La terza volta di Yeruldelgger
L’AUTORE DELLA TRILOGIA MONGOLA
C’è stato un incontro strano tra l’età e i viaggi. Entrambi fonti d’esperienza. La prima arricchisce la seconda, la seconda dà un senso alla prima. Anche se erano cinquant’anni che scrivevo, sono stato molto contento di essere pubblicato per la prima volta quando ne avevo sessantacinque. Se fossi stato più giovane, il successo vertiginoso della trilogia mongola sarebbe stato difficile da gestire: è abbastanza perché abbandoni il mio lavoro e mi consacri solo alla scrittura? Il successo sarà lo stesso anche per i prossimi vent’anni? I miei diritti d’autore basteranno sempre ad assicurare il benessere alla mia famiglia? Ho il diritto di ipotecare l’avvenire dei miei figli per il solo piacere di scrivere?
“La scrittura è l’incontro tra la mia età e i viaggi”
Domande le cui risposte non riguardano solo voi, ma molti di quelli che amate e a cui avete il dovere di assicurare il presente e il futuro. Ma a 65 anni, queste sono delle domande che non ci si pone più. Quando ho pubblicato Yeruldelgger nel 2013, la mia vita era già definita e la mia famiglia ormai era al sicuro. Quindi ho scritto e pubblicato senza mettere veramente in gioco nulla di essenziale. Così, io che sono francese, posso scegliere, per esempio, di scrivere un polar dove tutti i protagonisti sono mongoli. Posso esigere dall’editore che mantenga questo titolo impronunciabile di Yeruldelgger . Posso imporre il mio stile di scrittura, il mio lessico un po’ barocco. Si dice spesso che gli autori realizzino i loro capolavori tra i tormenti di una creazione esasperata dalle esigenze del quotidiano. Io ho avuto la fortuna di poter sfuggire a questo destino.
SCRIVO SENZA costrizioni e senza sofferenza, senza apprensione, senza paura del fallimento o del successo. L’unica parte di me che potrebbe soffrire per la cattiva accoglienza di un mio romanzo oggi sarebbe solamente il mio amor proprio. Un amore di cui alla mia età, come per tutti gli altri amori, ho imparato a relativizzare gli effetti. Resta comunque il fatto che scrivere è una passione che l’età non attenua. Tutta la storia di Yeruldelggerè d’altronde il risultato di una passione della nostra figlia più piccola, Zoe, per i viaggi e le relazioni personali. È grazie a lei che abbiamo scoperto la Mongolia. Da oltre quindici anni Zoe aveva adottato a distanza un bimbo mongolo e ci ha chiesto di organizzare un viaggio in Mongolia per conoscerlo e verificare che i 30 euro che versava ogni mese fossero stati ben utilizzati. Quindi è grazie a lei che siamo andati per la prima volta a visitare questo paese, senza ovviamente che pensassi poi di scrivere un libro al riguardo. Il viaggio è avvenuto nel 2008, mentre l’idea per un p ol a r mongolo è sopraggiunta nel 2012. D’altra parte all’inizio non si trattava neanche di un polar mongolo. Si trattava solamente di un polar che stavo iniziando a scrivere, in seguito a una scommessa fatta con Zoe. Sempre lei! La sfida consisteva nel terminare due libri all’anno, di genere diverso e con uno pseudonimo ogni volta differente. La lista prevedeva un saggio, un romanzo per adolescenti, un romanzo letterario, un polar, una saga storica e un romanzo a sfondo sociale. Poiché i primi tre libri erano stati terminati, ho dovuto mettere mano al polar. All’epoca non conoscevo granché di questo genere letterario. Un genere che avevo letto poco e, del poco che avevo letto, mi ero fermato ai thriller di Ludlum, di Le Carré e di Forsyth. Sono perciò andato a cercare nei miei numerosi manoscritti incompiuti un personaggio che ho amato molto; Donnelli, un poliziotto newyorchese di Brooklyn. Un tipo un po’ rozzo, che la vita aveva ridotto alquanto male, un bruto col cuore grande. Ma non sapevo bene che cosa farne. Non mi ci vedevo a scrivere un polar urbano americano, né a fare di Donnelli un poliziotto parigino. Allora mi è venuta l’idea di “dislocarlo”. Di trasportarlo in un ambiente lontano. E ho cerca- to quello che poteva essergli più consono. Dato che era un personaggio dal carattere e dal fisico piuttosto granitico, rude, minerale, ho immaginato per lui un ambiente anch’esso minerale. Allora ho cercato nei ricordi dei nostri viaggi il paese che poteva corrispondergli. E la scelta, ancora una volta, è dipesa da Zoe. A 15 anni Zoe è andata a studiare un anno in Alaska, facendoci scoprire questo favoloso Stato. Poi a 19 anni è andata a vivere in Argentina e ci ha fatto scoprire la Patagonia. Potevo quindi scegliere, per “dislocare” Yeruldelgger in un ambiente minerale, tra Alaska, Patagonia, Islanda e Mongolia. All’inizio, ho scelto la Mongolia per il suo aspetto imprevedibile. Ma quando ho cominciato a scrivere, sin dalle prime pagine, non appena Yeruldelgger incontra la famiglia dei nomadi intorno alla sepoltura selvaggia della loro figlioletta, ho saputo che la scelta non poteva essere stata più giusta. Non avevo previsto la potenza e il senso che la cultura sciamanica avrebbe conferito a questa storia. In questa cultura, in effetti, tutti gli elementi essenziali del polar, come la morte, la violenza, il destino, la redenzione, la vendetta, il perdono, acquistano un’asprezza leggermente diversa da quella che noi gli accordiamo nelle nostre culture occidentali. E d’un tratto Yeruldelgger, uomo contemporaneo di cultura sciamanica, acquisisce un’altra dimensione che non avevo immaginato. Ho visto davvero Donnelli diventare Yeruldelgger sotto la mia penna, quasi indipendentemente da me, nelle prime cinque pagine del primo volume della trilogia.
Nel primo episodio Yeruldelgger è un uomo che prova a gestire i problemi contemporanei nel rispetto per la tradizione senza riuscirci. Si rende conto che la violenza è più efficace della saggezza, e per questo va in collera. Alla fine del primo libro, è un uomo vittorioso ma furioso per essere stato costretto a ricorrere alla violenza. Nel secondo episodio, Yeruldelgger è un uomo in collera per essere in collera. Durante tutto il racconto, a poco a poco, inizia a cedere e anche il suo animo ne risente.
Mi hanno pubblicato a 65 anni La mia vita era definita e la famiglia al sicuro Scrivo senza costrizioni né paure
Per il mio personaggio ho cercato nei luoghi in cui era stata mia figlia Zoe Tutto nasce da una scommessa con lei
ALLA FINE, è di nuovo vittorioso, ma ha perso tutto nella sua vita privata. Infatti, ho scritto i due primi episodi nello stesso momento e le vicende di Yeruldelgger dovevano finire con Tempi Selvaggi, con la sua sconfitta. Solo, abbandonato, licenziato dalla polizia. Ho però sentito una tale tristezza nei suoi confronti che mi sono convinto a scrivere il terzo tomo che in origine non era previsto. Non per me, né per i lettori, ma proprio per lui. Per Yeruldelgger. Mi aveva dato così tanto che glielo dovevo. È per questa ragione che ho immaginato questa sorta di redenzione. Per offrirgli una fine migliore. Ed è per Yeruldegger che ho inventato questa dedica che riassume l’intera trilogia: Le anime nomadi non muoiono mai, diventano delle leggende vagabonde.