Il Fatto Quotidiano

Di De André non si butta via niente. Ora anche basta, grazie

Film, libri e ristampe per spremere come un limone un grande artista che era in realtà una persona schiva: detestava i riflettori e ogni forma di narcisismo

- » LEONARDO COEN

Passi perGenova è mia moglie, il (bel) libro di Patrizia Traverso e Stefano Tettamanti (Rizzoli), dove si raccontano vicoli, suoni, tetti, parole, cielo e mare, sfondo e sostanza delle canzoni di Fabrizio De André, Genova in fondo è stata la vera donna di Fabrizio, l’inizio e la fine di tutta la sua musica; passi per le (sincere) celebrazio­ni musicali in suo ricordo, o per chi ha cercato di reinterpre­tarne le belle e complesse canzoni: alzi la mano, chi non l’ha mai fatto con gli amici, De André è il passeparto­ut del cuore e delle emozioni; passi pure per la vexata quaestio se sia stato solo un cantautore o soprattutt­o un poeta: lui stesso, con ironia, prendeva le distanze, non aveva questa pretesa giacché non sempre le canzoni assomiglia­no a poesie, anche se le canzoni hanno in comune con la poesia linguaggio frammentat­o, rime tronche, contrasti inattesi, cioè insoliti; passi infine la disputa collateral­e che pigliava di mira chi utilizzava fonti letterarie per nobilitare la propria ispirazion­e.

Nel 1971 De André musicò alcuni testi presi da L’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master, opera celebre e assai popolare: ne nacque (per fortuna) l’album Non al denaro né all’amore né al cielo con lo zampino di Fernanda Pivano. Paolo Conte ha scomodato Lucrezio, Giorgio Gaber Wittgenste­in, Franco Battiato lo studioso dell’esoterismo René Guénon, il professor Vecchioni addirittur­a incrociò Pascoli con Penna... Ma quando è troppo è troppo.

Giovedì scorso, al Festival di Sanremo, Gino Paoli – che De André in vita detestava cordialmen­te – ha duettato con Claudio Baglioni (al pianoforte il fido e bravissimo pianista Danilo Rea) intonando Canzone dell’amore perduto . Impossibil­e non pensare all’irriverent­e ed arguto Sergio Cammariere di 15 anni fa: “Seduto sugli allori/ c’era il conte De Gregori/gli sciacalli gli aguzzini/ tra le carte di Guccini/ mi si fan le gambe molli/mentre arriva Claudio Lolli/ che mi guarda e dice ’embè/sembri l’ombra di De André/ Cantautore piccolino/confrontat­o con Paoli Gino”...

NEMMENO il tempo di mettere in scaffalatu­ra Genova è mia moglie che è uscito Princesa e le altre regine. Venti voci per le donne di De André (Giunti), le voci sono di scrittrici che hanno sezionato l’universo femminile di Fabrizio. Mica è tut- to: domani e dopodomani, andrà in onda su Rai1 Fabrizio De André-Principe Libero, il lungo docufilm di Luca Facchini (con Luca Marinelli che interpreta il cantautore). A quando una petizione per farlo diventare beato?

De André era una persona schiva, detestava i riflettori, ogni forma di narcisismo che sconfinass­e con l’esibizioni­smo, il presenzial­ismo, insomma gli ismi di questa società dell’apparenza. Aveva ovviamente un suo ego di artista, che consisteva proprio nel rifuggire ogni tipo di celebrazio­ne. Ora si cerca di “venderlo” come santo poi peccatore poi morto che canta duetti con persone che non sopportava. L’alibi è che lo si fa in sua memoria. C’è chi l’amor lo fa per noia. Ma a noi, che abbiamo Fabrizio nel cuore e nella testa, tutto questo can-can dà solo fastidio.

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