Il Fatto Quotidiano

Addio a Nino Sgarbi, farmacista con la passione per la scrittura

- » SILVIA TRUZZI

“Nino,

ma insomma: si fa così? Che fretta c’era?”. Ieri se ne è andato, poco dopo aver scavallato il ragguardev­ole traguardo dei 97 anni, Nino Sgarbi. Le parole qui sopra parafrasat­e le aveva citate il nostro collega Luca Sommi, prese dal libro dedicato alla moglie

Rina, scomparsa nel 2015, in cui Nino raccontava la loro storia d’a m or e lunga una vita. Della sua adorata moglie diceva: “Siamo stati sposati per più di sessant’anni e adesso è quasi incredibil­e questo vuoto. Il merito è stato della Rina, e ancora oggi le sono grato per avermi lasciato libero. Quando volevo andare a pescare, attività che amavo follemente, in farmacia ci stava lei. Mi ricordo benissimo il primo bacio, sul Montagnone di Ferrara, eravamo al l’università, entrambi studiavamo Farmacia. Ricordo anche la prima volta che sono andato nella casa di mia moglie: era la casa del canonico Brunoro Ariosti in cui aveva vissuto Ludovico Ariosto che lì aveva scritto le satire, le commedie e le pri- me due edizioni del Furioso. Abbiamo fatto le pubblicazi­oni subito, senza dirlo alle nostre famiglie. Ci sembrava un fatto naturale: esserci incontrati, baciarci, toccarci. E quindi sposarci...”.

NINO ERA UN UOMOdolce, mite, di una gentilezza genuina e d’altri tempi: una constatazi­one che vi sembrerà meno ovvia appena avrete guardato la sua fotografia qui a fianco. Non avrebbe potuto nascere lontano dal grande fiume, dall’umido della Bassa, dagli argini alti: “Mio padre mi aveva comperato una barca di quelle con il seggiolino scorrevole, come i vogatori del canottaggi­o. Andavo dall’argine di Stienta – il paese dove sono nato, sulla riva opposta rispetto a Ro – fino a un’isola di sabbia che stava in mezzo al fiume. Da lì, a nuoto, raggiungev­o Ravalle che adesso è un gran centro di caffè e vita mondana. Ma al tempo in cui ci andavo a nuoto c’era la chiesa, un’osteria e tre oche che passeggiav­ano davanti al sagrato”. Farmacista di campagna (la casa a un passo dalla bottega, a Ro ferrarese), marito di Rina, padre di cotanti figli (Elisabetta e Vittorio), cacciatore, pescatore, tennista (giocava con Giorgio Bassani) e da pochi anni anche scrittore.

Esordio tardivo il suo, con il

I suoi libri erano scritti con una penna pacata, consapevol­e, precisa come un bisturi ma tenera

bellissimo Lun go l’argine del tempo,

sorprenden­te non solo per l’età dell’autore: i suoi libri (pubblicati da Skira) erano scritti con una penna consapevol­e, pacata, precisa come un bisturi eppure così tenera. Avevano il profumo dei ricordi, quelli di cui papà Sgarbi aveva quasi paura: “Più una vertigine che una paura vera e propria: fa girare la testa. A me prende soprattutt­o la sera, a letto. Non appena chiudo gli occhi, i ricordi cominciano a fluire: così tanti, vividi, intensi, vocianti. Un su e giù che ti lascia stordito, ma anche felice, perché ti accorgi che le cose che credevi perdute sono ancora tutte lì e che, anche se a un certo punto tu le hai dovute abbandonar­e, loro ti sono

rimaste fedeli. Non ti hanno tradito né abbandonat­o e non lo faranno mai”. Noi eravamo andati a trovarlo, in occasione dell’uscita di Non chiedere co

sa sarà il futuro. Ci aveva colpito moltissimo il suo amore per la poesia: ne conosceva moltissime, che recitava a memoria con formidabil­e precisione. Parlando della vecchiaia aveva citato il Canto notturno di Leopardi, “una poesia perfetta, forse la più bella mai scritta”. E D’Annunzio: ‘Tutto fu ambìto e tutto fu tentato. Quel che non fu fatto io lo sognai; e tanto era l’ardore che il sogno eguagliò l’atto”.

E questo verso è forse il miglior omaggio che gli possiamo tributare oggi.

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Sgarbi aveva 97 anni
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