SCHIAVITÙ O SCHIAVOIO? LA NOSTRA VITA È MACERATA
Vietare o no: già la scorsa settimana Gabrielli aveva messo sotto tutela Vuono. Il sindaco “sorpreso” e “dispiaciuto”
Schiavitù o schiavoio? Siamo tutti schiavi. Della violenza urlata verbale e financo labiale, mimica, muta, accennata. La violenza di chi spara a un colore, in persona, a chi s’impersona giustiziere di chissà cosa.
Cade una testa dopo i dieci giorni di fuoco che hanno scaraventato Macerata al centro dell’attenzione del Paese e anche all’estero dopo il probabile omicidio e il feroce vilipendio del cadavere della 19enne Pamela Mastropietro e l’incredibile tiro al bersaglio del fascioleghista Luca Traini che ha ferito sei stranieri e colpito sedi della sinistra. Il capo della polizia Franco Gabrielli, d’intesa con il ministro dell’Interno Marco Minniti, ha rimosso il questore Vincenzo Vuono e l’ha sostituito con Antonio Pignataro. A Macerata non se l’aspettava nessuno, tanto più che il questore era arrivato solo nel novembre scorso. Serve “un cambio di passo”, dicono al Viminale
NESSUNA contestazione formale ma non è piaciuta al ministero dell’Interno la gestione dell’emergenza di ordine pubblico. E come a Torino, dopo la drammatica serata del maxi-schermo per la finale di Champions League Juve-Real Madrid con oltre 1.500 feriti e la morte di una donna nella calca di piazza San Carlo, paga il questore. A Macerata è andata peggio. Luca Traini due sabati fa ha potuto sparare per un’ora, tra le 11 e mezzogiorno, muovendosi in auto tra il centro e la periferia di una piccola città senza che nessuno lo fermasse. Ha sparato contro gli stranieri e contro un circolo del Pd e locali frequentati da attivisti della sinistra antagonista. Solo per fortuna o per sbaglio non ha ucciso nessuno e si è poi pacificamente e platealmente consegnato ai carabinieri, col tricolore sulle spalle, sulla scalinata del monumento ai caduti. Era stato il sindaco di Macerata a invitare la cittadinanza a stare in casa e a ritardare l’uscita di bambini e ragazzi dalle scuole. Dal questore si aspettavano una gestione più attiva. E poi è finita col balletto sulle manifestazioni da vietare oppure no.
Peraltro Traini, candidato della Lega Nord nella primavera 2017 alle Comunali di Corridonia ( Macerata), a quanto pare non era mai entrato nei radar di polizia e carabinieri nonostante avesse un porto d’armi per uso sportivo, fosse stato allontanato da una palestra e da un’agenzia di sicurezza e ostentasse sulla fronte un tatuaggio con il dente di lupo che fu simbolo di Terza posizione e in precedenza di alcune divisioni delle Ss naziste e della Gioventù hitleriana. Al Viminale non è piaciuta la gestione della manifestazione di Forza nuova, vietata solo all’ultimo momento. E ancora meno la preparazione della manifestazione antifascista che poi si è svolta sabato senza incidenti creando più di un problema al Pd che aveva scelto di non par- tecipare. Già venerdì scorso, infatti, il capo della polizia aveva mandato a Macerata il direttore dell’ordine pubblico, Massimiliano Zanni, per trattare con i promotori e partecipare all’elaborazione del dispositivo di sicurezza. Poi ha spedito due funzionari da Roma per gestire la piazza. Altri limiti a Macerata sono emersi nel controllo del territorio: con il ritrovamento del cadavere di Pamela si sono accesi i riflettori sul mondo degli spacciatori, nigeriani e non solo, che agiscono a cielo aperto in alcune zone di Macerata, addirittura con un servizio “dedicato” di taxi abusivi guidati da altri africani. Eppure in Questura nessuno si aspettava la rimozione di Vuono, anche perché “qualche risultato contro lo spaccio l’aveva ottenuto, era qui da poco”. Anche il sindaco Romano Carancini è “sorpreso” e “dispiaciuto”. “Con lui – ha detto a chi gli ha parlato – avevamo lavorato bene”. Era stato Carancini a fare l’appello per evitare la manifestazione antifascista.
CALABRESE di San Donato di Ninea ( Cosenza), 58 anni, Vuono era stato questore di Isernia e prima ha diretto il Re- parto Mobile (ex Celere) di Reggio Calabria, diversi commissariati di Roma, ha lavorato alle scorte e all’Ispettorato vaticano. Ora torna a Roma, al Dipartimento, con un incarico di analisi e studio. Lo sostituisce a Macerata un collega, Antonio Pignataro, che fino a ieri dirigeva uno dei servizi centrali Antidroga, a lungo a capo del commissariato Viminale nella zona attraversata da gran parte dei cortei a Roma.
Gabrielli non è tenero, specie con i dirigenti. Lo scorso agosto aveva trasferito in un ufficio del Dipartimento il dirigente del primo commissariato della Capitale per il comportamento e le frasi aggressive (finite su repubblica.it) pronunciate subito dopo il discusso sgombero di un grande stabile occupato da immigrati in via Curtatone, a due passi dalla stazione Termini
Criticità
Dal centro in mano ai pusher al mancato intervento contro il tiro a segno del fascioleghista