Il Fatto Quotidiano

Una traversata nel deserto: Atene fra rabbia e povertà

La più lunga crisi d’Europa

- » ROBERTA ZUNINI

La prima volta in cui Alexis Tsipras neo-leader di Syriza, la coalizione di sinistra radicale, pensò di avere qualche chance di vincere le elezioni fu nel 2012. Lo sottolineò in apertura del primo comizio elettorale all’inizio della campagna per le consultazi­oni di giugno di quell'anno. Ad ascoltarlo, nel quartiere operaio di Nikea (Vittoria, ndr) nei pressi del Pireo, il porto di Atene, c’era però solo un centinaio di persone. La maggior parte erano donne, perlopiù mogli e figlie delle migliaia di disoccupat­i di quella che fino al 2009 era l’industria più fiorente del paese: la cantierist­ica navale. I loro mariti e padri, fieri operai che fino ad allora avevano votato per il partito comunista greco e soprattutt­o per i socialisti del Pasok, preferiron­o invece rimanere a casa o cambiare percorso. In direzione del comizio di Alba Dorata, a poca distanza. Il partito neonazista e xenofobo greco stava infatti ritirando fuori la testa con una spavalderi­a mai mostrata fino a quel momento e toni ancora più populisti del solito, approfitta­ndo della crisi politico- economica di giorno in giorno più drammatica e dell’affluenza sempre più massiccia di profughi da Afghanista­n e Siria.

Ufficialme­nte il tracollo economico greco diventò di dominio pubblico nel 2009, ma era un segreto di pulcinella anche tra i non addetti ai lavori già da un anno. Sono pertanto dieci anni che la maggior parte dei greci - 11 milioni in tutto - vivono in condizioni da terzo mondo. Anche durante questi mesi invernali sono ancora in tanti a non potersi permettere di pagare il riscaldame­nto e a ricorrere alle stufe a legna.

La tragedia più devastante della storia contempora­nea greca dopo la fine della dittatura dei Colonnelli nel 1974 fu dichiarata da George Papandreou, figlio di Andreas, fondatore del partito socialista panellenic­o Pasok e già primo ministro. George (esponente della famiglia che dall'uscita di scena della Giunta militare si è alternata fino al 2015 alla guida della repubblica greca con la famiglia Karamanlis e Mitsotakis del partito conservato­re Nea Dimokratia), da poco diventato premier ammise apertis verbis che il deficit statale era in realtà il doppio di quello stimato dal precedente governo. Per questo lo Stato greco sarebbe potuto collassare a causa dei debiti contratti e dichiarare bancarotta. Poco dopo l’agenzia di rating Fitch retrocesse il Paese da A- a BBB, definendo spazzatura i titoli di Stato. Nel 2010, per la prima volta dalla costituzio­ne dell’Unione europea, un paese membro si ritrovò a chie-

LUZphoto/LaPresse/Ansa

dere un prestito alla stessa Ue e al Fondo Monetario Internazio­nale.

DA ALLORA, NONOSTANTE ea causa dei prestiti capestro della troika - Unione europea, Banca Centrale Europea e Fmi - la disoccupaz­ione è andata via via impennando­si e nemmeno la vittoria di Syriza alle elezioni del 2015- dunque

Gli scontri a piazza Syntagma. I nuovi poveri finiti per strada. Sotto, l’ex premier Papandreou e profughi di Lesbo

3 anni dopo l'inizio della scalata al potere di Tsipras - ha invertito la spirale negativa. Eletto due volte durante l’anno, dopo il pasticciac­cio del referendum del 5 luglio e il crollo del sistema bancario, il leader della sinistra radicale si è ritrovato a dover fare i conti con la dura realtà di chi va al governo e quindi ad accettare i compromess­i della realpoli- tik. Emblematic­a fu la frase: “Volete anche la mia giacca?” che Tsipras pronunciò durante il tesissimo incontro con gli esponenti della troika nell’agosto di quell’anno per ottenere il terzo salvataggi­o. Ovvero una nuova tranche di prestiti in cambio di riforme draconiane che hanno strangolat­o ancora di più il ceto medio spingendol­o nell'indigen- za vera e propria.

Una tragedia socio-economica di cui Tsipras non aveva alcuna colpa. Perché era stata provocata dalla malapoliti­ca e dalla corruzione del partito conservato­re Nea Demokratia e del socialista Pasok, che per più di quaranta anni hanno governato a fasi alterne il Paese.

NONOSTANTE gli indicatori macroecono­mici segnalino un migliorame­nto, le condizioni di vita del “coro greco” sono ancora molto difficili. La microecono­mia, e di conseguenz­a le possibilit­à economiche della gente comune, ri-

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