“Ambasciatore e inchiesta Troppi errori su Giulio”
La famiglia del ricercatore torturato e ucciso al Cairo torna a criticare le scelte del governo e della Procura di Roma
Crediamo sia necessario un immediato cambio di rotta nelle indagini”. I familiari di Giulio Regeni hanno atteso il giorno in cui cadono esattamente i sei mesi dalla decisione del governo italiano di rispedire al Cairo l’ambasciatore Giampaolo Cantini per affondare il colpo. Una missione, quella del nostro rappresentante diplomatico in Egitto, considerata fallimentare dai genitori di Giulio e dal loro avvocato, Alessandra Ballerini.
TRASCORSI i due tristi anniversari, le date della sparizione e del ritrovamento del corpo del ricercatore italiano, 25 gennaio e 3 febbraio, il timore è quello di un generale abbassamento delle attenzioni attorno al caso.
I Regeni ne hanno per tutti, in particolare per la Procura generale del Cairo. La stessa che, proprio il 25 gennaio scorso, aveva incassato le lodi del procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone: “La Procura generale egiziana si era impegnata, co- me si legge nel comunicato del 21 dicembre scorso, a ‘proseguire le indagini, sulla base anche delle ipotesi investigative formulate dai magistrati italiani’ - attaccano Claudio e Paola Regeni e il loro avvocato - da allora non è stata registrata in realtà nessuna reazione da parte della magistratura egiziana sulla informativa italiana che ricostruisce le precise responsabilità di nove funzionari di pubblica si- curezza egiziani. Sono passati, da quel 14 agosto, altri 6 mesi. Le atrocità commesse dal governo egiziano, a dispetto della volontà di alcuni, non sono state dimenticate, non solo dal popolo giallo ogni giorno più numeroso, ma dalle centinaia di altre famiglie che hanno subito e subiscono continuamente le sparizioni forzate dei loro cari”. Quello in corso non è certo il periodo migliore per chiedere e ottenere dal Cairo notizie e riscontri positivi sul caso Regeni, con le elezioni nei due Paesi coinvolti nella vicenda: l’Italia il 4 e l’Egitto il 26-28 marzo.
PARLANDO di cambio di rotta, la famiglia Regeni ricorda anche i video della metropolitana del Cairo, luogo chiave della vicenda, visto che Giulio è sicuramente stato prelevato lì sotto. Le autorità egiziane hanno incaricato prima una azienda tedesca e poi una russa per recuperare i filmati della sera del 25 gennaio 2016, dalle 19 alle 20. Immagini che potrebbero essere state recuperate, ma già distrutte. Il problema è che i progressi sul caso in direzione di una verità
Accuse ignorate
I magistrati italiani hanno individuato nove funzionari implicati, dal Cairo nessuna reazione Crediamo sia necessario un cambio di rotta con l'immediata consegna dei video della metropolitana
LA FAMIGLIA REGENI
processuale sono lenti e procedono a due velocità.
Da una parte il lavoro limitato della procura italiana che non può direttamente intervenire con indagini proprie, dall’altra i ‘tempi tecnici’ dell’inchiesta dal Cairo. La chiave doveva essere l’ambasciatore Cantini: “La missione a lui affidata che doveva consentire il raggiungimento della verità su tutto il male del mondo inferto su nostro figlio - rincarano la dose i Regeni - non ha raggiunto alcun risultato. L'ambasciatore Cantini non aveva ancora fatto in tempo ad insediarsi che le autorità egiziane, forti di questa normalizzazione dei rapporti, hanno oscurato il sito della Ecrf, l’ong alla quale appartengono i nostri consulenti egiziani, per poi far arrestare il nostro avvocato, Ibrahim Metwaly”.