Il Fatto Quotidiano

Molestie, la Procura di Roma indaga sulle accuse a Brizzi

Rapporto Istat 8,9 milioni (e 3,8 milioni di uomini) riferiscon­o almeno un episodio, ma c’è un lieve calo. Casi costanti sul lavoro

- » LORENZO GIARELLI

■ Il caso era esploso a dicembre 2017 e il regista aveva negato ogni comportame­nto scorretto. Adesso si muovono i pm. Per ora non ci sono indagati

Quasi una donna su due è stata vittima di molestie sessuali in Italia nel corso della propria vita. È il dato più allarmante emerso dal rapporto Le molestie e i ricatti sessuali sul lavorop ubblicato ieri dall’Istat e riferito a una ricerca del 2015/2016, secondo cui sarebbero 8 milioni e 816mila (il 43,6% del totale) le donne tra i 14 e i 65 anni che nel corso della loro vita hanno subito qualche forma di molestia sessuale. Le vittime negli ultimi tre anni (2 milioni 578mila) sono in calo rispetto alle 3 milioni e 778mila rilevate nel triennio 2007-2009. E per la prima volta il rapporto rileva anche dati sulle molestie subite dagli uomini: sarebbero 3 milioni 754mila gli uomini che hanno subito molestie nel corso della propria vita ( il 18,8% del totale), di cui 1 milione 274mila negli ultimi tre anni (6,4%).

La ricerca Istat, basata su un campione di oltre 50.000 intervista­ti, fornisce indicazion­i anche sulle molestie in ambiente lavorativo. Secondo le stime sarebbero 1,4 milioni le donne che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro, di cui 425mila negli ultimi tre anni di riferiment­o. Non solo: sono rispettiva­mente l’11,9% e il 10,1% le vittime che per essere assunte hanno ricevuto ripetute richieste di prestazion­i sessuali e offerte di disponibil­ità sessuale dal datore di lavoro, ed è altissima ( 32,4%) la percentual­e delle donne che ancora dice di ricevere quotidiana­mente o più volte a settimana ricatti sessuali sul posto di lavoro.

UN QUADRO ancor più preoccupan­te se si considera che nell’80,9% dei casi le vittime preferisco­no non parlare delle violenze con i colleghi o con i superiori. Percentual­i residuali denunciano i fatti alle Forze dell’Ordine, complice un quadro normativo non sempre chiaro. Il concetto di molestie rimane infatti indefinito, come confermano Laura Calafà e Donata Gottardi, docenti di Diritto del lavoro all’Università di Verona ed esperte di pari opportunit­à: “Un atto si considera molesto se è percepito come tale da chi lo riceve. Questo lo rende un concetto volutament­e ampio, anche dal punto di vista del diritto”. Che cosa è considerat­o molesto? Secondo i criteri dell’Istat, si possono ritenere moleste certe dichiarazi­oni (proposte indecenti, commenti pesanti sull’aspetto fisico), atti di esibizioni­smo degli organi sessuali, pedinament­i, telefonate e messaggi ripetuti o sessualmen­te espliciti, furti di identità sui social netowrk, fino agli atti fisici, riconosciu­ti anche dal diritto come violenze sessuali ( carezze, baci e contatti contro la volontà della vittima).

“MA ANCHE un invito a cena, se ripetuto più volte nonostante i rifiuti – sostiene Gottardi – può diventare una molestia”. “C’è un altro tipo di violenza sottovalut­ata – aggiunge Calafà – e potremmo chiamarla ‘molestia ambientale’. Negli Stati Uniti, se in un luogo di lavoro viene appeso un calendario sexy, è considerat­o un ambiente molesto, anche se nessuna donna potrebbe accusare qualcuno in particolar­e di violenza”.

Nel report sono le violenze verbali ad essere le più diffuse: l’Istat rileva che il 24% delle donne ne sia stata vittima negli ultimi tre anni di riferiment­o, percentual­e più alta rispetto ai casi (15,9%) di molestie con contatto fisico. Il dato relativo alle vittime di molestie fisiche risulta più che dimezzato sul luogo di lavoro (dal 5,7% del 1997-1998

al 2,7% del 2015-2016), un migliorame­nto che l’Istat fa risalire al “frutto a lungo termine dei mutamenti del quadro legislativ­o, ma anche del diverso ruolo dei media negli ultimi anni, nonché dell’emergere di una nuova coscienza femminile”.

UNA RICOSTRUZI­ONE ch e tiene conto dell’introduzio­ne del reato di stalking, che risale al 2009, ma che è condivisa solo il parte da Calafà: “In ambito lavorativo è cambiato poco o niente e le molestie continuano a emergere con fatica, perché quasi sempre provengono dai superiori o dagli stessi datori di lavoro”. Ma qualcosa è cambiato con il jobs act: “C’è un effetto collateral­e della riforma per cui se prima, grazie all’articolo 18, il reintegro scattava anche dopo i licenziame­nti per motivi economici o disciplina­ri, adesso è consentito solo nei casi discrimina­tori, in cui possono rientrare le molestie. Questo ha fatto emergere molti più casi rispetto al passato”.

Dopo il Jobs act sono motivo di reintegro dopo il licenziame­nto illegittim­o: emergono più spesso di prima

DONATA GOTTARDI (GIUSLAVORI­STA)

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Un momento della manifestaz­ione nazionale contro la violenza sulle donne, organizzat­a lo scorso 25 novembre a Roma
Ansa Non una di meno Un momento della manifestaz­ione nazionale contro la violenza sulle donne, organizzat­a lo scorso 25 novembre a Roma
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