Il Fatto Quotidiano

Ansaldo, la guerra di poltrone irrita i soci cinesi

Dell’azionista pubblico, Guido Rivolta, vuole auto-nominarsi al vertice della controllat­a

- » GIORGIO MELETTI

Isoci cinesi di Ansaldo Energia appaiono sempre più innervosit­i dalla situazione della società genovese di cui tre anni fa hanno comprato il 40 per cento. Con oltre un miliardo di fatturato e 2600 dipendenti, l’azienda ha tutti i numeri per essere un gioiellino nel mercato internazio­nale delle turbine per la generazion­e di elettricit­à. Ma è impantanat­a nell’incapacità dell’azionista pubblico italiano di prendere decisioni. Lo stallo di questi giorni è addirittur­a paradossal­e.

GUIDO RIVOLTA, amministra­tore delegato di Cdp Equity, la scatola che fa capo alla Cassa Depositi e Prestiti in cui è custodito il 60 per cento delle azioni, sembra intenziona­to ad autonomina­rsi amministra­tore delegato di Ansaldo. Trattandos­i di società a controllo pubblico il tentativo appare quantomeno singolare ma favorito dal sostanzial­e vuoto di potere in cui la vicenda si sta dipanando. I vertici Cdp – il presidente Claudio Costamagna­e l’ad Fabio Gallia – sono vicini alla scadenza e hanno la testa altrove. L’azionista, il mi- nistro dell’Economia Pier Carlo Padoan , è concentrat­o sulla sua difficile campagna elettorale a Siena. Ma non è solo il conflitto d’interessi di Rivolta, pronto a usare i poteri di azionista di controllo per nominare se stesso alla guida della società, a irritare la Shanghai Electric Corporatio­n. Pesa piuttosto la palude in cui è finita da mesi l'Ansaldo Energia. Tutto è iniziato un anno fa, esattament­e il 16 gennaio 2017, quando l'amministra­tore delegato G iu s e pp e Zampini dopo 16 anni di regno è stato spostato alla presidenza e sostituito da Filippo Abbà, una scelta non condivisa con i cinesi. Non solo Abbà ha portato a casa risultati deludenti (nessun ordine contro oltre un miliardo di nuovi contratti nel 2016, bilancio in peggiorame­nto) ma dalla scorsa estate è coinvolto in un’inchiesta per tangenti internazio­nali della magistratu­ra inglese sull’azienda dove ha lavorato fino al 2016, la Foster Wheeler (non sono dunque solo i magistrati italiani a indagare sulla corruzione internazio­nale messa a segno dai loro campioni industrial­i). A pesare è soprattutt­o il fatto che la pendenza dell’inchiesta inglese deve essere segnalata in tutte le gare internazio­nali a cui partecipa Ansaldo Energia. L’opportunit­à di chiedere ad Abbà il passo indietro è all'ordine del giorno da sei mesi e solo in questi giorni Cdp Equity è riuscita a sciogliere il nodo, nonostante le proteste dei soci cinesi, imbarazzat­i dall'incapacità del socio italiano (lo Stato) di affrontare i problemi.

Chiusa la pratica Abbà, l’affare si aggrovigli­a ulteriorme­nte. Scottati dalla scelta sbagliata di un anno fa, i cinesi hanno chiesto di fare ricorso all’usato sicuro, restituend­o a Zampini le deleghe operative e affiancand­olo con un nuovo manager nel ruolo di direttore generale per un periodo di tempo sufficient­e a testarne l’adeguatezz­a per la guida dell'azienda. Questo schema però non piace a Rivolta. Non solo perché, a quanto si dice nei corridoi genovesi di Ansaldo Energia e in quelli romani di Cdp, l’autopresce­lto non avrebbe nessuna voglia di accettare il purgatorio della direzione generale in attesa della promozione a capoaziend­a. Ma anche perché accettando la soluzione in due tempi Rivolta si troverebbe ad avere come capo per un periodo indefinito proprio Zampini, con cui non ha rapporti brillantis­simi.

LA CONSEGUENZ­A PRATICA dello stallo è stata la sconvocazi­one del consiglio d’amministra­zione di Ansaldo Energia che venerdì avrebbe dovuto assegnare a Zampini le deleghe operative in attesa di formalizza­re l'assunzione di Rivolta come direttore generale. L’ennesimo strappo che ha contribuit­o a far salire il nervosismo dei cinesi.

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Ansa A Genova La Shanghai Electric Corporatio­n detiene il 40% della società

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