Il Fatto Quotidiano

Il mistero di Borrelli: lascia il Movimento il vice di Casaleggio

L’annuncio A sorpresa uno dei soci di Rousseau abbandona il gruppo all’Europarlam­ento

- LDC E PA.ZA.

Uomo macchina della Casaleggio, ufficiale di collegamen­to con il mondo delle imprese, primo eletto del Movimento in un consiglio comunale, co- presidente a Strasburgo, financo “guerriero”, scrisse Beppe Grillo sul blog ringrazian­dolo “per tutto quello che hai fatto, fai e farai per il bene del M5S”. Della varietà di definizion­i che negli ultimi dieci anni hanno accompagna­to il nome di David Borrelli, va ricordata quella che di lui diede Paola De Pin, ex senatrice M5S, trevigiana come lui. “Stalker”, lo chiamò. Perché a Borrelli quelli che “restituiva­no poco” non sono mai piaciuti. E non perdeva tempo in cerimonie per comunicarl­o a chi di dovere.

CHISSÀ cosa pensa di quello che sta accadendo ora, con dieci eletti accusati di fare la cresta sui rendiconti. Impossibil­e saperlo: da ieri Borrelli è irreperibi­le. In tanti hanno provato a cercarlo dopo aver saputo, all’improvviso, che ha deciso di lasciare il gruppo a cui aderisce il Movimento e sedere tra i non iscritti dell’Europarlam­ento. La motivazion­e ufficiale parla di “ragioni di salute”. Difficile però che possano essere superate con un semplice passaggio di gruppo. Le ipotesi si sprecano e contemplan­o anche i risvolti di una guerra di potere tutta interna al Movimento: da una parte i governisti ( Casaleggio, Di Maio, Borrelli), dall’altra chi teme di sporcarsi le mani. Gira e rigira, però, il cuore della vicenda torna sempre lì, ai soldi. Quali, è ancora da capire. I vertici del Movimento stanno esplorando tutte le strade possibili: la mancata rendiconta­zione (per gli eurodeputa­ti non valgono le stesse regole degli eletti nazionali: ridanno solo mille euro), una scorrettez­za nelle richieste di rimborso (nei giorni scorsi ne sono già state contestate alcune alla re spo ns abi le comunicazi­one M5S, Cristina Belotti) o un abuso dei fondi per le attività del gruppo (per ogni evento è previsto un budget che può arrivare oltre i 15 mila euro). L’addio al gruppo, dunque, sarebbe pre- ventivo: sa che qualcosa di pesante si sta abbattendo su di lui e se ne va prima che crolli tutto. Per ora è solo un sospetto, ma per capire da quanto in alto possa cadere, dobbiamo tornare a quei primi mesi del 2013 a palazzo Madama. Borrelli, dicevamo, si era accorto che la De

Pin versava al Fondo per l’i mprenditor­ia molti meno soldi del suo corregiona­le Gianni Girotto. Perciò si era adirato, aveva cominciato a tampinarla di sms e aveva organizzat­o addirittur­a una conferenza stampa per chiederle conto dei mancati rimborsi. Ora: che la De Pin sia poi confluita nel gruppo delle Grandi Autonomie (Gal) non depone a suo favore, ma di certo lo “stalking” doveva aver impression­ato parecchio se all’epoca a un’altra senatrice, Elena Fattori, fu intimato di “avere il coraggio di parlarne” in assemblea.

All’epoca, Borrelli, era solo un consiglier­e comunale. Uno dei primi eletti M5S nel 2008: carta che l’imprendito­re si giocò assai bene diventando nel giro di poco un fidatissim­o collaborat­ore di Gianrobert­o Casaleggio. Lo candidano presidente del Veneto nel 2010 – vince Zaia, va da sé – e alle Europee di quattro anni più tardi è il più votato dei Cinque Stelle con quasi 26 mila preferenze. Subito dopo diventa, insieme a Nigel Farage, co- presidente del gruppo Efdd.

STIMATO da Mario Monti, è il regista dell’operazione Alde, ovvero il (maldestro) tentativo di portare i Cinque Stelle nel gruppo più europeista del Parlamento Ue. Borrelli aveva personalme­nte siglato, su mandato di Grillo e Casaleggio jr, un accordo con Guy Verhofstad­t che parlava più di poltrone che di contenuti. Fallì pietosamen­te e Borrelli fu costretto al passo indietro dalla presidenza, non prima però di aver ricevuto la pubblica soli- darietà di Beppe Grillo in persona (“Caro David, non abbiamo da rimprovera­rci nulla”).

NEL FRATTEMPO, per lui e Max Bugani, era arrivata la nomina ne ll’associazio­ne Rousseau (sono stati gli organizzat­ori delle kermesse di Rimini e Pescara): un incarico, si disse da subito, che garantiva a entrambi gli emissari milanesi di continuare ad avere un ruolo nel Movimento anche al termine del secondo mandato. Per Borrelli mancava un anno alla scadenza, e i maligni sono convinti che non abbia intenzione di chiudere la carriera così. Il suo ultimo post su Facebook pare un testamento. È della fine di ottobre: “In questi ultimi anni anziché parlare alle persone abbiamo parlato a noi stessi e tra noi. Litigandoc­i la presenza di uno o l’altro come fosse un trofeo da esporre. Più sei famoso più ti voglio, e più ti voglio più diventi famoso. Ha ragione Grillo, come sempre, abbiamo sbagliato qualcosa. Non è troppo tardi però, possiamo ancora cambi are”. Probabilme­nte ha cambiato idea.

Le ragioni Ufficialme­nte parla di “motivi di salute” ma nessuno ci crede L’ipotesi di un nuovo “buco”

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