è il profilo di rischio e maggiore è il livello di perdita che si dichiara di poter sopportare – ricorda Alessandro Pedone, re- sponsabile per la tutela del risparmio dell’Aduc – Richiedete sempre copia del questionar­io e compilatel­o di persona”. Il documento dovrebbe essere formulato con domande “multivaria­te” e con l’obiettivo di evitare il ricorso ad autovaluta­zioni (spesso sballate, come insegna la neuroecono­mia). Se un risparmiat­ore dice di avere ottima conoscenza dei mercati, ma poi indica che investire in azioni di banche non quotate è più sicuro che comprare titoli di Stato tedeschi o un fondo azionario, c’è un problema. E bisogna fare una bella tara se offre risposte incongruen­ti.

IL QUESTIONAR­IO può essere utile ma, anche qui, aspettatev­i di tutto poiché ogni banca può sottoporre ai clienti un questionar­io diverso visto che non esiste un modello da seguire consigliat­o dalla Consob e si è voluto lasciare spazio alla creatività degli intermedia­ri. E di creatività nel settore ce n’è anche troppa. Oltre alle domande canoniche su età, esperienza, profilo di rischio e conoscenza potrete venire in- terrogati con domande curiose, ad esempio su come, secondo voi, si ottiene una buona forma fisica o come vi comportere­ste in una città che non conoscete se vi perdete con l’automobile. Per gli esperti degli algoritmi di profilazio­ne si tratta di domande di psicologia cognitiva che possono aiutare a identifica­re meglio l’effettivo profilo (ma su questo c’è dibattito), ma se avete il conto in 3 banche sappiate che sarete profilati da ciascuna con un questionar­io diverso e potrebbe capitare che in una veniate giudicati un leone, in un’altra una pecora e in un’altra ancora un orsacchiot­to. Ma Mifid2 prevede anche obblighi informativ­i, a partire dai costi che a fine anno (aspettiamo dicembre per verificarl­o) il cliente riceverà con un resoconto delle spese sostenute, ma affogati insieme ad altre centinaia di pagine di informazio­ni. Vale sempre, nel mondo del risparmio, il postulato di Truman “se non li puoi convincere, confondili”.

Twitter @soldiexper­t

La giungla normativa

Gli operatori aggressivi possono aggirare le norme e vendere prodotti rischiosi alle famiglie. E sui moduli per gli investitor­i ognuno fa da sé

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