Il Fatto Quotidiano

L’ultima nota jazz contro l’apartheid: se n’è andato Hugh Masekela

Trombettis­ta, aveva composto l’inno per la liberazion­e di Mandela

- LORENZO GIARELLI

Aveva messo la sua fama di grande musicista al servizio del suo Paese, promuovend­o la lunga battaglia anti-apartheid in Sud Africa. Hugh Masekela è morto ieri a 78 anni a Johannesbu­rg, dopo aver sofferto a lungo per un tumore alla prostata.

Trombettis­ta e cantante jazz fin da giovanissi­mo, Masekela è costretto a lasciare il suo Paese a soli ventuno anni, subito dopo il massacro di Sharpevill­e, culmine della repression­e del governo nei confronti della popolazion­e di colore. Da allora gira il mondo, prima studiando alla Manhattan School of Music di New York e poi, da musicista affermato, suonando per tutti gli Stati Uniti, dove diventa una star del jazz negli anni 50 e 60.

LÌ MASEKELA collabora anche con alcuni giganti della musica, tra cui Bob M a r l e y , L o u i s A rmstrong e Jimi Hendrix, prima di fare ritorno in Africa.

É in questa fase della carriera che sperimenta nuovi suoni e stili, componendo tra le altre il brano Bring Him Back Home, che negli anni 80 diventa una delle colonne sonore che accompagna­no la battaglia in fa- vore della scarcerazi­one di Nelson Mandela. É proprio nel ’90, quando il leader sudafrican­o viene liberato dopo 27 anni di prigionia, che Masekela decide di stabilirsi in Sudafrica, partendo per un nuovo fortunato tour di quattro mesi dal titolo Sekunjalo This Is It. La sua ultima esibizione dal vivo si tiene nel 2010 proprio a Johannesbu­rg, dove ieri, riferiscon­o i familiari in un comunicato via social, “se ne è andato in modo pacifico”.

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