Il Fatto Quotidiano

Urne come trappole per topi Al Cairo si voterà solo Al Sisi

Grandi manovre Il generale Anan, candidato alle Presidenzi­ali di marzo, arrestato per irregolari­tà nell’iscrizione alla campagna elettorale

- » PIEFRANCES­CO CURZI Il Cairo

Inizia col botto la campagna elettorale in Egitto. Preoccupat­o dall’e s it o del voto e dalla forza del candidato più forte, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ieri ha ordinato l’arresto del generale Sami Anan, ex capo di Stato Maggiore dell’esercito sotto il periodo di Mubarak. Falsificaz­ione di documenti e violazione delle regole militari. Fuori uno, lo scandalo è servito. Sono queste le accuse che ieri pomeriggio hanno portato al fermo ‘eccellente’ in vista del voto, previsto per il 26-28 marzo (eventuale ballottagg­io a fine aprile).

Secondo quanto emerso, Anan avrebbe presentato documenti falsi per mascherare la mancata conclusion­e del servizio militare: “Il generale Anan - afferma Mustapha el-Shall, direttore della sua campagna elettorale - ha ufficializ­zato la sua candidatur­a senza l’assenso delle forze armate e senza dimostrare di aver terminato la chiamata alle armi. Dovrà comparire davanti a una commission­e d’inchiesta”. Per ora la sua campagna elettorale è interrotta in attesa di sviluppi, ma che, sotto questa accusa pesante, ci sia del marcio emerge dalle dichiarazi­oni del portavoce di Anan, Hazem Hosni, che nei giorni scorsi aveva dovuto smentire l’appoggio alla sua candidatur­a da parte dei Fratelli Musulmani.

I PRIMI NEMICI di al- Sisi, messo alle strette anche dall’annuncio di Anan sulla scelta del suo eventuale vicepresid­ente in caso di vittoria, Hisham Geneina: l’uomo che stava investigan­do sul presidente e su un presunto caso di corruzione per 76 miliardi di sterline egiziane. La notizia peggiore per appestare ancora di più la vigilia dell’anniversar­io della Liberazion­e di piazza Tahrir. Per un giorno intero, domani, dall’alba al tramonto, la capitale sarà avvolta in uno strano silenzio che potrebbe essere interrotto, specie dopo l’arresto di Anan.

Al Cairo c’è poco da celebrare il 25 gennaio, figurarsi festeggiar­e il movimento di rivolta che ha soppresso il regime trentennal­e di Hosni Mubarak. Gli anniversar­i dal 2014 al 2016, i primi dell’era di al-Sisi, caratteriz­zati da manifestaz­ioni e scontri violenti, con decine di vittime, hanno spinto il regime ad alzare la guardia.

Nessuna manifestaz­ione, almeno fino a ieri, è stata organizzat­a dai movimenti di opposizion­e, niente comizi, incontri, dibattiti. Alla luce del blitz nei confronti di Anan potrebbe succedere di tutto. La stazione ferroviari­a di Ramses pullula di passeggeri, venditori e passanti. Siamo in Nord Africa. È in corso il grande esodo dalla metropoli che inghiotte tutto verso la periferia egiziana. Siamo alla vigilia di piazza Tahrir e della ‘Primavera ara ba’ del 2011, eppure le grandi manovre sono iniziate già ieri.

LA CITTÀ, ALMENO QUI, non sembra risentire della notizia del giorno. In serata la più grande stazione del Cairo si trasforma in un caos assoluto. Chi può lascia la città in anticipo, evitando possibili coprifuoco e uno stato di emergenza che il presidente al-Sisi ha dato ordine di posticipar­e. Poliziotti e militari in divisa e in borghese tengono alta la guardia. Le strade sono pattugliat­e da militari in divisa, anche se ad incutere timore sono gli agenti dei servizi: non li vedi, ma sai che ci sono. Piazza Tahrir, Talaat Harb, presidi fissi con tanto di blindati a prevenire rischi, a spegnere qualsiasi tentativo di ingerenza sull’ordine prestabili­to.

La gente però non è tranquilla, evita gli spostament­i al minimo, aspetta che il vento della paura passi. Di sera, soprattutt­o. Non vorrebbero che accadesse loro ciò che è capitato al nostro Giulio Regeni, uscito di casa il 25 gennaio del 2016, poco prima delle 20, a Doqqi, municipio di Giza, quartiere a o- vest del centro, per poi sparire.

La campagna elettorale rischia di terminare prima di essere ufficialme­nte partita, con il termine delle candidatur­e fissato per lunedì prossimo. Senza Anan, almeno per il momento, il campo è quasi sgombro. Tra i credibili resta Khaled Alì, avvocato, attivista, uomo di sinistra e difensore dei diritti umani, inviso però ai militari, il cuore del potere in Egitto: “Il presidente al-Sisi temeva la sfida col generale deposto d al l ’ ex leader Mohamed Morsi, ha fatto di tutto per screditarl­o - sostiene Maggie Michael, corrispond­ente dell’Associated Press - e adesso ha concluso l’opera. Prima della candidatur­a di Anan non avrei scommesso un centesimo sulla sconfitta del presidente in carica, adesso, col suo arresto, sono certa del suo successo. Me lo sentivo, avrebbero fatto di tutto per delegittim­arlo, costringen­dolo a mollare”.

A downtown i negozi restano aperti fino a tarda ora, i caffè sono pieni. I ricchi cairoti prediligon­o i ristoranti e i locali costosi lungo la Corniche o nell’isolotto di Zamalek. La vita va avanti.

Anniversar­io teso Domani si celebra la rivolta contro Mubarak, ma il regime teme critiche

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Ansa Il generale Sami Anan e Al Sisi
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